Il Principe Maurice a Fabriano: a tu per tu con l’icona del teatro notturno

 

Travolgente come solo lui sa essere, visionario, una leggenda vivente: il Principe Maurice (all’ anagrafe Maurizio Agosti Montenaro Durazzo, discendente dai Principi Agosti di Bergamo) si riconferma re incontrastato del teatro notturno di cui è, peraltro, fondatore. E il 20 Gennaio scorso anche Fabriano, la “città della carta”,  si è lasciata contagiare dal suo carisma. L’ occasione è stata una serata epica dove la techno dei Datura ha rievocato, live, atmosfere anni ’90 dando vita alla soundtrack di uno show a dir poco straordinario. Protagonista e mattatore dell’ evento, il Principe Maurice ha coinvolto il pubblico dell’ Aera Club and Place – un ex cinema oggi adibito a spazio polifunzionale grazie ai tre giovani imprenditori Nicola Paccapelo, Cristian Bussaglia e Enrico Rossi – in un’ esplosiva  performance iniziata alle 10 di sera e terminata alle 6 del mattino. Ad anticipare le danze è stato il docufilm “Principe Maurice #Tribute” diretto da Daniele Sartori, 50 minuti di pellicola in cui Maurice si racconta e rende partecipi del suo progetto artistico gli spettatori: un viaggio nella vita del Principe e nel suo immaginario, dove ai luoghi-simbolo come la Piramide del Cocoricò si alternano ricordi, omaggi ai Maestri Lindsay Kemp e Klaus Nomi, scenari suggestivi del Carnevale di Venezia di cui è Gran Cerimoniere.  La verve narrativa di Maurizio Agosti e un montaggio mozzafiato catturano letteralmente il pubblico, lo trascinano in un crescendo emotivo fino all’ apoteosi finale, uno dei momenti più intensi dell’ intero docufilm: con l’ incalzante sottofondo della “Passacaglia della vita” di Stefano Landi, ballata seicentesca rielaborata in chiave techno dai Datura, il Principe Maurice volteggia sulle note di un “memento mori”. “O come ti inganni se pensi che gli anni non han da finire, bisogna morire”, canta, e per l’occasione ripristina le iconiche lenti a contatto bianche e un paio di corna da Mefistofele. Ma la sua non è che un’ ode alla vita, perchè solo la consapevolezza della morte può donare valore aggiunto all’esistenza. Sull’ importanza dei valori Maurice tornerà spesso, soprattutto rivolgendosi ai giovani, nel corso dell’ intervista che mi ha rilasciato poche ore prima di una serata destinata a rimanere memorabile, unica e irripetibile per la nightlife fabrianese.

Cosa ti porta nella “città della carta”?

Fabriano era nell’ aria perché già c’erano stati degli incontri forieri di questa proiezione, guarda caso con la signora Silvia Ragni. Ma ero incuriosito da questa città da un po’, intanto perché ha una storia estremamente interessante, e poi perché una famiglia di Fabriano, i Serafini, è imparentata alla lontana con la mia. Così quando i ragazzi dell’ Aera Club and Place hanno desiderato avermi io ho proposto immediatamente, memore di questo incontro con te, di introdurre la serata – un tributo agli anni ’90 in collaborazione con i Datura che riprende il format di ReMemo trasmesso su Radio m2O –  con la proiezione del docufilm “Principe Maurice #Tribute”. Dal punto di vista musicale sarà uno show inedito, perché i Datura sono tra i rappresentanti principali di quel movimento musicale che mi ha visto protagonista di immagine al Cocoricò e in giro per il mondo negli anni ‘90.

 

 

Che cosa ha rappresentato, per te, il Cocoricò?

Il Cocoricò è stato il contenitore creativo più importante della mia carriera. Se il Principe Maurice è nato e ha potuto farsi conoscere velocemente sia in Italia che in tutto il mondo – perché il Cocoricò attirava turismo musicale e techno anche dal resto d’Europa – è stato proprio perché ero lì. E lì ci sono arrivato quasi per caso. E’ stata veramente una coincidenza straordinaria: ero la persona giusta al momento giusto, con il direttore artistico giusto, nel locale giusto. All’ epoca l’ art director era il grandissimo Loris Riccardi, collaboratore di “Blob” di RaiTre. Grazie a lui abbiamo avuto la possibilità di esprimere la forma di teatro notturno della quale sono portatore e ideatore, ma anche di ospitare compagnie importanti a livello intenazionale: La Fura dels Baus, La Societas Raffaello Sanzio, Marion D’Amburgo e i Magazzini Criminali…Nel Morphine, il super privé fiore all’ occhiello della sperimentazione del Cocoricò, è venuto a suonare anche Roger Eno, fratello di Brian e musicista ancora più avantgarde. Il Cocoricò era una discoteca fuori da qualsiasi canone, iconica, un unicum mondiale come nemmeno a New York o a Ibiza ce n’erano. Per me è stato un luogo magico e speciale.

Sei un performer leggendario. Che sensazioni provi, dopo anni, prima di salire sul palco?

Ti spiego qual è la cosa meravigliosa del mio essere uno, nessuno, centomila: il mio maestro Lindsay Kemp (leggi qui la sua intervista con VALIUM) adotta un vero e proprio cerimoniale nel prepararsi, la sua è una metamorfosi. Entrare nel camerino di Lindsay è addentrarsi in un mondo in cui anche gli odori dei trucchi ti inebriano, qualcosa di straordinario! Ho cercato di ispirarmi a lui, infatti pretendo di avere un camerino per conto mio perché per me è un vero e proprio rito quello di entrare nel personaggio. C’è questa magia particolare per cui tu, Maurizio Agosti, piano piano diventi il Principe Maurice come vuol essere in quel momento lì e quella sera lì, che non è mai uguale a un’altra. Voglio essere il più possibile vicino al mio feeling del momento, diretto e spontaneo: per me è molto importante. Mi rifaccio alla tradizione della Commedia dell’Arte, ho un canovaccio ma poi devo improvvisare. Lindsay Kemp è stato il mio Maestro con la maiuscola: ha le sue coreografie, le sue storie da raccontare, ma improvvisa tantissimo. Ero molto giovane quando ho fatto uno stage da lui, a Milano. Una sera un ballerino non si è sentito bene e l’ho sostituito in “Sogno di una notte di mezza estate”. Ho recitato una sola volta, ma sono riuscito a essere con Kemp sia sul palco che nel backstage, a imparare. Poi ho portato il tutto in discoteca: è questo che rende il mio personaggio particolare, perché nessuno si è mai impegnato davvero nel non guardare al lavoro in discoteca come a una “marchetta”, solo perché il teatro notturno aveva trovato un mercato da sfruttare anche lì. Questa mentalità ha fatto cadere un po’ il progetto di cui io sono rimasto l’unico testimone, ma non demordo.

 

 

Quale messaggio lanceresti ai giovani che affollano le discoteche?

Pretendete. Pretendete da voi stessi di vivere in maniera consapevole e partecipe tutto, anche la trasgressione, ma di esserci, non di arrivare a un punto in cui non ricordate nemmeno cosa avete fatto perché vi stordite con l’alcool o con altro. Dovete essere protagonisti e sempre presenti, altrimenti nulla ha valore, è una perdita di tempo. In più, se avete delle idee, proponetele, esprimetele, perché la vostra età ha bisogno di conoscenza, di sperimentazione, di divertimento. E di fantasia…Oggi seppellita dal conformismo della rete e dal melting pot della globalizzazione. Cerchiamo di essere il più autentici possibile e di capire da dove veniamo, perché è importante, e dove vogliamo andare… Anche se questa società ci porta a non aver troppa fiducia nel futuro sappiate, giovani d’oggi, che è importante credere in tre cose: la libertà, che è un valore fondamentale, la dignità, senza la quale la libertà è uno spreco e può diventare dannosa, e l’amore. Altrimenti non c’è nulla. I soldi sono importanti, ma vanno e vengono. La salute stessa è appesa a un filo di ragnatela. Mentre l’amore, la libertà e la dignità sono tre ingredienti fondamentali per poter immaginare un futuro, e posso dirvelo perché l’ho vissuto sulla mia pelle. Per questo lo racconto con fervore e convinzione.

Tu e il Carnevale di Venezia: cosa ti lega maggiormente alla grande kermesse veneziana?

Trasformarmi, travestirmi, ricercarmi in altre forme, ricercare il mio fratello gemello morto a 11 mesi…Un giorno –  ho 16 anni e sono già un “decadente” – decido di partire da Milano per andare al Carnevale di Venezia. Ci vado la domenica dedicata alla passeggiata delle maschere, dopo Sabato Grasso. Mia madre, che è mia complice, mi permette di viaggiare in costume per partire al mattino e ritornare la sera. Arrivo a Venezia, capito alle Generali dove fanno una festa e vengo intervistato. E’ un boom incredibile, meraviglioso, per cui mi dico: “Io il Carnevale lo frequenterò tutti gli anni”. Dopo qualche anno trovo nel personaggio di Giacomo Casanova qualcosa che mi piace, che sento mio: coltivare il piacere dei sensi ad esempio, anche in questo sono molto decadente…Il Carnevale comincia a entrarmi nella mente e nel sangue, diventa un obiettivo, una mania. E’ una passione che nel tempo ho condiviso con altre persone. Abbiamo creato delle associazioni: gli Amici del Carnevale di Venezia, un’ Associazione Internazionale per il Carnevale di Venezia, arriviamo da tutto il mondo per ritrovarci al Carnevale a divertirci e a competere per la bellezza dei costumi e delle interpretazioni. Quando Bruno Tosi, il Presidente della Fondazione Maria Callas, ha ricreato la tradizione storica delle Marie, mi ha chiesto di presentare la manifestazione. Da allora sono diventato il maestro di cerimonie che apre e chiude il Carnevale, conduco happening sul palco di Piazza San Marco e sono il Magister Elegantiarium del Concorso della Maschera più Bella. Il Carnevale diventa per me il momento dell’anno più atteso: in 10 giorni arrivo a gestire 30 produzioni tra feste private, di associazione e ufficiali.

 

 

Che ci racconti del tema “Creatum Civitas Ludens” associato al Carnevale di Venezia 2018?

“Creatum”, per valorizzare un po’ tutta quella che è l’artigianalità e l’arte che sta dietro al Carnevale. Ma non sarà un’esposizione o una specie di fiera delle botteghe, bensì un circo dove anche questi artigiani si possono esprimere. L’ elemento del circo è quello che mi piace di più: ci sono le scenografie dei Togni utilizzate per “La strada” di Fellini, oltre ad altre scenografie aggiunte dal teatro La Fenice che, in collaborazione con Massimo Checchetto, ha reso il circo un po’ più elegante, un po’ più veneziano, un po’ più adatto a Piazza San Marco. Il circo è uno dei miei ambienti preferiti, amo soprattutto  il ruolo del clown bianco e adoro Fellini. Quest’ anno quindi il Carnevale sarà davvero “playful”, con quel tocco di follia che va verso il freak: a fine ‘800 inizio ‘900, ricordate?, al circo si esponevano i fenomeni. Si giocherà sulle trasformazioni…I cambi di ruolo sessuale, che sono tipicissimi del Carnevale, faranno parte (e in modo anche molto malizioso) del gala serale che avrà per titolo “La serata di Dottor Jack Hill e Mrs. Hyde”.

 

 

Quali sono gli angoli segreti di Venezia che consiglieresti di visitare, i meno turistici e scontati?

Te ne racconto due. Uno è il minuscolo negozio di maschere di un’artista che si chiama Barbara Babi. Dietro Piazza San Marco, dietro Palazzo Ducale, c’è un ponte, credo che si chiami Ponte della Canonica. Lo trovate dopo questo ponte, un po’ sulla destra. E’ nuovo: quest’ artista ha finalmente avuto modo di aprire un suo negozio/laboratorio, e utilizza in modo molto particolare sia la cartapesta che le piume. Le sue maschere indossano parrucche fatte di piume. Sono stupende, e anche abbastanza dark! Ma non si tratta di piume di struzzo in stile Rio: sono piume di pennuti, lunghe, che lei acconcia. In più usa, applicandola sulle maschere, la pelle del serpente quando fa la muta. Il negozio si chiama La Babi e spero che abbia successo, perché lo merita. Poi c’è un bacaro speciale in quanto a ambiente, qualità e cucina. E’ uno degli ultimi rimasti, situato in una piccola calle che va verso il Casinò dal Teatro Italia, e veneziano DOC: ci vanno solo veneziani e solo loro sanno che c’è, niente turisti. Tutto viene cucinato da veneziani, in stile veneziano e con ingredienti veneziani. Lo suggerisco a chi cerca un posto veramente riservato, quasi “massonico”, per l’ ”apericena”…Il nome non te lo dico, solo chi lo scopre merita di frequentarlo. Ah, ecco un altro posto particolare! Un’ ala del Teatro Italia è stata venduta ed è diventata il più bel supermercato del mondo. Cinema Teatro Italia, in Strada Nova: entrateci. E’ da visitare perché è una contaminazione pop fuori di testa!

Torniamo a Fabriano. Un tuo parere a bruciapelo sulla città?

La cosa che mi suggestiona molto della città è questo rapporto con la carta, così importante sia per l’arte che per la scrittura. E poi c’è la tipica magia di tutte le città italiane un po’ “appartate”, che nascondono tesori. Mi piace la simpatia, la sobrietà che c’è nelle persone, e mi piace che ci siano personaggi che sono sostanzialmente dei “fantasmi”: grazie alla tecnologia sono proiettati culturalmente in tutto il mondo, ma vivono qui quasi un po’ nascosti. Un nome? Silvia Ragni, ma anche Rexanthony, uno degli autori della musica specificatamente dedicata al Cocoricò oltre che di compilation degli anni d’oro che hanno avuto un successo straordinario. Quindi non è che una città di provincia, pur famosa per la sua industria, per la sua tradizione eccetera, sia meno intrigante di una capitale.

 

 

Per concludere, una domanda sui tuoi prossimi progetti. Puoi anticiparci qualcosa o sono ancora top secret?

Con questa intervista capiti proprio durante l’ultimo cambiamento fondamentale della mia vita. I miei cambiamenti si sono avvicendati in cicli di circa 20 anni l’uno. Questo è il terzo, credo sia il finale. Sto puntando ad avere una residenza anche esterna all’ Italia, quindi mi sono spostato a Palma de Mallorca: una città antica dove c’è un centro storico, una vita culturale e la presenza della famiglia reale si “respira” sia attraverso il castello che il Palazzo di Marivent…C’è tutto quello che può affascinarmi in una città europea importante, perché Palma è una piccola Barcellona. Non è lontana dall’ Italia e il fatto che sia un’isola mi piace, perché anche Venezia è un piccolo arcipelago di isolette. Questo cambiamento mi porterà ad essere meno presente nel mondo della notte e più presente nel mondo degli eventi a carattere culturale o privato. Il mio futuro, quindi, sarà suddiviso tra l’Italia e Palma.

 

 

Photo courtesy of Aera Club and Place e collezione privata Principe Maurice Agosti

 

“Non c’è due senza tre”: a colloquio con Eve La Plume, Grace Hall e Jackson Sloan, i presentatori del Summer Jamboree 2017

Eve La Plume e Grace Hall (photo by Davide Bona)

“Non c’è due senza tre”: un proverbio inconfutabile, se pensiamo che il “tre” è un po’ il leitmotiv che lega i conduttori del Summer Jamboree 2017 e la loro attività sul palco. “Tre”, innanzitutto, come il loro numero. All’ acclamato duo formato da Eve La Plume e Jackson Sloan è andata infatti a aggiungersi, per la 18ma edizione del Festival, la spumeggiante Grace Hall. Che i fan della kermesse conoscono bene: sia lei che Eve La Plume sono al loro tris – “non c’è due senza tre”, appunto – come presentatrici dell’ evento che è valso a Senigallia l’ appellativo di “Città del Summer Jamboree”. Eve e Grace, portatrici di un carisma declinato in sfumature diversissime, hanno stregato il pubblico con il loro glamour da Regine del Burlesque. Lunare ed evanescente la prima, pimpante ed esplosiva la seconda, per le madrine del Festival è stata la consacrazione definitiva. Ma “non c’è due senza tre”, dicevamo: e veniamo all’ elemento maschile del terzetto. A Jackson Sloan, effervescente frontman britannico, sono spettati i compiti di galvanizzare il pubblico e fare da trait d’union linguistico con l’ audience internazionale. Innamorato del rhythm’n blues, del rock’n roll, del boogie woogie e del jive, Sloan ha militato in diverse band ed ha riscosso incredibili successi con i suoi tour mondiali. Al Summer Jamboree, è la seconda volta che veste i panni di conduttore: un ruolo che ha confermato le sue doti travolgenti di entertainer. E siccome “non c’è due senza tre”, non possiamo che augurargli un tris sul palco del Festival come è già accaduto alle sue due fascinose colleghe. Ecco l’ intervista che ho realizzato con Eve, Grace e Jackson nel corso di un Summer Jamboree rovente (a cominciare dalle temperature!) ed arrivato alla sua 18ma edizione.

Jackson Sloan (photo by Gianluca Rossetti)

Jackson il “frontman”, Eve e Grace le “Burlesque Queen”. Qual è il collante che unisce il vostro trio e quali sono i vostri rispettivi punti di forza?

GRACE: L’entusiasmo, la voglia di condividere. Il punto di forza di Jackson è l’amore per la vita che trasmette benissimo dal palco. Il punto di forza di Eve è la sua grazia, il suo candore, la sua eleganza…

EVE: Siamo tutti e 3 innamorati del Summer Jamboree, il collante credo sia proprio l’amore per questa bellissima festa. Sono molto contenta che ci sia Grace perché è una presenza femminile grintosa, coinvolgente. Io sono più timida, lei è estroversa e espansiva: questo connubio mi piace! Jackson, invece, è un grandissimo uomo da palcoscenico.

JACKSON: Siamo un team, sappiamo come far fronte agli imprevisti e ci aiutiamo a vicenda. Tra noi c’è divertimento, collaborazione, supporto. Il mio punto di forza? Mi piace lavorare con la gente, far parte di una squadra. E comunicare in modo molto chiaro e semplice, in un inglese senza accenti, con il pubblico internazionale. Eve e Grace portano la bellezza, la luminosità. Io porto l’allegria e incito il pubblico a partecipare allo show.

Eve La Plume e Jackson Sloan (photo by Claudio Paolinelli)

Ognuno di voi ha dei “precedenti” come presentatore del Festival. Quale pensate che sia la vostra marcia in più, rispetto alle scorse edizioni?

EVE: Ogni anno io cerco di fare meglio dell’anno prima. Il primo anno ero veramente spaventata, il secondo meno, questo sta scorrendo abbastanza fluido. Per esempio, sul palco non osavo fare a meno della cartellina perché avevo paura di dimenticare i nomi degli ospiti. Quest’ anno, invece, sono riuscita a “buttarla via” e ti dirò che mi sento più spontanea senza avere sempre il copione davanti!

GRACE: Se nella mia prima edizione avevo l’ansia da prestazione, quest’ anno ho una strana rilassatezza che, a volte, è quella che ti fa commettere delle imprecisioni. Per cui non ti so dire se sto dando il meglio o se sono troppo rilassata.

JACKSON: La mia marcia in più è l’esperienza. Il nostro team, grazie all’ esperienza, diventa ogni anno più forte.

Grace Hall (photo by Salvatore Liotti)

Il vostro stile individuale è inconfondibile. Funziona di più un mix fondato sulle affinità o sulle complementarietà?

GRACE: Io sono per la complementarietà, credo che sia un valore aggiunto. Ognuno di noi ha uno stile inimitabile: è il bello del nostro lavoro.

EVE:  Credo che mettere insieme personalità diverse, caratteri diversi, sia dar risalto all’ unicità…E non la penso così solo perchè dobbiamo parlar bene di noi e del Festival.

JACKSON: Preferisco la complementarietà, le differenze. Eve è come una bella bambola cinese, Grace sembra una diva dei film noir ed io sono lo showman che porta entusiasmo, ama la gente e vuole che la gente ami il Summer Jamboree.

Eve La Plume (photo by Claudio Paolinelli)

Cosa vi lega maggiormente al Summer Jamboree?

EVE: Io ho dei bei ricordi legati al Festival. Sono tantissimi anni che vengo qui, ho cominciato nel 2005. Al Summer Jamboree sono molto grata anche perché mi ha sostenuta in un percorso per me importante: il lancio che ho avuto come Burlesque performer ha dato una svolta decisiva alla mia carriera.

GRACE: Ho tantissimi ricordi degli artisti che ho avuto la possibilità di conoscere qui. Ad esempio, Ben King: quando ha intonato “Stand by me” ero in lacrime, tutto il pubblico era in lacrime…E’ stato sicuramente un momento unico. Per quanto riguarda l’aspetto professionale, invece, sono molto grata al Summer Jamboree perché è stata la primissima occasione in cui ho avuto la possibilità di presentare davanti a un’audience così vasta.

JACKSON: Credo che il Summer Jamboree sia un Festival “di famiglia”, e io mi sento parte di questa meravigliosa famiglia. Mi sento molto amato da Angelo, Marco, Grace, Eve…E da tutto il nostro fantastico staff!

 

Jackson Sloan

 

Se doveste definire il mood con cui quest’ anno affrontate il Festival, come lo descrivereste?

GRACE: Divertimento è forse parola giusta…Entusiasmo!

EVE: Condivido in pieno. Essendo meno tesa rispetto agli anni scorsi, ho anche più voglia di fare amicizia.  Definirei il mio mood “conviviale”…

JACKSON: Il mio mood è la felicità: sono felice e conosco tanta gente di tutto il mondo. Una poesia di Fran Landesman, “Photographs”, a un certo punto recita: “if you ever find my house on fire/Leave the silver, save the photographs”. I momenti speciali sono la cosa più importante.

Eve La Plume (photo by Salvatore Liotti)

Una domanda incentrata sul look è d’obbligo. Che mi raccontate delle vostre “mise”?

EVE: Quest’ anno sono rimasta china per circa 2 mesi su tessuti, passamanerie, rocche e rocchette di filo e ho cucito abiti “importanti”, che avevo in mente da un po’ di tempo. Alcuni sono ispirati agli anni ’50, altri agli anni ’30 e c’è qualche traccia di Belle Epoque, che a me piace tanto.  Anche i colori sono diversissimi tra loro: ho alternato il rosso scuro a nuance tono su tono e polverose come il cipria e l’azzurro slavato.

GRACE: Il mio look si rifà agli anni ’40 e ‘50 e i miei colori “alchemici” sono il nero, il bianco e il rosso. Amo il nero perché mette in risalto la pelle bianca. Ma il bianco può riguardare anche le profilature degli abiti e gli accessori. Adoro accostare borse, occhiali e cappellini eccentrici a vestiti non troppo “barocchi”!

JACKSON: Amo lo stile anni ‘40 e ’50. Mi piace indossare dei bei pantaloni, una t-shirt, un completo e avere un’immagine nitida e essenziale, ma non dò un’importanza eccessiva al look.

Grace Hall (photo by Guido Calamosca)

A vostro parere, quali motivi contribuiscono a mantenere il Summer Jamboree al top dopo quasi 20 anni dall’ esordio?

GRACE: Credo che dietro tutta questa festa si nasconda il lavoro di un’equipe meravigliosa. L’organizzazione è davvero incredibile! Si lavora sodo pur mantenendo una facciata di puro divertimento: un binomio vincente.

EVE: Concordo con Grace e aggiungo che gli organizzatori fondatori, Angelo e Alessandro (Di Liberto e Piccinini, ndr), hanno mantenuto lo spirito fanciullesco di due ragazzi che organizzano una festa per il loro piacere anche oggi che la festa è diventata enorme. Questo spirito viene trasmesso a tutto lo staff: non assistiamo mai a litigi, a scene di tensione…Lo scopo degli organizzatori è fare le cose in tutta serenità, divertendosi, con la stessa gioia e lo stesso amore che hanno dato vita al Festival.

GRACE: Dovremmo mantenere tutti la nostra componente fanciullesca. Quando l’entusiasmo va a scemare, si entra in un meccanismo vizioso che non porta da nessuna parte.  “Qualcuno” molto più autorevole di me ha detto: “l’amor che move il sol e l’altre stelle”…

JACKSON: Il motivo principale penso sia l’organizzazione. Angelo (Di Liberto, ndr) crede nella musica, nel Festival, nel concetto di accoglienza. E poi, c’è questa città splendida: quando hai il mare hai energia, che qui si coniuga anche con una bella architettura. Tra me e Senigallia è stato amore a prima vista, l’amerò per sempre. Infine, il Festival sta crescendo: quest’ anno il gospel ha emozionato il pubblico fino alle lacrime e molti concerti si sono tenuti in piazza Garibaldi, restaurata di recente…E’ come aggiungere ogni volta un colore in più a questa magnifica tela.

Eve La Plume (photo by Guido Calamosca)

Festival a parte, in che direzione vanno le vostre carriere?

GRACE: Io non sto mai ferma e devo mettermi in gioco su tanti aspetti, sono così da sempre. Quindi ho iniziato un’avventura da regista con un documentario (“Burlesque Extravaganza”) sul mondo del Burlesque,  che ho diretto e prodotto: un’ impresa titanica, tre anni di lavoro che ho presentato l’ 8 Maggio a Roma. Nel frattempo ho aperto una società di produzione cinematografica, la ZED Film, e ho attivato il mio primo progetto sotto forma di film vero e proprio. Poi continuo ad insegnare Burlesque nella mia scuola, Il Tempio del Burlesque, un’altra cosa a cui tengo moltissimo perché ho scoperto che il Burlesque, inteso come disciplina, può essere una terapia che permette a molte donne di entrare in connessione con il proprio corpo. Intanto, recito e curo la direzione artistica degli spettacoli che porto in tour. A Ottobre tornerò a Los Angeles, dove ho dei progetti come attrice.

EVE: Io ho avuto un bell’ anno in cui ho fatto delle cose interessanti. Ho aperto la sfilata di Luisa Beccaria e Tiffany & Co. alla settimana della moda di Milano e per me è stato un sogno che si è realizzato: una location allestita come una fiaba, un giardino fatiscente ricostruito in un meraviglioso salone antico…E’ qualcosa di cui vado orgogliosa. Al Carnevale di Venezia ho preparato uno show lavorando sul nuovo soggetto del Ballo del Doge e ho portato in scena “Ultimo Spettacolo” nei teatri d’ Italia. Tra i progetti che non c’entrano con il lavoro, ce n’è uno che riguarda il mio inglese: partirò per Malta per un mese e mezzo di full immersion linguistica.

JACKSON: Il Summer Jamboree mi ha aperto molte porte: arrivano promoters dalla Svizzera, dalla Germania, dall’ America. Sono stato già stato al Viva Las Vegas Festival perché qualcuno mi ha notato qui. Tornerò a Las Vegas l’anno prossimo, ma andrò anche in Sudamerica e girerò l’Europa. In moltissimi mi hanno visto per la prima volta al Festival: sono piaciuto sia come musicista che come persona.

Jackson Sloan

 

Eve La Plume (Photo by Claudio Paolinelli)

 

Grace Hall (photo by Turi Avola)

 

Photo: courtesy of Summer Jamboree Press Office, Eve La Plume, Grace Hall, Jackson Sloan

Love Yourself: il San Valentino di Schield

“Amare se stessi è l’ inizio di un idillio che dura tutta la vita.”, disse Oscar Wilde. E a ragione: con chi altri, se non con noi stessi, trascorriamo ogni più piccolo istante della nostra vita? Ma poi arriva San Valentino e puntualmente, in un tripudio di cuori e cene a lume di candela, dissolve questa teoria come neve al sole. Il 14 Febbraio ci ricorda che “coppia è bello”, è l’ inno ad un romanticismo da vivere rigorosamente in due. La festa degli innamorati celebra la condivisione, il sentimento corrisposto, il “two is better than one” per eccellenza. Quale prospettiva, per i single, in quella fatidica data? Ci ha pensato il noto brand di luxury jewels Schield a trovare una soluzione: nella advertising campaign a metà tra il glam e l’ ironico, il sempre irriverente Diego Diaz Marin ci invita a vivere San Valentino a prescindere dal nostro essere – o meno – in coppia. Perchè precludersi regali e coccole solo perchè in quel momento non si ha un partner? Soprattutto, se i regali sono rappresentati da una Valentine collection composta da anelli, collier e bracciali che affiancano elementi sailor e scintillìo Swarovski in un  delizioso mix.

E’ infatti un’ ancora incastonata in un cuore il prezioso leitmotiv della collezione creata da Roberto Ferlito: in pendant con un design dalla raffinatezza essenziale, esalta il total gold della lavorazione in un trionfo heart-shaped di Swarovski ricco di bagliori. Il rosso, l’ azzurro e il bianco sono i colori in cui viene declinata ogni parure. Ad esaltare questa triade sono i cuori, sfavillanti protagonisti di una linea che al mood romantico abbina una giocosità calibrata con armonia perfetta.

Grazie a Schield, San Valentino si tramuta da “festa degli innamorati” in “festa dell’ amore”: un concetto che riconduce, dunque, all’ assioma di Wilde. Perchè amare se stesse e fare un regalo a se stesse sono un tutt’uno, oltre che un meraviglioso tributo all’ autostima.

Photo by Diego Diaz Marin – Courtesy of Schield