La colazione di oggi? A base di miele, il “nettare degli Dei”

 

La colazione di oggi, primo giorno del mese di Marzo, è all’ insegna della dolcezza più assoluta. Una dolcezza salutare, che ha a che fare con un prezioso mix di palato e natura. Perchè il protagonista della nostra colazione è il miele: un alimento che non conosce stagioni, al 100% eco-friendly in quanto prodotto dalle api. A proposito, sapevate che una specie su dieci di questi operosi insetti rischia l’estinzione? Per l’ uomo sarebbe drammatico, dal momento che provvedono all’ impollinazione del 90% delle piante selvatiche, sono indispensabili al funzionamento dell’ ecosistema e alla preservazione della diversità biologica. In poche parole, un mondo senza api diventerebbe un mondo senza fauna umana. Tornando al miele, è davvero difficile trovare un prodotto più genuino. Le api bottinatrici si occupano della raccolta delle sue materie prime, il nettare o la melata, cercandole a non oltre 800 metri dal loro alveare. Mentre il nettare è reperibile all’ interno dei fiori, la melata, una sostanza zuccherina rilasciata da minuscoli insetti che si nutrono della linfa degli alberi, generalmente riveste la corteccia dei tronchi. Dopo aver ingurgitato nettare e melata a volontà, le api bottinatrici tornano alla colonia e li rigurgitano. A questo punto, il lavoro passa alle api operaie: si cibano di quella mistura liquida e la trattengono al loro interno per mezz’ora, così da eliminare l’ acqua in eccesso. Poi la rigurgitano, infine la plasmano in strati oltremodo sottili che depositano sulle pareti delle celle. L’ eccesso d’ acqua viene assorbito nuovamente attraverso un prolungato battito d’ali collettivo. 36 giorni dopo, il miele è maturato e sufficientemente denso da non temere più la muffa; rimarrà intatto per mesi, sarà un’ ottima provvista per l’ Inverno. Le api lo conservano nei favi, cellette esagonali realizzate con la loro cera che otturano tramite tappi composti dalla stessa materia. E’ in questa fase che entra in scena l’ apicoltore: allontana le api, distacca i favi dall’ alveare, rimuove i tappi ed estrae il miele servendosi di una centrifuga. Filtrato da eventuali impurità, il “nettare degli Dei”(come lo definì la mitologia greca) viene conservato a una temperatura atta ad impedirne la cristalizzazione. Prende così vita la sostanza color oro, liquida o semi-densa, che oltre ad essere invitante è un vero e proprio toccasana. Il miele, ora, è pronto per essere versato nei vasetti e messo in commercio.

 

 

Sono infiniti i modi in cui gustarlo a colazione: spalmato su una fetta di pane insieme al burro, sulle crostate, sul formaggio, sui pancake, inserito nei croissant o nell’ impasto di deliziosi biscotti. E se vi state chiedendo quali benefici apporta, basta stilare un breve ma significativo elenco: il miele ha proprietà antisettiche e antinfiammatorie, dimostrandosi particolarmente efficace contro i malanni delle prime vie respiratorie; contrasta la formazione dei radicali liberi e svolge una funzione nutriente, idratante, antiossidante per la pelle ed i capelli; possiede un alto tasso di elementi nutrizionali essendo ricco di vitamine del gruppo A, B, C e di minerali quali (tra gli altri) il potassio, il fosforo, il sodio, il ferro, il magnesio, lo zolfo, il rame; contiene acidi organici che accentuano la sua funzione antibatterica. Last but not least, può essere utilizzato come dolcificante e si declina in un’ ampia e pregiata gamma di varietà. In Italia se ne contano ben 25, tra cui spiccano il miele d’acacia, di tiglio, d’arancio, di corbezzolo, di castagno e d’eucalipto: per iniziare una giornata con il buon “nettare degli dei”, garantito, non avrete che l’ imbarazzo della scelta!

 

 

 

 

Il Giardino di Ninfa: antiche suggestioni tra natura e incanto

 

Pensate a un luogo fatato, completamente immerso nella natura. Un luogo dove il verde inghiotte lo sguardo, intervallato dal rosa, dal lilla e dal bianco degli alberi in fiore. Corsi e specchi d’acqua si incastonano tra la vegetazione, riflettono torri solenni e resti di antiche dimore, mentre ovunque è un autentico tripudio floreale: magnolie decidue, rose, ortensie rampicanti, glicini, iris palustri, narcisi, ciclamini e moltissime altre specie sono alternate alle ninfee che galleggiano sotto piccole cascate. Su questo paradiso regna il silenzio, spezzato solo dal canto dei volatili, e l’atmosfera che si respira è secolare e intrisa di magia. Un sogno? Niente affatto. Il luogo appena descritto esiste davvero: è il Giardino di Ninfa, Monumento Naturale situato a Cisterna di Latina. Per darvi un’idea della sua magnificenza, basta dire che il New York Times l’ha definito il più bel giardino al mondo. La storia che Ninfa ha alle spalle è antichissima e travagliata. Nell’ età classica, il suo nome era stato dato a un piccolo tempio dedicato alle Ninfe che si ergeva sul lago, ma in epoca romana designava già un villaggio che viveva prevalentemente di agricoltura. A determinare i suoi avventurosi trascorsi fu la strategica posizione geografica in cui Ninfa era collocata: inserita nel vasto territorio denominato Campagna e Marittima, nell’ VIII secolo fu transitatissima poichè la via Pedemontana che si snodava nei suoi paraggi permetteva di raggiungere il Sud senza passare per la via Appia e la via Severiana, allora sommerse dalle Paludi Pontine. A quei tempi, Ninfa apparteneva allo Stato Pontificio. Divenuta un importante centro urbano, ricco di risorse e superbo architettonicamente, nel X secolo iniziò l’ alternanza governativa che la caratterizzò sempre. Al predominio dei vari Papi si succedette quello di dinastie aristocratiche come i Conti di Tuscolo, i Frangipane, gli Annibaldi, i Colonna; nel frattempo, la rilevanza di Ninfa si accresceva sia dal punto di vista economico, che politico e di struttura urbana: tra il 1100 e il 1200 furono costruiti un castello e delle mura difensive.

 

 

Nel 1294, Benedetto Caetani fu nominato Papa con il nome di Bonifacio VIII e quattro anni dopo, per suo nipote Pietro,  acquistò Ninfa e dintorni al costo di 200.000 fiorini. Per la cittadina cominciò il periodo di massimo splendore. Vennero edificati mulini, ospedali, una torre, un gran numero di chiese e di botteghe, le mura e il castello furono ingranditi e rinforzati. A quell’ epoca ebbe inizio il legame tra Ninfa e i Caetani, un rapporto millenario che, tra innumerevoli vicissitudini, durò fino al XX secolo. Per fare una sintesi, potremmo citare alcune date chiave: nel 1382, in seguito al Grande Scisma, Ninfa venne saccheggiata e rasa al suolo dalle truppe che appoggiavano l’antipapa. Tutti i suoi abitanti fuggirono, condizionati anche dalla malaria diffusasi nelle vicine paludi, e persino le chiese rimaste attive vennero abbandonate poco a poco. I Caetani si trasferirono a Roma. Nel 1500, tuttavia, il Cardinale Niccolò III Caetani volle riscoprire le meraviglie naturali di Ninfa e della sua zona. Esaltò quello splendore attraverso un “hortus conclusus” delimitato dalle mura, un “giardino delle delizie” che conteneva un’ incredibile varietà di agrumi, e la sua opera fu portata avanti dal Duca Francesco IV durante il secolo successivo. Il giardino venne impreziosito da fontane e vene d’acqua sorgiva, ma la permanenza del Duca non durò a lungo a causa della malaria.

 

 

I Caetani tornarono a Ninfa solo sul finire dell’ Ottocento. La stupefacente bellezza del luogo, d’altronde, non poteva passare inosservata: fu così che – nel 1920 – Ada Bootle Wilbraham, moglie di Onoraro Caetani,  ripristinò l’idea del giardino. Insieme ai suoi figli Gelasio e Roffredo creò un magnifico “English garden”, stabilendo a Ninfa la residenza di campagna della famiglia. Numerose opere vennero realizzate, come la bonifica delle paludi circostanti e la scerbatura dei ruderi, il palazzo baronale fu restaurato e tramutato in una signorile dimora. In questo periodo il giardino si arricchì di un’ ampia gamma di vegetazione. Roseti mozzafiato ma anche lecci, cipressi, faggi accrebbero il suo appeal naturale, specie botaniche provenienti dall’ estero proliferarono grazie all’ umidità apportata dal fiume.

 

 

 

 

Negli anni ’30 del ‘900 fu l’ intellettuale, collezionista d’arte e mecenate Marguerite Chapin, moglie di Roffredo Caetani, a impreziosire il giardino di nuovi arbusti. A quell’ epoca, inoltre, Ninfa divenne un luogo di ritrovo per letterati e artisti di rilievo: nomi del calibro di Gabriele D’Annunzio, Boris Pasternak e molti altri ancora, associati perlopiù alle riviste letterarie “Commerce” e “Botteghe Oscure” fondate dalla Chapin, erano degli habitué del giardino. Persino Benito Mussolini fu ospite di quell’ area delle meraviglie, che visitò nel 1935 durante la bonifica dell’ Agro Pontino. Leila Caetani, figlia di Marguerite e di Roffredo Caetani, fu l’ ultima erede ad occuparsi del giardino e a conferirgli il suo aspetto definitivo. Lo impreziosì scegliendo accuratamente le specie vegetative e floreali, ne accentuò le armonie cromatiche avvalendosi delle sue competenze pittoriche, evitò ogni tipo di sostanza inquinante. Rose rampicanti, pruni e magnolie stellate davano vita ad autentici angoli di incanto, mentre il “Rock Garden” che Leila realizzò incastonava piante e fiori tra le rovine rocciose delle mura di cinta.

 

 

 

Donna Leila, che visse stabilmente a Ninfa dal 1940 in poi, era un’artista e adorava dipingere, viaggiare, le letture di giardinaggio. Frequentava abitualmente poeti e i maggiori esponenti del mondo dell’ arte. L’ impronta che ha donato al Giardino è inconfondibile: ne perfezionò la struttura all’ inglese e lo elevò alla meraviglia attuale. Nel 1972, inoltre, istituì la Fondazione Roffredo Caetani a tutela di Ninfa e del Castello di Sermoneta, un’altra proprietà di famiglia. Leila Caetani morì cinque anni dopo. La Fondazione, alla quale intestò il Giardino e il Castello, a tutt’oggi si occupa della gestione di entrambi e di preservare la memoria del Casato Caetani.

 

 

 

Dichiarato Monumento Naturale della Repubblica Italiana nel 2000, il Giardino di Ninfa – che quest’ anno festeggia i suoi “Cento anni di bellezza” – attira migliaia di turisti ogni anno. Qualche numero per raccontarvelo: si estende su una superficie di otto ettari, vanta oltre 1300 piante e 100 specie di uccelli censiti. Entrare nei suoi spazi è addentrarsi in un eden naturale, dove ci si perde con lo sguardo e con la mente. Cascate di glicine esaltano le antiche rovine, ciliegi e meli ornamentali ostentano le loro spettacolari chiome, aceri giapponesi donano un tocco esotico allo scenario…Il colpo d’occhio è stupefacente, di quelli che rimangono impressi sine die. E poi, ho una notizia fresca fresca da darvi: da qualche giorno, nei corsi d’acqua del Giardino galleggiano sei cigni appena nati. La Fondazione coinvolge tutti nella scelta dei loro nomi, che potrete suggerire visitando la pagina Facebook del Giardino di Ninfa. Per rimanere invece aggiornati sulle visite, in via di riattivazione dopo la sospensione dovuta al lockdown, non mancate di seguire i social del Giardino. Ve li elenco qui di seguito, augurandovi di poterlo esplorare prestissimo: è un esperienza decisamente imperdibile.

FACEBOOK: https://www.facebook.com/giardinoninfa

SITO WEB: https://www.frcaetani.it/giardino-di-ninfa/

INSTAGRAM: https://www.instagram.com/giardinodininfa/?hl=it

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Foto: Archivio Fondazione Roffredo Caetani/Giardino di Ninfa

 

 

Pasqua sul balcone

 

Le sere vanno ripetendosi sul terrazzo, dove le parole sono piccoli luoghi della memoria.

(Maria do Rosário Pedreira)

Si prevedono una Pasqua e una Pasquetta di pieno sole, un meteo che rischia di renderci la vita dura in tempi di reclusione forzata: viaggi, escursioni, gite fuori porta riaffiorano alla mente e la nostalgia dilaga. Avremmo preferito una pioggia che scende a catinelle? Certo che no, anzi…ben venga questa esplosione di Primavera. E’ il momento di riscoprire il valore dei terrazzi e dei giardini. Dimentichiamo per un istante i flash mob e riassegnamo ai balconi la loro funzione: permetterci di respirare aria frizzante, farci baciare dal sole, lasciarci ammirare i colori di tramonti che arrivano sempre più tardi. Consentirci, cioè, di stare all’aria aperta pur senza muoverci da casa. Se le temperature lo renderanno possibile, sarà bello spaziare con lo sguardo su un panorama che, ultimamente, davamo quasi per scontato. Lo guarderemo da una prospettiva differente, è fuor di dubbio. Forgiati da un’ esperienza che non dimenticheremo. Che siano spazi ampi o limitati non importa, se possiamo avvalerci della loro presenza: quel che conta è che balconi, terrazze o giardini possano fungere da “grandangolo” sul mondo esterno e, soprattutto, che ci inebrino del profumo di un tripudio di fiori. Come diceva Proust, in fondo, ” Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi.”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La magia immutabile della notte di San Giovanni

 

La notte di San Giovanni, tra il 23 e il 24 Giugno, è intrisa di simbologia esoterica e di magiche rivelazioni. Nella mia città – Fabriano – precede i festeggiamenti per il Santo Patrono (San Giovanni Battista, appunto), e forse anche per questo le ho sempre dedicato svariati post. Ma il profondo fascino che questa notte esercita, in ogni caso, rimane innegabile. Secoli orsono, la ricorrenza di San Giovanni fu fissata al 24 Giugno con il probabile scopo di sovrapporre le celebrazioni cattoliche in onore del Santo ai rituali pagani per il Solstizio d’Estate. Tradizioni comuni, credenze condivise da tutte le più antiche civiltà europee, hanno consacrato la notte di San Giovanni alle virtù propiziatorie e alla divinazione. Astrologicamente, l’ ingresso del sole nel segno del Cancro – segno d’acqua dominato dalla luna – sancisce l’ unione tra fuoco e acqua, tra maschile e femminile, tra luce e ombra: un connubio da cui non possono che scaturire energie benefiche, originate da una complementarietà che diviene principio vitale per eccellenza. Ripercorrere le usanze associate a questa notte fatata ci avvolge ogni volta in un turbinio di fascinazioni, perchè è proprio il loro incanto che contribuisce a rendere unico, caratteristico e del tutto suggestivo il nostro patrimonio ancestrale.

 

Gli antichi Celti usavano accendere grandi falò in cima alle colline e far rotolare ruote infuocate lungo i loro pendii. Il fuoco ha una valenza purificatrice e beneaugurante sin da tempi remotissimi: anche far transitare il bestiame tra due falò e scavalcare le fiamme saltando mentre si esprime un desiderio viene considerato di buon auspicio. Il fuoco, inoltre, ha la facoltà di allontanare le malattie e gli spiriti maligni. Non sorprende che la tradizione dei falò rimanga quindi una delle più diffuse in tutta Europa.

Si attribuiscono proprietà prodigiose alla rugiada, alla guazza che si stende sui prati, tanto che un’usanza vuole che una donna desiderosa di diventare madre si rotoli o si stenda, nuda, tra l’erba bagnata.

Ad alcune erbe sono attribuiti poteri incantati e vengono utilizzate con funzioni guaritrici, propiziatorie o per proteggersi dai malefici.

L’iperico – o erba di San Giovanni– è pianta “del  Solstizio” per eccellenza: anticamente, i viandanti erano soliti percorrere i loro tragitti nascondendone un mazzetto sotto la giacca per proteggersi dalle entità malefiche. Altre piante, invece, come la ruta, la verbena, il vischio, la lavanda, il timo, il finocchio, la piantaggine e l’artemisia, venivano bruciate nei falò del Solstizio per attirare buoni auspici.

Le erbe, insieme ai petali dei fiori (su tutti, quello della ginestra), costituiscono gli ingredienti fondamentali dell’ acqua di San Giovanni, una delle tradizioni più antiche sviluppatesi nel fabrianese: immerse in una bacinella piena d’acqua durante la notte, venivano utilizzate per lavarsi la mattina seguente ritenendo che rinvigorisse la pelle e l’ organismo.

Anche il noce, albero magico per le streghe che lo attorniavano appena calavano le tenebre del 23 giugno, ricopre un ruolo particolare: dalle noci raccolte nottetempo, infatti, si ricava il  Nocino, un liquore i cui eccipienti includono un mix di cannella, alcool, chiodi di garofano, acqua e zucchero.

Tra le pratiche divinatorie a cui maggiormente si ricorreva rientrano, nel territorio della “città della carta”, quella di predire il futuro tramite la forma assunta dal bianco di un uovo versato in un bicchiere e poi esposto alla rugiada notturna. In particolare, la “divinazione dell’uovo” dava indicazioni sul futuro sposo alle ragazze in età da marito.

 

 

 

Agatha Ruiz de la Prada e Cosima Ramirez, lo stile come un surreale sogno in technicolor

 

Un’ esplosione rutilante di cuori, stelle, fiori, bonbon e bocche “daliniane” si tinge di cromie vibranti e di nuance pastello più soavi, ma altrettanto magiche: predominano il fucsia, il rosso, il turchese, il giallo, l’ arancio, alternati a squarci di verde mela, rosa e lilla non di rado metallizzati. L’ universo di Agatha Ruiz de la Prada è inconfondibile, ma ci stupisce puntualmente con la sua eccentrica giocosità. La collezione Primavera/Estate 2019 della stilista madrilena non sfugge alla regola, trascinandoci in un tornado di gioia di vivere: look che si declinano nelle incredibili forme citate a inizio articolo – non ultima, la sfera che ricorda quella tenuta in equilibrio dalle foche, nei circhi – anzichè mettere il corpo in secondo piano, lo esaltano tramite volumi inediti e sbalorditivi. Top convertiti in enormi caramelle, abiti come birilli, stelle al posto della gonna sembrano usciti da un surreale sogno in technicolor, dove persino i fuseax sfoggiano una palette vivida ed i cuori, che celano le labbra a mò di maschera, vanno a sostituirsi al lipstick in total red.

 

Cosima Ramirez e Agatha Ruiz de la Prada

Di questo pianeta onirico non poteva non far parte Cosima, la ventinovenne secondogenita di Agatha Ruiz de la Prada, che per il fashion show ha proposto le sue Zapatillas Cosmicas (VALIUM ne aveva già parlato qui) in un tripudio di policrome versioni: le chunky sneakers dalla vertiginosa zeppa sono ora in vendita nella boutique on line di ES Fascinante, il sito che vanta i brand più esclusivi e autentici del “Made in Spain”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Photo courtesy of Dream of Beach Night Madrid