Buon Halloween, felice Samhain

 

Che odore ha, secondo voi, la notte di Halloween? Come immaginate il suo imprinting olfattivo? Io la penso impregnata di un vago sentore di fumo: sì, proprio il fumo di un camino acceso. Che d’altronde, per me, è il tipico odore dell’ Autunno sin dai tempi dell’ infanzia. Mi è rimasto dentro quando ero piuttosto piccola, avrò avuto tre o quattro anni. Era l’ odore che aleggiava in certi borghi di montagna, dove mia madre, insegnante nella scuola elementare locale, tornava anche di pomeriggio se era molto impegnata. Naturalmente mi portava con sè, e ho ancora dei ricordi nitidi di quelle case in cui a volte ci invitavano per uno spuntino: il camino era il fulcro dell’ abitazione, più familiare e intimo rispetto al termosifone. Persino la cena veniva cotta puntualmente sul fuoco. Il mio Halloween ideale è in armonia con la natura, di conseguenza lo associo a un focolare e all’ aroma che sprigiona. Esistono diversi metodi per impedire che l’odore di cenere predomini, alcuni di questi semplicissimi da attuare: bruciare un po’ di cannella (la spezia dell’ Autunno per antonomasia), degli aghi di pino o del rosmarino tra le fiamme, ad esempio, può rivelarsi un’ ottima idea. Un’ altra opzione è l’utilizzo dell’ incenso aromatizzato. I fumi che diffonde, oltre a profumare la casa, accentueranno l’ alone di magia che circonda la notte del 31 Ottobre. Forse non sapevate che esistono piante tradizionalmente associate a Samhain: l’ alloro, pianta sacra ad Apollo, possiede la straordinaria virtù di donare capacità divinatorie e di tenere a distanza la malasorte, i malanni e le energie negative; la noce moscata ha proprietà purificatrici, potenzia la memoria e le abilità mentali calamitando, al tempo stesso, la buona sorte. La salvia è un toccasana per il benessere del corpo. Anticamente, veniva considerata il rimedio per qualsiasi patologia e si pensava addirittura che facesse tornare in vita i trapassati. Tra i punti di forza di questa miracolosa pianta, infatti, spiccava la presunta facoltà di rendere immortali. La mulleina, nome comune del Verbascum Thapsus, è un potente schermo contro la negatività, le forze demoniache e le fatture realizzate tramite la magia nera. I suoi gambi, avvolti in un amalgama di grassi o nella cera, un tempo plasmavano torce denominate “il foglio dei coni della strega”. L’ assenzio romano, invece, ha la funzione di accrescere le capacità psichiche. Gli aromi dell’ alloro, della salvia e della noce moscata sono quelli su cui puntare per la notte di Halloween.

 

 

Per esaltare l’atmosfera avvolgente originata dagli incensi e dal caminetto acceso, non resta che un ultimo dettaglio: una cena a lume di candela. Senza dimenticare che le candele dovrebbero essere rigorosamente tinte di color arancio, una delle tonalità emblematiche di Samhain.

Buon Halloween a tutti!

 

 

 

Halloween night: 5 usanze dell’ era vittoriana

 

Considerato il singolare rapporto con la morte che vigeva durante l’ epoca vittoriana (1837-1901), viene spontaneo chiedersi come si festeggiasse Halloween. Va ricordato, innanzitutto, che il tasso di mortalità elevato a causa delle malattie – e delle epidemie – allora incurabili, determinava una “familiarità” con il trapasso sfociata in usanze e rituali piuttosto macabri. Pensate solo alle fotografie post-mortem, in cui i defunti venivano immortalati insieme ai loro familiari a mò di ricordo, come se fossero ancora in vita. Oppure al lunghissimo periodo di lutto che le donne dovevano osservare, quattro anni in tutto suddivisi tra due di “lutto stretto” e due di “mezzo lutto”. Nei primi due anni vestire di nero era tassativo, nei successivi due era consentito passare al grigio, al malva o al lilla. Vi sembrerà curioso sapere che sorsero addirittura dei negozi specializzati nell’ abbigliamento da lutto (uno di questi era il Jay Mourning Store) : lì si vendevano abiti, ma anche gioielli e accessori da indossare dopo il decesso di una persona cara. I funerali vittoriani erano talmente solenni che per prendervi parte era necessario l’ invito, di solito graficamente elaboratissimo. Proprio in quegli anni, peraltro, esplose il boom dello spiritismo. Il dolore della perdita veniva mitigato dalla ricerca di un presunto contatto con il defunto, ma la morte e la malattia si esorcizzavano, in genere, elevandole quasi a culto. Il tipo di donna in voga aveva il corpo emaciato, lo sguardo spento e sofferente, la carnagione pallidissima. In letteratura spopolavano le elegie, i componimenti che esprimevano la profonda sofferenza causata dalla morte di un congiunto, di un amico o di un amante. Un esempio? “In memoriam A.H.H.” di Alfred Tennyson era il libro più letto. La Regina Vittoria stessa, quando suo marito (il Principe Alberto di Sassonia-Coburgo-Gotha) morì, osservò il lutto per tutta la vita. Paradossalmente, i riferimenti alla morte venivano in gran parte rimossi all’ arrivo del 31 Ottobre. Per gli anglosassoni, all’ epoca, Halloween rappresentava uno speciale appuntamento mondano e come tale veniva celebrato: si davano feste, ci si travestiva, si raccontavano storie di streghe e di fantasmi (questo sì!) per intrattenersi, e ci si dedicava a svariati giochi. Sentori divinatori e magici, comunque, aleggiavano puntualmente nell’ atmosfera. Esaminando cinque usanze legate alla “notte delle streghe”, scopriremo il perchè. Leggete qui di seguito e ammirate la gallery, una serie di Halloween cards risalenti proprio all’ era vittoriana.

 

 

Le mele.

Moltissimi giochi e usanze vedevano le mele protagoniste. Innanzitutto, erano (e sono) considerate un frutto magico, simbolo della triade Amore, Conoscenza e Morte. Se tagliate una mela in orizzontale, noterete che raffigura un pentacolo al suo interno: vale a dire uno dei simboli esoterici più universalmente noti. La mela era il frutto della conoscenza e degli incantesimi, il legno del melo veniva utilizzato per accendere i fuochi sacri. Nell’ era vittoriana si pensava addirittura che ad Halloween le mele (ma anche le zucche e diversi tipi di ortaggi) potessero animarsi. La notte del 31 Ottobre, non a caso, spadroneggiavano come strumenti di divinazione o in diversi giochi di abilità. Le ragazze in “età da marito”, ad esempio, si esibivano in prove di sbucciatura: quanto più lunga era la buccia di mela tagliata, tanto più fortunato sarebbe stato il nuovo anno della giovane. Se la buccia veniva gettata in un catino pieno d’acqua, inoltre, si diceva che prendesse la forma dell’ iniziale del futuro sposo. Un altro gioco contemplava che qualcuno tagliasse una mela in nove fette e che mangiasse le prime otto di fronte allo specchio, in una stanza rischiarata unicamente dalle candele. La nona fetta doveva essere lanciata dietro la spalla sinistra per offrirla in dono agli spiriti: costoro avrebbero dimostrato la loro gratitudine facendo apparire l’ anima gemella nello specchio. Divinazione a parte, un gioco come il “bobbing” era famosissimo. Consisteva nell’ immergere diverse mele in una tinozza riempita d’acqua; i giocatori erano tenuti ad estrarle aiutandosi solo con i denti. Un gioco simile, ma decisamente più goloso, prevedeva invece che i partecipanti riuscissero a mangiare – senza toccarle – delle mele caramellate che pendevano da una corda.

 

 

Lo specchio.

All’ epoca, era lo strumento divinatorio per eccellenza. Si pensava, inoltre, che tramite gli specchi si accedesse all’ aldilà e che la notte di Halloween, a mezzanotte, gli Spiriti lasciassero intravedere negli specchi il loro riflesso. Decisamente foriera di sciagure era la visione di un teschio: annunciava che si sarebbe morti entro l’ anno.

La candela.

Per divinare il futuro, la notte del 31 Ottobre le giovani donne si servivano anche delle candele. Lasciavano cadere delle gocce di cera sciolta aspettando che si raffreddassero. Quando ciò avveniva, la cera prendeva la forma del nome dell’ uomo che le avrebbe sposate.

 

 

I tre piattini.

Davanti al caminetto venivano posati tre piccoli piatti, uno vuoto, uno pieno d’acqua e uno pieno di farina. Il giocatore, bendato, doveva immergere il dito in uno di essi. Sarebbero stati gli spiriti a guidare la sua mano. Se il dito finiva nel piattino vuoto, per lui sarebbe stata un’ annata difficile e segnata dalla povertà. Se capitava nel piattino pieno d’acqua o in quello pieno di farina preannunciava, rispettivamente, un matrimonio nei dodici mesi successivi e un anno all’ insegna della prosperità e dell’ agiatezza.

Il pudding.

L’ Halloween Pudding rappresentava una tradizione culinaria consolidata. Preparandolo, la padrona di casa doveva inserire cinque oggetti al suo interno prima della cottura: un ditale, una chiave, un bottone, una moneta e un anello. Il dolce veniva consumato alle nove di sera in punto seguendo un preciso rituale. Il più anziano (o la più anziana) della famiglia tagliava le fette in assoluto silenzio, un silenzio osservato da tutti i commensali. Alle parole pronunciate dopo quella pausa si attribuiva una valenza premonitrice, poichè ognuna conteneva gli elementi che avrebbero contraddistinto il nuovo anno. Ma anche i cinque oggetti avevano un carattere di preveggenza: la moneta simbolizzava un’ imminente ricchezza, l’ anello un matrimonio a breve, il bottone l’ incontro con l’ anima gemella, la chiave un viaggio in vista e il ditale, ahimé, un futuro da single nei prossimi dodici mesi.