Tra musica, ironia e scrittura in versi: incontro con Gasoldo, il poeta del rap

 

Nome: Leopoldo Ulivieri, alias Gasoldo. Segni particolari: un’ ironia travolgente e una dialettica che non conosce eguali. Professione: rapper, scrittore, poeta underground, artista specializzato nel catturare frammenti di stelle per tramutarle in versi. Passioni: scrittura e musica. Non c’è da stupirsi che la genialità di Leopoldo mi abbia immediatamente intrigato e che abbia voluto saperne di più su di lui. Magnetico, eclettico, esplosivo, quando parla è come un fiume in piena. A Milano lavora negli headquarter del designer Neil Barrett, ma nel frattempo porta avanti le passioni che gli bruciano dentro sin da quando era bambino. La musica, appunto (racconta di esser stato partorito “sul cubo di una discoteca”), ma soprattutto la scrittura, in particolare quella in versi, che per lui è diventata la chiave d’accesso ai magici reading show dell’ Infusione (serate che coniugano poesia ritmica visuale e delirio logico) ideati dalla Contessa Pinina Garavaglia. Il suo incontro con il rap ha fatto sì che l’ arte di scrivere e l’arte dei suoni si fondessero in modo ideale: i brani di Gasoldo sono uno sfavillante mix di musica e poesia (sia metropolitana che dell’ anima) imbevuto di ironia potente, un dettaglio da non trascurare. Perchè nelle sue lyrics Gasoldo racconta se stesso, o meglio, esprime una visione del mondo del tutto personale. Non senza toccare problematiche universali, naturalmente: è in grado di rappare su un fenomeno come quello delle sette religiose e, subito dopo, di affrontare il tema dell’ addio amoroso con una profondità incomparabile. Evita accuratamente di nascondersi dietro l’ oggettività; ci rende, al contrario, partecipi del suo punto di vista. E al tempo stesso prende le distanze da stereotipi e da leitmotiv ricorrenti nella new wave del rap, sempre fedele all’ intento di affermare la propria identità e il proprio credo. Ho incontrato Gasoldo in occasione di una ghiottissima news, l’ imminente uscita del suo nuovo singolo “Io & te per sempre”. Arricchito da un featuring con Erica Mengod e prodotto da Andrea Bonato aka Bitinjuice, con il quale Ulivieri ha fondato la TempiINversi Records, il brano vedrà la luce il 12 Novembre. Ci siamo quasi, insomma! Mentre inizio il countdown, vi invito a leggere questa intervista fiume dove è proprio il poliedrico rapper ad introdurvi nel suo straordinario universo. Preparatevi a farvi ammaliare da un flow irresistibile, da un turbinìo inarrestabile di parole a cui manca solo un sottofondo musicale…

 

La cover di “Io & te per sempre” (feat. Erica Mengod), il nuovo singolo di Gasoldo. Artwork by Charmante Folie

 

Leopoldo, potresti presentarti ai nostri lettori? Raccontaci chi sei e qual è il tuo background.

Dovrei scrivere un romanzo, le risate come le trascriverai? Sarò sincero e spontaneo come sempre. La spontaneità è un po’ un difetto di fabbrica, nel senso che poi spesso le persone non riescono a capire quando sei serio o quando scherzi. Anche se qua non si scherza, eh! È una sottile linea, ma in fondo è divertente anche così. Non mi piace sintetizzare una domanda così importante. Vai a spiegare che nasco poeta underground e fraintendono: il destino con la destinazione, la destinazione con la meta. Il viaggio con l’iperbole e via discorrendo. E qui si aprono capitoli su capitoli…Sono come un gatto che corre nei vicoli di notte fra mille pericoli. Eccomi di nuovo a cavallo del tempo che fugge galoppa distrugge come un leone in gabbia che fa? Rugge. Ecco, vedete, è interessante osservare che il termine “rugge” venga sottolineato come errore dal correttore automatico. Incredibile ma vero, direi. È un po’ come la musica che si sente adesso. Orribile e artefatta, non trovate? Manca proprio di poesia, di sentimento. È fredda. Falsa. Finta. Si sente che è fatta solo per un tipo di business da avvoltoi. Cara Silvia, la tua domanda è troppo complessa anche per uno come me, poi qui siamo in tre…e giro al largo lontano da ingorghi attraverso borghi e sobborghi, e  divago tra i sentimenti come il Dott. Zivago, sono scrittore poeta son rapper son quello che sono, così come sono, verso i miei versi in un verso, declamo reclamo proclamo sono un dolce frastuono nell’universo. Mia fantasia finché lei c’è veglia su me stasera sei mia stellare poesia andiamo partiamo prendiamo ogni cosa che sia veramente importante in totale? Niente lasciamo la gente di sempre in tempesta in balia tra la nebbia la noia la rabbia mai vista in questa con questa per questo sei mia solare poesia tu rendi chiara di luce la via nel sentiero vola un pensiero e se scrivo ci credo poeta sicuro vola il pensiero più duro e maturo e capisco e siluro e contagio la via nel tempo prezioso prezioso che sia preziosa follia i fogli miei sparsi in corsia dove la musica regna sulla pazzia. Niente, dai: passo direttamente alla seconda domanda senza passare dal via! E così sia. (ride fragorosamente, ndr)

 

Un’ immagine epica: Leopoldo (a sette mesi) come Gesù Bambino, circondato dai suoi fratelli, in una foto destinata ad un biglietto di auguri natalizio per i parenti e gli amici di famiglia. Lo scatto è di Silvio Nobili, noto fotografo di moda che realizzò anche la copertina dell’ album “Amore e non amore” di Lucio Battisti

Ma tu, quando eri piccolo, che cosa avresti voluto fare da grande?

Lo scrittore, anche se giocavo molto bene a pallone. Poi ho conosciuto il rumore di una traversa che probabilmente è ancora lì che trema. Ho conosciuto il sapore della delusione e della sconfitta, ho conosciuto me stesso, il rap e le donne. Da lì è cambiato tutto. Ho capito che per conquistare una ragazza non c’è per forza bisogno della bellezza fisica, anche se quella aiuta, dei soldi, dei classici stereotipi del calciatore con le veline. Bastava usare un po’ di fantasia e molta poesia. Infatti ad una delle mie prime fidanzate scrivevo ogni sera un sonetto, un testo, un pensiero…infatti…mi ha mollato. La poesia non piace. È scomoda. Quasi mette in imbarazzo. Come il rap, insomma. Anche se io non ho mai mollato né la scrittura né la musica, anzi. Ho raddoppiato. Ho insistito, ho continuato. Quando si va a fondo, o risali o stai li. È carattere sapere reagire. Nella sofferenza scrivere mi ha sempre aiutato. Nelle situazioni peggiori della mia vita riuscire a scrivere mi ha dato la forza per andare avanti e provare a superare determinate situazioni, spesso molto difficili. Scrivevo al buio, sui muri del baratro. Una sorta di preghiera, quasi. Un dialogo continuo, un grido insistente. In rima, poi, è una ricetta perfetta. Devi per forza di cose usare la materia grigia. Credo, pensandoci, che già da piccolino utilizzassi la scrittura come terapia. C’è chi si rilassa con la grappa…e chi scrivere testi e li rappa poi stappa…

Poi hai incontrato il rap, ed è stato subito colpo di fulmine. Ma ancora prima, appunto, la scrittura…

Per me è un piacere scrivere, per me è un dovere scrivere. Devo tanto alla scrittura e lei non mi deve nulla anche se adesso mi sta ripagando. Scrivere per vivere e viceversa, scrissi tanto tempo fa e la storia non è cambiata granché senonché adesso scrivo direttamente sulla musica, cosa che prima non facevo. Le parole scritte, secondo me, se messe giù bene sono già abbastanza musicali, come avrete provato ad assaporare con la prima domanda, ma se non le accompagni con un beat potente è tutto vano. Prima cercavo di adattare quello che avevo scritto su una base, poi conoscendo il mio produttore (Andrea Bonato aka Bitinjuice) è cambiato tutto. Una mente geniale al servizio della musica. Un vero professionista del suono. L’Ennio Morricone della musica elettronica. Eclettico al punto giusto. Schivo coi social. Estremamente concreto. Pragmatico. Pratico. Oltre alla fantasia ci vogliono delle regole, ci vogliono delle strutture logiche che, a volte,  riesco a rispettare…adesso scrivo direttamente sul brano e tutto prende forma in maniera diversa, più armonica, più concreta. Il cerchio si chiude. Ed ogni giorno una dedica non succede tutto subito. Se non hai un produttore forte che crede in te e nel progetto o che lo fa di mestiere, puoi essere anche Mandrake ma non ti muovi. Sei fermo. Non viaggi. Vai a tentoni, boccheggi. Insegui miraggi.

 

Gasoldo nel video di 7 (Sette)

Torniamo al rap: come è scoccata la scintilla e quando hai deciso di dedicarti a questo genere musicale?

Il rap è una conseguenza naturale dello scrivere, è la sua evoluzione naturale se si ha una certa attitudine verso quell’universo. Ti deve piacere e lo devi vivere in tutte le sue sfaccettature. La bellezza e l’adrenalina prima di esibirsi davanti a un pubblico. È un modo unico ed estremamente moderno per imprigionare dei concetti che se no resterebbero intrappolati sulla carta e dimenticati (per chi scrive ancora sulla carta, o persi in una bozza su un computer) e farli emergere con la musica e lì inciderli, scolpirli in maniera tale che riescano ad arrivare diretti al padiglione auricolare e da lì far scattare delle emozioni nell’ascoltatore. Incidere delle parole nel vero senso della parola. Scalfirle insieme in un connubio assolutamente unico, all’unisono, inseparabili e quasi irripetibili. Mi piace dare il giusto peso alle parole. Il rap è un’arma fantastica per esprimere dei sentimenti forti e potenti in rima prevalentemente. Ma è anche saper sperimentare.  Bisogna saperlo fare. O sbattersi molto per imparare e avere la costanza di insistere. Un po’ come con tutte le cose, direi. Anche perché una canzone, bella o brutta che sia, rimane unica. I pensieri scritti rimangono anche loro, è vero, ma è forse più difficile al giorno d’oggi farli emergere e farli arrivare a un pubblico più vasto. I libri se non si consumano, anche quelli vanno al macero. Non mi piace proprio il concetto di musica usa e getta. Eppure molti sanno farla benissimo. Beati loro. Quando ho deciso esattamente? La storia è lunga. Provo a farla breve. E’ andata così. Alberghiero indirizzo cucina, giorno dei più classici di occupazione. Bighellonavo tra le classi con i miei amici scapestrati, entriamo in una di queste e sento un ragazzo che fa freestyle, si diverte molto e fa divertire. È molto bravo, genuino rappa, ma al tempo stesso canta. Però c’è un velato malessere, c’è qualcosa che gli sta esplodendo dentro. Ci sono gli stessi sentimenti contrastanti che ho nella mia testa. Credo. Riesce a buttare fuori tutto e a intrattenere, incredibile, sputa veleno ma lo fa col sorriso di uno che ha già vinto e perso tutto. C’è rabbia, rancore, poesia, c’è l’ubriachezza della vita, c’è il disagio di sentirsi il più forte di tutti ma di non riuscire a dimostrarlo. C’è l’allenamento la dedizione c’è la passione. Quello sono io? Io che scrivevo già da una vita e di veleno ne avevo accumulato parecchio. Come sempre. Troppe falsità in una società così meschina. Troppe tavolate imbandite di bugie. Io e la mia esistenzialitá turbolenta. Io e tutti i miei scritti. Le mie paure. I miei sogni. Le speranze. I miei sfoghi da ragazzo che ha già vissuto sulla pelle il disagio esistenziale. Poi sono tornato a casa la sera, e quella notte mi è apparso in sogno mio nonno Gastone che da un’astronave aliena vestito col frac usava il bastone come mic ed il jack nella radio rappava il suo jazz. Da lì sì ho capito tutto. Esistono gli alieni. E ballano pure. Quindi posso esistere anche io come rapper. In fondo alla folla, Gas, Gasoldo non ti molla!  Avevo visto per la prima volta il volto di mio nonno Gastone. Era lui veramente? Cominciai a cercarlo ma questa è un’altra storia…

 

Il video di 7 (Sette)

Il rap in America è nato dalla strada, come espressione del malessere e come strumento per convogliare l’attenzione su svariate problematiche sociali. Poi è mutato con l’evolversi dei tempi. In molti tuoi brani, tuttavia, noto uno spirito di denuncia (immancabilmente velato di ironia) ricorrente…

Il rap deve essere denuncia. Il rap deve essere satira – intelligente – il rap deve essere poesia ritmica, provocazione acuta. Il rap non solo è capace di “descrivere” qualcosa che non va, ma deve riuscire a dare anche delle soluzioni. Non è solo autoaffermazione o farti capire che razza di inferno sto vivendo. Il rap può arrivare e quando arriva può veramente fare male, far pensare, far cambiare le cose. Il rap dovrebbe unire, non dividere; è uno strumento potentissimo. Ironia massiccia, irriverenza continua, provocazione ma non volgarità. Anche leggerezza, certo, ma odio le volgarità ed i soprusi e la piega che si è presa da anni da noi. Trovo inconcepibile come siamo potuti arrivare allo scempio di oggi, dove per esempio una forma di gentilezza viene scambiata per debolezza e l’arroganza dell’ignoranza si riempie la bocca di luoghi comuni e di saccenza da quattro soldi. La spocchiosità la fa da padrona. I famosi San Tutto Loro, i santi detentori di verità assolute. Degli sfigati. Non parliamo poi del rispetto o di sensibilità…vade retro! Roba che ti denunciano! Lasciamo perdere i vari stereotipi che si sono venuti a creare ma ad oggi per esempio i gentleman sono spariti dalla circolazione. Ma non solo i gentleman. Le buone maniere. Depennate. Annientate. Morte sepolte. Sembra che sia stato cancellato dimenticato nascosto sotto al tappeto un certo tipo di rap. I buoni intenti, la sommossa rivoluzionaria per il bene del prossimo… Sparito tutto. Proprio la base dell’educazione, ma anche senza quella almeno un briciolo di sensibilità ripeto, tipo aprire una porta, far sedere una donna incinta, robe così capito? Siamo al troglodismo puro, totale, barbaro, becero. Così sembra. Così ti fanno vedere. Così vedi. Così vendono. Così telebevi ed è tutto ok!  Bisognerebbe insegnare ed avere dei buoni maestri. Anche se certe cose di base dovrebbero essere scontate, in una società avanzata. Ci vorrebbe una nuova buona onda, una nuova ondata di vero hip hop, soprattutto negli intenti e nelle intenzioni. Anche se poi sappiamo benissimo che fine fanno tutte le ideologie una volta che incontrano il potere e quando questo incontra il denaro. Ormai ciò che è stato è stato, chi ha avuto avuto chi ha dato ha dato. Ma non scordiamoci il passato. E coltiviamo il nostro giardino. Che sia il momento giusto per un nuovo ordine mondiale del rap italiano ? E così nella musica. Effetto domino. Non sono un fanatico, ma il pensiero diffuso prepotente e volgare nei confronti delle donne – altro esempio a cui tengo – è un tema che supera anche la provocazione. Robe arroganti. Non divertenti. Penose. Robe da voltastomaco. Pensieri copiati ed importati ovviamente, ma fatti oramai assolutamente nostri. Uno schifo. Lo senti proprio nei termini che vengono usati. Nei testi. Nelle convinzioni, nell’odio che serpeggia e che senti strisciare. Sembra che siano dei frustrati repressi. Repressi da cosa? Non si sa, forse dalla stessa musica che ascoltano, che è altamente deprimente direi. A me provoca effetti collaterali che vanno dall’orticaria all’effetto tortura Guantanamo. In pillole caramelle Falqui. Passiamo avanti che se no poi mi innervosisco. È un flusso continuo. Il mio lo stesso disco. Allora centomila volte un disco techno. Poi ti svegli un giorno e scopri che è tutto finto. Tutto fake. E il mondo per cui hai lottato e gli ideali che hai inseguito sono una bufala. Quindi anche l’hip hop italiano si è dovuto piegare ad un certo sistema d’importazione, la macchina del business è oliata alla perfezione.

 

Leopoldo/Gasoldo con il pittore e poeta Davide Romanò, autore del dipinto che compare nel video di “Notturno con dedica” (lo trovate qui di seguito)

Come nasce, per te, l’ispirazione?

L’ispirazione nasce da e per le persone che mi stanno accanto, prima di tutto. Fare tesoro delle esperienze. Come si dice, un risultato negativo é pur sempre un risultato. Mandare giù qualche boccone amaro sapendo che la punta della penna scorrerà vertiginosamente sul foglio. Poi invece ho due modi classici, diciamo, di ispirazione; c’è quella irrefrenabile che ti balena in testa e devi subito scrivere e mollare qualsiasi cosa stai facendo e quella invece un po’ più “forzata” in cui decido di mettermi lì concentrato a scrivere. E mi metto sotto torchio per farlo. Da cosa nasce cosa. L’importante è iniziare a farlo, ci sono delle volte che non puoi fermarla e i concetti o le rime che siano vanno subito scritti ed impressi su qualsiasi cosa che sia a portata di mano. In qualsiasi luogo. L’ispirazione nasce anche da tutte le mie lamentele descritte prima, una volta che inizio a scrivere io entro in un’altra dimensione, la quarta e la quinta, viaggio in 3D sfiorando gli 8K e possono passare ore, giorni tipo ai confini della realtà, avete presente? Sindrome di Stendhal. Vedo. Sento. Empatizzo. Ma non sintetizzo. Mi sintonizzo su onde gamma incontrollabili. Arriveranno da dove? Nel buio la luce e viceversa. Nel buio maestoso. Non potrei mai e poi mai dormire con le tapparelle abbassate sai?

 

Leopoldo (il primo a sinistra) con i poeti dell’ Infusione. Al centro, la Contessa Pinina Garavaglia

Cosa pensi della scena rap italiana?

Che scena? Ah, perché in Italia esiste ancora una scena? Faccio fatica a stare dietro alle mie robe, figuriamoci a quelle degli altri. Però sono uno che si sbatte anche per gli altri. Poi sicuramente e magari sbagliando, ho cercato di ascoltare il meno possibile. Soprattutto per non inquinarmi le orecchie e tutto l’apparato uditivo. Io più che una scena vedo dei singoli che (giustamente) tirano il rap al proprio mulino. O l’acqua o il vino. La scena è oscena fatta di trash e di gossip. La scena fa pena e un po’ sono in pena farei una novena mentre la folla si scatena chissà se cambia qualcosa o mi parte la vena? Vogliamo roba stilosa! Scusa! Cosa? Perdo il filo! Dicevo. Ho cercato di ascoltare il meno possibile. Proprio per evitare di seguire una certa influenza/cadenza – di classico rap italiano – molti mi danno dell’old school ma non riescono a decifrarmi, non riescono a etichettarmi e questa cosa mi rende estremamente orgoglioso. La purezza del verbo. L’assenza di flow è flow puro al cento per cento. Diciamo che nella mia follia ci tengo ad essere originale. Penso si sia capito ormai. E qui, più che isteria da ragazzini, di prime donne non ne vedo. Bravi quelli che riescono a fare delle porcate e campano con quelle. Tutto lontano anni luce da me e dal mio pensiero. Tutto lontano dall’essenza dell’hip – hop che per carità, si evolve…ma qui penso ci sia stata una involuzione più che una vera rivoluzione. Lungi da me il gossip, le polemiche le cavolate funzionali create a tavolino per fare hype. Lontano dal centro marchette di finti professionisti faine. Lontano da tronisti galli galletti e galline. Tutta fuffa. Tutto fumo negli occhi. Una truffa. Stiamo arrivando. C’è qualcuno che detta le regole del mercato. I marchettari di lusso. Per esempio io sono un cultore del rap russo. Dove la musica hip hop è arrivata molto dopo. Il rap russo ha sviluppato più le tecniche linguistiche sul beat che la musica stessa. Quindi troviamo un universo di rime e genialità su sonorità un po’ meno evolute a livello proprio di suoni. Anche se oramai anche qui i beat spaccano decisamente. Il cocktail è esplosivo. In Italia invece seguiamo sempre i filoni che funzionano e la situazione è…stagnante. Sfiora il ridicolo. Una volta c’era il rap frash adesso cè la trap tresh  e lo sdoganamento della Drill U.K., altra roba importata. Mistero come a parte “O sole mio” ed i Måneskin l’Italia non riesca ad avere una sua identità con un genere che dà grande spazio a qualsiasi sperimentazione. Nonostante tutto nutro grande rispetto per quelli che ci provano e in tanti ci provano, ma pochi ci riescono perché si perdono nelle acque putride della melma che li circonda. Tutto ciò è ripugnante, se guardi il passato coltellate alle spalle. Io suggerisco a tutti di riuscire ad arrivare alla consapevolezza della strada verso l’indipendenza, il fai da te può portare molte più soddisfazioni del rincorrere qualcosa di difficilmente raggiungibile e soprattutto di ciclostilato. Ribadisco. Insegui il successo? Quella è la porta, ma la porta del cesso. Meglio originale  e sconosciuto così come sono. Con Internet oggi può anche sembrare essere tutto più semplice rispetto agli anni in cui portavi il tuo CD/demo porta a porta alle case discografiche. Oggi si sono azzerate le distanze e i costi sono dimezzati, è tutto più accessibile e fruibile, quindi per un musicista le possibilità sono potenzialmente enormi.  Il porta a porta funziona sempre. Ma c’è anche molta più concorrenza. Perciò devi offrire una qualità di livello molto più alto. Altissimo. E devi avere un cervello collegato 4.0. per saperti districare in un mare di robe da fare. Molti lasciano la musica, ma la musica non ti abbandona di certo anche quando non hai i risultati sperati. Rinunciano a fare musica perché nessuno se li fila di striscio, ma se come te ce ne sono altri cento uguali! Distinguiti oppure estinguiti. Perché tanto qualcuno si riempie sempre le tasche e il mondo va avanti uguale anche se sei il più originale in assoluto. Prova coi talent, magari lì ti capiscono. E diventi un fenomeno. Passeggeri, allacciate le cinture: si parte.

 

Due fotogrammi del video di “Gasoldo, cosa stai facendo?”

Esistono artisti che ammiri particolarmente?

Ho una serie infinita di artisti che stimo. Con alcuni ho anche un buon rapporto d’amicizia. Stiamo provando a costruire qualcosa di importante. Se non altro per noi stessi. Sono facili da reperire nelle mie playlist su Spotify e sono un bel mix di nuova generazione e vecchie conoscenze del rap italiano. Però quella di cui vado più orgoglioso è questa: Music Is the answer Italia  (https://open.spotify.com/playlist/1H7mGLLnSfp7d8Mg2Q1v8q?si=F7gxKakOT1GRQRpnI62-ew&utm_source=copy-link). Dò la possibilità gratuitamente a vari artisti di farsi conoscere e di aggiungere qualche stream in più alle loro produzioni. Anzi, chi volesse partecipare mi scriva pure su Instagram. Quando qualcuno ti reputa fonte di ispirazione per il suo rap vuol dire che magari non è proprio tutto cosi da buttare. Quando qualcuno ti stima veramente accresce l’autostima e ti spinge a fare meglio. Ti spinge a continuare. Non lo sa, ma ti incita come un coach. Non c’è niente di più soddisfacente che sentirsi dire sinceramente “Dai, insisti”! Nonostante io sia praticamente uno sconosciuto. Un cantante muto sputo rime per diletto ecco il delitto perfetto sono un Sig. rapper Qualunque che ama pure far del qualunquismo e dunque la roba fantastica è che io sono incopiabile perché sono unico ed irripetibile. Neanche il mio clone saprebbe rappare come rappo io. Sono i miei pensieri e difficilmente qualcuno può o riuscirà mai ad entrare nella mia testa. Nel mio vissuto nella mia esperienza, e questa intervista ne è la prova. Potete pure attingere se volete. Fate pure. Basta che in fondo siate sinceri con voi stessi almeno quando scopiazzate. (ride, ndr.) Tanto ancora non avete sentito nulla…Come dice Bitinjuice, il pezzo migliore ancora deve uscire e sarà il prossimo…

Durante la nostra lunga chiacchierata mi hai detto che adori lo “slam poetry”. Potresti approfondire con noi l’argomento? Immagino che sia un interesse direttamente associato al tuo amore per la scrittura in versi. O sbaglio?

Si ! Praticamente è quello che ho sempre fatto senza conoscerne il nome e cioè interpretare quello che si è scritto senza musica di sottofondo o di accompagnamento. Domanda al lettore. Chi furono i primi a sfidarsi in gare di freestyle? Gli americani, direte voi. Assolutamente no! In pochi sanno che che i primi di cui si ha conoscenza che facessero sfide di freestyle furono i poeti dell’antica Grecia. Nella più classica delle forme di immaginazione, in un anfiteatro con la tunica bianca a colpi di rime. Da un pò di anni anche in Italia ci sono un sacco di iniziative e talenti incredibili che praticano questa forma artistica di intrattenimento a molti ancora sconosciuta. Non vedo l’ora di poter sfidare chi detiene lo scettro in Italia, che sarà mio perché io sono il numero uno.

 

 

Nel 2008, insieme a Andrea Bonato (Bitinjuice il suo nome d’arte) hai dato vita al progetto “TempiINversi”. Che ci racconti di questa avventura?

Questa non è solo un avventura.  Questi siamo noi. TempiINversi è un concentrato di energia pura. È alchimia unica è magia. Difficile anche per me spiegare il legame viscerale che ci unisce. Credo che a parlare siano le nostre produzioni disincantate e spettacolarmente underground per il piacere di creare qualcosa di unico e da spararsi in cuffia H24 durante tutta la giornata. Più ci ascolti in loop più entri nella nostra storia, più capisci e apprezzi. Ci devi conoscere. Una volta che ci conosci, difficilmente non ti piace quello che facciamo. Sia per quanto riguarda il sottoscritto con i suoi rap, sia per quanto riguarda Bitinjuice con le sue produzioni, che è l’universo musicale di TempINversi. https://open.spotify.com/artist/1kiGBBb4DAJLzyj2SIqWMr?si=f0h-tvlwRLGBSC7ThH56Rg&utm_source=copy-link Una sorta di balsamo per l’udito creato dal sapiente druido Panoramix per infondere energia ad Asterix ed Obelix durante le numerose battaglie che la vita ti mette di fronte.

 

Il logo di TempiINversi

Tra gli artisti di TempiINversi, peraltro, spicca un’autentica icona della nightlife come la Contessa Pinina Garavaglia. Su quali perni si incentra la vostra sintonia? Pensate di regalarci delle nuove perle musicali a breve?

Io nasco su un cubo di una discoteca in una notte di maggio a suon di musica elettronica. Mia madre mi partorí li. Ballavano tutti. Il Dj screcciava. Con la Contessa, con cui collaboro da anni, ho un rapporto speciale: mi ha battezzato con le sue performance teatrali e sono uno dei suoi poeti di punta nelle serate Infusione  – Poesia ritmica visuale e delirio logico. Dal suo salotto alle performance in discoteca passando, oggi, dalla radio. Poesia ritmica visuale e delirio logico, dicevo, di cui sono il massimo esponente. Persona di infinita cultura, spesso mi dice che scrivo come Joyce nel suo Ulisse, che son più matto di Bukowsky e al tempo stesso geniale come Voltaire con il suo Candido. Insomma, tutta roba per me noiosa e che fatico pure a leggere. Mi addormento. Io ho bisogno di azione reazione come scrisse il grande Andrea. G. Pinketts (dove G. sta per Genio) nella sua prefazione del mio primo romanzo. (“Le strabilianti (dis) avventure di Gasoldo”, ed. Costa&nolan 2007). Mi riempie il cuore ricordarlo ed ogni volta ringraziarlo. Io preferisco, come avrete capito, più l’ironia alla “Dovlatov“: per chi non lo conoscesse, invito caldamente a cercarlo e leggerlo.  Dopo i successi di “Iconic”, “Disco Dreams” e “Forever young”, vi svelo in anteprima che Bitinjuice sta lavorando al quarto brano della Contessa Pinina Garavaglia, sorpresa anche per lei mentre starà leggendo questa intervista.

 

La copertina di “Le strabilianti (dis)avventure di Gasoldo”, il libro che Leopoldo ha scritto nel 2007. La prefazione è a cura di Andrea G.Pinketts

Un divo: Leopoldo intento a firmare autografi dopo l’uscita del suo libro

Ho l’ onore (oltre che il piacere) di annunciare in anteprima ai lettori di VALIUM che il 12 Novembre uscirà “Io & te per sempre”, il tuo nuovo disco, con il featuring di Erica Mengod. Potresti parlarcene?

Erica Mengod è una delle voci più belle che ho avuto il piacere di ascoltare e la perseveranza di averci voluto a tutti i costi collaborare. Bitinjuice ci ha indirizzato e dato carta bianca con una struttura spettacolare. E una cura delle voci che ha dell’incredibile. Ognuno ha scritto la sua parte, ognuno l’ha scritta, empatizzata, amata e interpretata. Con un argomento che può sembrare scontato. Ma qua di scontato non c’è nulla. Con noi non c’è mai nulla di scontato. Se poi si tira in ballo un argomento come l’amore…L’amore…Avete mai amato veramente qualcuno, nella vostra vita? Siete stati mai amati? Cosa fa muovere tutto? Che sentimento è l’amore? In una parola così ci sono dentro un infinità di universi. L’amore è allucinante. Fa muovere qualsiasi cosa. Fa fare cose pazze. L’amore non è una scusa. L’amore agisce. E non accetta scuse. L’amore è quasi follia. L’amore è una cosa seria. Ci fa grandi e piccoli allo stesso tempo. Ci porta all’esaltazione dell’io. L’amore è il motore della vita stessa. L’amore è forse Dio? Non lo so, ma l’amore ti fa stare da dio. È il sentimento più assurdo che l’anima dell’uomo potesse creare. È il sentimento più vero che esiste. L’amore è il fulcro, il centro di tutto. Questo non è il testo della canzone, ma una mia improvvisazione. E quando un amore finisce? O quando l’amore svanisce?

Ti piacerebbe una carriera “a tempo pieno” nella musica? E abbandoneresti volentieri i meandri underground per il mainstream?

Stiamo arrivando. #TempiINversi rulez ⚡ !

 

Gasoldo live

Con Clubradio06 stai portando avanti svariati appuntamenti che ti vedono protagonista. Facci sapere qualcosa di più, e soprattutto quando possiamo ascoltarti.

Con Marco Nardoni, il fondatore di Clubradio06, è nato subito un ottimo feeling. Ci siamo capiti al volo e sta nascendo una bellissima collaborazione, tanto che “Io & Te per sempre” (feat. Erica Mengod) sarà trasmessa in esclusiva venerdì 12  novembre 2021 alle 14:00 solo su clubradio06.com all’interno del programma rap Zonahh e al tempo stesso in tutti gli store digitali. Un’ idea gagliarda per ascoltare questo brano bomba in diretta! Con una sorpresa speciale. Siete ovviamente tutti invitati. Vi invito anche a scaricare l’app di clubradio06 che è leggerissima e così potete sintonizzarvi con un programma di ottima musica elettronica 24/24 7 giorni su 7. https://play.google.com/store/apps/details?id=com.xdevel.clubradio06 Inoltre, con dj Seven e la Contessa Pinina Garavaglia siamo in onda con l’Infusion Power tutti i sabati allo scoccare della mezzanotte. Invece sabato 13, alle ore 21:00, presenteremo il video di “Io & Te per sempre” su YouTube in collaborazione con l’eccezionale sand artist russa di fama internazionale Katerina Barsukova e Charmante folie, videoartist del progetto nonché stylist di tutti i progetti TempiINversi

Hai dei progetti in vista che ti piacerebbe anticiparci?

No (ride, ndr.), non basterebbero le pagine del tuo blog! Preparatevi ad emozionarvi ancora! Buona musica sempre a tutto Gas! Grazie a tutti! Un saluto ai lettori di VALIUM, peace! Spero non vi siate addormentati!

 

Link YouTube

Gasoldo

https://www.youtube.com/user/gasoldo

Bitinjuice

https://www.youtube.com/channel/UC6lqm3JbPyN2IEz8ukOG1IQ

 

Gasoldo durante un’ esibizione in stile Azteco

Ancora uno scatto di Gas dal vivo

Una foto di backstage dal video di 7 (Sette)…

…e un’ altra risalente all’ uscita del libro “Le (dis) avventure di Gasoldo

 

(Photo courtesy of Leopoldo Ulivieri)

Nel cuore dei boschi autunnali

 

” Ottobre è il mese delle fronde dipinte. È allora che prendono a brillare in tutto il mondo del loro suntuoso fulgore. Come i frutti e le foglie, – anzi come il giorno stesso –, poco prima di morire, si vestono di colori luminosi, così fa l’anno prossimo al suo termine: ottobre è il suo cielo al tramonto; novembre, il crepuscolo che a quello segue. Qualche tempo fa ho pensato di darmi la pena di raccogliere un esemplare di foglia per ogni albero, arbusto o pianta erbacea, quando ciascuno di essi fosse giunto ad acquisire la gradazione più brillante di quella caratteristica accensione cromatica colta nel suo virare dal verde al bruno, per poi disegnarne le forme e colorarle con pigmenti adatti, riproducendone esattamente le varie tonalità in un libro che potrebbe intitolarsi Ottobre, o Colori d’autunno; – a cominciare dalle prime vampe rossastre dei caprifogli e dalle lacche delle altre rampicanti, per giungere in ultimo – attraverso gli aceri, i noci americani, i sommacchi e le tante varietà di arbusti forse meno noti, ma dalle fronde comunque altrettanto meravigliosamente screziate, – alle querce e ai pioppi tremuli. Che bel promemoria potrebbe costituire un libro del genere! Sarebbe sufficiente sfogliarne le pagine per ritrovarsi a passeggiare nel cuore dei boschi autunnali ogniqualvolta ci colga l’uzzolo di farlo. “

 

Henry David Thoreau, da “Colori d’autunno”

 

 

 

 

 

“Le sorelle Chanel”: un libro per celebrare il 50esimo della morte di Mademoiselle

 

Il 10 Gennaio del 1971, a Parigi, moriva Coco Chanel. Il cinquantesimo della sua morte rappresenta un’ ulteriore occasione per celebrare una stilista che è già un’ indimenticata icona: senza dubbio, la più nota ed osannata couturière del panorama mondiale. Rivoluzionò il concetto di moda e di stile, impose una nuova femminilità, i capi che creò sono immortali. E, last but not least, fu uno dei primi esempi di “self-made woman”, tanto per usare un termine che con la sua vita calza a pennello: alle spalle non aveva una famiglia abbiente, ne’ dei prestigiosi studi nel settore. Eppure, il suo background fu altrettanto formativo delle migliori scuole. In questi giorni ce lo racconta un libro, “Le sorelle Chanel”, firmato dalla scrittrice statunitense Judithe Little e pubblicato dalla casa editrice Tre60. L’ ennesima biografia di Gabrielle Bonheur Chanel, vi state chiedendo? Niente affatto, o meglio: una biografia, certo, ma approfondita da un punto di vista sicuramente inedito. Judithe Little sceglie Antoinette (detta Ninette), la minore delle tre sorelle ChanelJulia-Berthe era la maggiore, Gabrielle la mezzana – per dar voce ad un racconto sincero e spassionato sul loro percorso esistenziale. Figlie di Henri-Albert Chanel, un venditore ambulante, e di Jeanne DeVolle, dopo la morte della madre le tre sorelle vengono affidate alle cure delle suore dell’ orfanatrofio di  Aubazine. Alphonse e Lucien, i due figli maschi di Henri-Albert e Jeanne, trovano invece rifugio presso una famiglia di agricoltori che aiutano nelle incombenze quotidiane. Per anni Julia-Berthe, Gabrielle e Antoinette vivono nella speranza che il padre le porti via dall’ orfanatrofio e le tenga con sè, finchè capiscono che ciò (nonostante le promesse iniziali) non avverrà mai. Continuano quindi a respirare le austere atmosfere del convento di Aubazine, dove le suore le abituano a una severa disciplina e sono obbligate ad indossare una spartana divisa. Non tutto, però, in quei luoghi è rigidità e rigore. Tanto per cominciare, le sorelle Chanel imparano a padroneggiare l’arte del cucito. Il monastero stesso, poi, si tramuta (soprattutto per Gabrielle) in una profonda fonte di ispirazione. Narra Antoinette all’ inizio del libro: ” Certi dettagli di Aubazine sarebbero rimasti con noi per sempre. Il bisogno d’ordine. L’ amore per la semplicità e il profumo di pulito. Uno spiccato senso del pudore. L’ attenzione per la cura artigianale, le cuciture impeccabili. La serenità del contrasto tra bianco e nero. Le stoffe ruvide, sgualcite, dei contadini e degli orfani. “…I rosari che cingono la vita delle suore, i mosaici intrisi di una simbologia mistica fatta di stelle e mezzelune, le vetrate istoriate, gli stessi spazi ampi, sgombri e desolanti del convento rappresentano dettagli che fomentano l’ immaginazione. Se di giorno è la disciplina ad imperare, di sera le sorelle – complici i libri e i magazine femminili – si abbandonano al sogno di un’ altra vita, dove l’eleganza, il lusso e il fascino sono i protagonisti principali. Ogni minima suggestione assorbita ad Aubazine entrerà a far parte dell’ archivio ispiratore della futura Maison Chanel, della sua iconografia, sia per quanto riguarda gli abiti che i bijoux. Quando a diciotto anni Gabrielle e Ninette lasciano il monastero, sono più determinate che mai: a Moulins lavorano e si perfezionano nel cucito, ma frequentano assiduamente anche i Café-Chantant (dove Gabrielle si esibisce come cantante per un periodo), a Vichy le si può incontrare nelle sontuose sale da concerto, ma è a Parigi che inizia la loro grande avventura. Coco Gabrielle viene così ribattezzata grazie al titolo di una delle sue canzoni, “Qui a vu Coco?” – inizia a creare cappelli nella Ville Lumière, e poco dopo (finanziata dal suo grande amore Boy Capel) apre la storica boutique di Rue Cambon 31. Ai cappelli, che riscuotono un successo incredibile perchè sono semplici pagliette ornate da fiori o piume, segue la creazione dei suoi capi di vestiario, innovativamente pratici e essenziali, e poco tempo dopo l’ apertura di boutique Chanel in esclusive località balneari quali Deauville e Biarritz. Ninette affianca la sorella costantemente, ma la Prima Guerra Mondiale segna un punto di svolta decisivo. Per Coco e Antoinette è una nuova lotta, ma stavolta mette in gioco la sopravvivenza, la realizzazione di sè e un’ inevitabile separazione. Il resto è storia: la Maison Chanel rimane un colosso della Couture, mentre per quanto concerne il rapporto tra le due sorelle vi rimando al libro senza fare spoiler. “Le sorelle Chanel” si accinge ad uscire in ben dieci paesi. E’ risaputo che Coco Chanel non amasse parlare della sua vita nè della sua famiglia, e che nel tempo si “costruì” un passato imbastito perlopiù sulla fantasia. Puntare su Antoinette come narratrice ha permesso a Judithe Little di rimuovere il velo della finzione per conoscere la verità così com’era, nuda e cruda. Ma le parole della minore delle sorelle Chanel non rivelano solo una realtà abilmente camuffata, bensì il grande dolore che sottostà a questa rielaborazione: il dolore dell’ abbandono, una ferita per sempre sanguinante nell’ esistenza di Coco/Gabrielle.

 

Foto di Coco Chanel via chariserin from Flickr, CC BY 2.0

 

Sulle tracce del Principe Maurice – Fase 2: tra bilanci, Flassy Mask e doverose considerazioni

Il Principe “au naturel”, baciato dal sole e immerso nel verde

La Fase 2 dell’ emergenza Coronavirus è appena cominciata, e VALIUM prosegue il suo percorso sulle tracce del Principe Maurice. E’ un percorso ricco di sorprese, dove profonde riflessioni e un’ incisiva vis critica si alternano al mood giocoso di Maurice: a fine lockdown (o quasi), la nostra conversazione telefonica straborda di sprint e spirito propositivo. La quarantena, con i suoi tempi dilatati e l’azzeramento di ogni precedente stile di di vita, ha accentuato più che mai la voglia di reinventarsi del Principe. Nella casa-atelier della costumista Flavia Cavalcanti ha trovato il modo di continuare a fare, a creare, lasciando un doveroso spazio alle considerazioni sulle professioni del mondo della notte e al loro futuro. Intanto, l’ “icona notturna” per eccellenza vive di giorno e lancia già nuovi progetti e iniziative: li scoprirete qui di seguito, leggendo l’ intervista. Posso anticiparvi che non cessa mai di rimanere accanto ai fan, anche solo con il pensiero. E che i limiti imposti dalla pandemia non scalfiscono la sua indole costruttiva, perchè tutto ciò che fa lo fa con passione. Mettendoci il cuore sempre. Ormai lo conosciamo bene…Al punto che potremmo dire, con Stendhal, che “la passione non è cieca, è visionaria”: nessun aforisma sembra più adatto a descrivere il Principe Maurice e il motore che lo anima.

La tanto attesa Fase 2 è appena cominciata: qual è il bilancio della tua quarantena in quel di Milano?

La mia quarantena è stata tutto sommato piacevole, con i limiti e le angosce di chiunque. Come vi ho detto nella puntata scorsa sono ospite di Flavia Cavalcanti e stiamo procedendo nella sistemazione dei suoi archivi, della sua casa atelier, abbiamo addirittura fatto dei lavori di decorazione…Diciamo che in due, tutti e due creativi, il tempo passa e si riesce ad investirlo bene. Poi, sto implementando i miei studi musicali: mi sono procurato una piccola consolle con la quale sto prendendo confidenza per gestire in modo ancora più professionale il mio ruolo di emotional dj. E’ un’ottima consolle virtuale della Pioneer che si collega al computer e mi dà la possibilità di lavorare meglio. Mi sto divertendo molto! Ho anche fatto un piccolo corso con un dj e produttore discografico mio amico, Alessandro Panicciari , che mi ha dato delle dritte per poter utilizzare al meglio questo strumento. Flavia aveva comprato la consolle tempo fa perchè era ne rimasta intrigata, poi me l’ha regalata perchè era sempre molto presa dai suoi costumi! Per cui, ora sarò un po’ più attrezzato nel mio ruolo di dj per dinner show, cocktail e vernissage. Voglio precisare, non sono un dj vero e proprio. Mi definisco, piuttosto, un emotional selector: è la visione che sto implementando in questo periodo in cui abbiamo tempo a sufficienza per organizzare, per pensare…Il mio futuro, molto probabilmente, mi vedrà vestire anche quei panni. Dal punto di vista umano, invece, le sofferenze della quarantena sono tante, perché io sono un animale sociale e detesto la solitudine. Ma il fatto di essere in due, con quella persona straordinaria che è Flavia, è positivo di gran lunga. Anche se la visione un po’ fumosa di questa Fase 2 sta inquietando tutti e ha cominciato ad inquietare anche me. Ho notato che negli ultimi periodi, purtroppo, non ho più ritmi: mi sveglio frequentemente di notte, mi addormento di giorno, comincio a essere stufo…è un fenomeno che mi dà un po’ fastidio. Se consciamente sto passando bene la quarantena per i motivi che già ti ho detto, dal punto di vista inconscio certe paure che ci instillano continuamente, certe insicurezze stanno iniziando a logorarmi: questa preoccupazione nelle retrovie del cervello sfasa la gestione dell’ansia.

 

La nuova consolle del Principe

Balou, ospite fisso di casa Cavalcanti

Cosa hai imparato su te stesso, in questi giorni?           

Posso dirti che, in realtà, non ho fatto altro che avere la conferma di quello che sapevo di me: mi conosco bene. La circostanza indubbiamente è particolare, però io sono già passato attraverso fasi di dolore, senso di perdita, cambiamento dal punto di vista professionale, per cui so bene come mi comporto. Cerco di rendere positive tutte le esperienze, anche quelle più drammatiche. Non ho scoperto tante cose nuove su di me, però ho scoperto che mi manca il mio lavoro! Soprattutto dal punto di vista dell’incontro con il pubblico. Come sai ho fatto una live su Facebook che mi è piaciuta, dove ho parlato con il cuore…Però mi sentivo un imbecille: mi sembrava una masturbazione mentale l’esibirmi davanti a uno schermo, distratto dai commenti – tantissimi devo dire, voglio ringraziare gli spettatori anche attraverso il tuo blog – che ho letto tutti e ai quali ho risposto. Questo feedback sì, è stato bellissimo, perché essendo assolutamente vergine delle live non ho fatto altro che essere me stesso in quel momento, così come mi sentivo. Non volevo fare qualcosa di roboante con costumi, travestimenti vari…Ho parlato con il cuore in mano, senza filtri. E poi ho individuato una canzone straordinaria, “Because the night” di Patti Smith, e l’ho voluta interpretare in una maniera molto intima, proprio in base al senso profondo che può avere per il mondo della notte, per chi ama la notte, quella canzone lì. Le dirette, in ogni caso, non diventeranno un mio modo alternativo di fare spettacolo: ne sono sicuro! Ogni tanto apparirò, perché queste iniezioni di umanità fanno bene. Sono stato me stesso come lo sono sempre, però in una dimensione più intima ed anche colpita da tutto quello che ci sta succedendo…che è qualcosa di veramente allucinante.

 

In versione “Silver Devil” durante la live con i Datura e Rexanthony

Una domanda quasi scontata: parlami della prima cosa che farai ora, in linea con le nuove misure precauzionali.

Purtroppo, come sai, non ci si può ancora abbracciare o stringere la mano, però ci si può almeno vedere di persona…grazie alle nuove norme sulle visite ai congiunti. Quindi, senza dubbio, presto andrò a trovare mia sorella che abita a pochi passi da Milano. Anche se non posso abbracciarla o stringerla voglio vederla con i miei occhi, guardarla negli occhi davvero e non attraverso lo schermo del telefono o del computer! Voglio ridere e piangere con lei del fatto che siamo ancora qui e che possiamo farcela. Questa è la prima cosa che voglio fare! Metto innanzi a tutto i rapporti più forti, gli affetti più intimi e familiari. Dopodichè, mi piacerebbe ricominciare a diventare progettuale e operativo riguardo alla mia nuova professionalità proiettata per la contingenza sul concetto di dinner show. Aggiungo che il 5 Maggio ho un appuntamento importante: andare alla libreria Mondadori, qui a Milano, per comprare l’ ultima fatica letteraria – “Caffè Voltaire” – della mia cara amica Laura Campiglio. Un libro che doveva uscire a Marzo, ma si è arenato nel limbo delle restrizioni.

 

On stage insieme a Grace Jones, amore mai dimenticato e amica di sempre

A livello di fantasia, invece, qual è la prima cosa che vorresti fortissimamente fare? Cosa ti è mancato di più, durante questa interminabile clausura?              

Vorrei abbracciare chiunque, a diversi livelli a seconda dell’attrazione fisica! A parte questo, una cosa che vorrei fare tantissimo coinciderebbe con due desideri, non con uno solo: prendere l’aereo, andare in Giamaica e abbracciare Grace (Jones, ndr.), che da lontano mi è stata molto vicina così come io sono stato molto vicino a lei. Ho un grande desiderio di viaggiare, di ritrovare i miei amici sparsi in tutto il mondo, ma in particolare di rivedere la mia amica di sempre che è Grace. L’ idea di riuscire a raggiungerla, anzi, mi ispira anche qualcosa di più di un abbraccio! E poi c’è un’ altra cosa, naturalmente: vorrei tanto ritornare nella mia Venezia! Vorrei riuscire a vederla così surreale, così meravigliosamente e drammaticamente surreale. Mi catapulterei nel mio delizioso boudoir, Ca’ Pier, dove c’è un giardino segreto sicuramente fiorito e un pianoforte da suonare fino allo sfinimento…Molte città (compresa Milano), in questo silenzio e nell’ essere così vuote, hanno recuperato una purezza nella loro bellezza.

 

Il libro (freschissimo di stampa) “Caffè Voltaire”…

…e la sua autrice: la scrittrice, giornalista e conduttrice Laura Campiglio

In questi due mesi, comunque, mi giunge voce che tu non sia rimasto con le mani in mano…

Con Flavia abbiamo dato il via a una bellissima iniziativa. Avendo tanto tempo a nostra disposizione, abbiamo fatto questa considerazione anche per il fatto che sono soprattutto io, tra i due, quello che esce a fare la spesa e deve quindi indossare la mascherina chirurgica. Funzionale, per carità, ma brutta! Siccome il senso dell’estetica in noi è potente, sono nati degli input anche da fuori: perché Flavia Cavalcanti, così brava, non si inventa delle mascherine belle, particolari? Tra l’altro, non dimentichiamo che le mascherine dovremo indossarle ancora per un bel po’. Non solo, ormai saranno obbligatorie. Così abbiamo creato una nostra linea. Non sono un presidio medico ma abbiamo fatto in modo che una tasca interna possa far passare dei filtri migliori, chirurgici e via dicendo, però diciamo che dal punto di vista del droplet sono funzionali. Sono molto belle, realizzate con dei meravigliosi tessuti a fantasia, applicazioni speciali…Alcune sono più di largo consumo, ma sempre fashion, altre sono pezzi in edizione limitata ed altre ancora pezzi unici che ci hanno già richiesto alcuni VIP. Vengono usati materiali preziosi quali cristalli Swarovski, perle coltivate, paillettes, strass, ricami fatti a mano e pietre dure… E’ stata un’idea straordinaria! Flavia e un suo collaboratore stanno procedendo nella produzione, io intervengo con un mio tocco creativo (mi è sempre piaciuta la moda, quindi ci metto anch’io del mio) per cui ci sarà anche una limited edition a me dedicata…Siamo molto felici! Accettiamo ordini piccoli o singoli e verrà presto creato un sito apposito. Potete ricevere informazioni, dettagli e ordinarle via e-mail (flassymask@gmail.com), acquistarle on line e farvele consegnare a casa, non c’è nessun problema. Nel frattempo, abbiamo già battezzato la nostre creazioni: si chiamano Flassy Mask, l’ acronimo dei nomi dei due creatori Flavia Cavalcanti e Vassy Longhi – un giovane hair stylist e makeup artist (già consulente per Dolce & Gabbana e altri brand di prestigio) che ha collaborato con Flavia ai costumi teatrali del musical “Pinocchio”. L’idea è piaciuta moltissimo e svariati cantanti, attori, attrici e soubrette sono pronti ad acquistarle. Riassumendo, le nostre mascherine sono di tre tipi: alcune sfoggiano stampe animalier, tessuti pregiati e di marca (Cavalli, Philipp Plein e altri… è una serie riprodotta, anche se in un numero limitatissimo). Altre sono tutte fatte a mano e adornate con delle belle applicazioni, altre ancora sono dei preziosi pezzi unici. La nostra è un po’un’ ”Haute Couture” della mascherina! Quando il dramma del Coronavirus sarà finito, secondo me, la mascherina diventerà un feticcio ricordo con cui farsi immortalare. L’emblema di questo momento storico. Quindi averlo bello, averlo griffato Flassy sarebbe un bel cimelio da lasciare alle prossime generazioni. Non è da trascurare!

 

Flavia Cavalcanti e Vassy Longhi con le Flassy Mask

 

Alcuni esemplari di Flassy Mask, mascherine ultrafashion

Hai esordito con una live su Facebook la sera del lunedì di Pasqua. E’ stata, non c’è bisogno di dirlo, apprezzatissima: l’affetto dei fan nei tuoi confronti si percepiva a pelle. Come hai vissuto quel debutto virtuale?

Mentre la giravo ero un po’ imbarazzato. Ho dovuto far forza su me stesso, ma ciò era anche dovuto al fatto che durante la diretta stavo cercando di capire come funzionasse la parte tecnica. Poi, però, mi sono sentito sempre più a mio agio e mi sono lasciato andare. Ho parlato a ruota libera di quello che provavo, messo e descritto la musica che ho scelto al momento, incastonata perfettamente in quell’occasione: proprio come una colonna sonora dei miei sentimenti. E’ per questo che la chiamo “musica emozionale”. Mi è piaciuto, esibirmi in una live. Non riuscivo a capire quanta gente mi stesse seguendo, non capisco una mazza di quella roba lì, però vedevo parecchi commenti il che mi incoraggiava…Sono riuscito ad arrivare indenne alla fine. Successivamente, altri artisti mi hanno proposto di fare delle live insieme e i primi a cui ho detto di sì sono stati i Datura e Rexanthony: sabato 25 Aprile, infatti, ci siamo riuniti virtualmente per una diretta ispirata alla trasmissione che avevamo su M2O, “Rememo”, di musica e di interventi vocali. Il pubblico ha potuto seguirci sia su Facebook che su Instagram. Un’ altra live che ho in programma mi vedrà con Francesca Faggella, lei da Palma di Maiorca e io da Milano, dove riproporremo la New Disco con un intervento “Gloss’n’Glitter”. Cerchiamo di mantenere vivo l’interesse sulle cose belle che facciamo e queste live possono essere degli spot, ma non diventeranno la mia forma alternativa di esibirmi. Io ho bisogno di esibirmi davanti a un pubblico, folto o esiguo che sia.

 

 

Due Flassy Mask della special edition “Principe Maurice”: preziose, notturne e vagamente esoteriche (soprattutto il modello che vedete qui sopra)

Quindi, riguardo alle live, non si può parlare di un vero e proprio progetto che ti manterrà connesso con i tuoi ammiratori…

No. Non è un progetto vero e proprio: lo farò soltanto quando avrò gli inviti simpatici e adeguati. O il desiderio di apparire, perché ogni tanto apparire è anche un’esigenza. Però non diventerà un appuntamento fisso. Me l’hanno chiesto in molti, ma non lo diventerà perché non è nelle mie corde. Potrebbe saturarmi. Di tanto in tanto mi farò vivo molto volentieri, magari anche in compagnia di artisti con cui collaboro, però sempre con la speranza di ricominciare presto ad esibirmi. Sto pensando ad un’ ironica diretta con ospiti qualificati per affrontare l’argomento “sesso” in quarantena: “Fallo a casa (se non hai un congiunto)”, sfruttando il palese doppio senso (ahahahah!) e ispirandomi al personaggio della sessuologa della mitica Anna Marchesini!

 

Alcuni screenshot della live del 25 Aprile con i Datura e Rexanthony

Il futuro dei lavoratori dello spettacolo dopo il lockdown, purtroppo, è ancora nebuloso: gli assembramenti dovuti a serate e concerti rendono difficile una riapertura dei locali a breve. Molti artisti hanno lanciato appelli al Governo, suggerimenti per ovviare allo stand by (penso al teatro in TV di Monica Guerritore). Hai elaborato anche tu una proposta che vorresti divulgare?

Intanto è scandaloso che i lavoratori del mondo dell’entertainment non siano mai stati mai nemmeno citati. Parlo di dj, vocalist, perfomer, ballerini, tecnici vari, camerieri, baristi, manutentori…di tutta quella popolazione che mantiene le famiglie con questo tipo di lavoro nei club della notte. Non sono stati mai menzionati e non è stato pensato alcunchè per quanto riguarda la loro ripartenza. Noi siamo stati i primi ad essere chiusi, saremo sicuramente gli ultimi a riaprire, ma non c’è alcuna forma di sostegno per le famiglie che vivono dei proventi del nostro settore. Penso, che so, anche agli addetti alla sicurezza, alle donne delle pulizie, a chiunque…Tutte persone che con il loro reddito contribuivano al ménage familiare. Nei loro confronti, al momento, non c’è in programma una tutela ufficiale. Ora il sindacato (Silb) sta cercando di muoversi, si stanno organizzando delle raccolte di firme, però la cosa scandalosa è che da parte del Governo o del Ministero non esiste la minima attenzione nei nostri confronti. Ma che a loro piaccia o meno, noi esistiamo. Non ci sembra giusto sentirci dei paria! Io mi occupo anche di altre cose, per carità, però l’industria degli eventi in toto – anche solo i matrimoni, per dire, piuttosto che i congressi aziendali o celebrazioni varie- non è stata mai presa in considerazione. Lo trovo inquietante. Non possiamo fare degli eventi in streaming! La Guerritore è un’attrice, peraltro bravissima, ma io non è che potrei mettermi a recitare con una telecamera davanti. Il mio tipo di lavoro non potrà essere realizzato se non quando ci sarà la possibilità di riunirsi di nuovo. E non c’è alcun accenno a tutto questo, sotto nessun punto di vista. C’è solo il divieto. Però il divieto significa anche che non si lavora, non si guadagna, in certi casi non si mangia! Io ringrazio il cielo, la mia situazione non è così drammatica, ma è una tragedia che stanno sperimentando in molti. L’ industria del divertimento ha un suo valore, e non è un valore così relativo. Ha un suo fatturato, tasse pagate, stipendi, tutto l’indotto che vive intorno…Pensa, che so, alla Riviera Romagnola. Per quanto mi riguarda, investirò sicuramente nel dinner show. Non esiste alternativa alla discoteca, la discoteca non può essere fatta in altro modo se non quello di ballare insieme. Il problema è anche quello di riaprire in maniera economicamente conforme, e con poca gente non si può. Non so neanche se alcuni ristoranti riusciranno a essere di nuovo attivi, perché se un locale da 60 coperti ne può contenere 10 non ce la fa a pagare neppure le spese. Mi chiedo: esistono enti statali appositi, perchè non vengono consultati? Ad esempio c’è il Cnel (Consiglio Nazionale dell’Economia del Lavoro), che da sempre dovrebbe essere di sostegno in caso di necessità perché è composto da operatori del mondo dell’industria, dell’economia, del commercio, eccetera…però non è stato consultato. Invece hanno istituito questo “Comitatone” di esperti (?) che ci sta di fatto governando, perché se il Governo pende dalle loro labbra lo facciamo anche noi. Ma si può sapere chi sono questi signori? Che competenze hanno, che esperienze hanno, soprattutto, della vita reale?  Con l’Europa, poi, dovremmo essere tutti uniti: secondo me qui o diventiamo Stati Uniti d’Europa o l’Europa si sfascia, e sarebbe un peccato perché a me piacerebbe l’idea di un’unione salda e reale. L’ unico neo che ho notato all’ interno del mondo della notte è che, purtroppo, non siamo coesi. Ognuno pensa alle proprie iniziative. Invece, siccome l’unione fa la forza, dovremmo farci sentire tutti insieme. Bisogna trovare un modo per far valere i nostri diritti, anche quelli di semplici cittadini che lavorano. Ci stiamo ragionando, purtroppo ne avremo di tempo per ragionare! Però, per far fronte all’ emergenza, auspico che proprio dal punto di vista sociale e politico si prenda atto che esistono anche delle figure professionali che in questo momento sono ferme e lo saranno per molto più tempo degli altri: sono una forza lavoro che va aiutata con un sostegno monetario immediato.

 

 

Nel video, il Principe al pianoforte nel suo boudoir veneziano “Ca’ Pier” e (di seguito) uno scatto dello stesso

Lo stile di vita che ci aspetta non sarà più quello di prima. Come cambierà in meglio e come in peggio, a tuo parere?

Di positivo direi che ci sarà che avremo voglia di fare. Anche chi si era un po’ assopito, adesso, vuoi per necessità o per il fatto di essere obbligato a non far niente, avrà voglia di ricominciare in qualche modo. Sarà sicuramente tutto molto diverso, ancora molto frustrante…In ogni caso darà un’apertura alla speranza il fatto di poter ricominciare a scendere per le strade (sempre con le dovute precauzioni, per carità), poter andare al ristorante o anche solo a lavorare, per dire. Farà ricominciare ad apprezzare quel poco o quel tanto che ognuno di noi aveva. Di certo aumenteranno la coscienza, l’apprezzamento nei confronti di ciò che consideravamo routine o normalità, che davamo per scontato. Però il percorso per tornare a una normalità “vera” sarà ancora lungo e difficile. Probabilmente il fatto di essere isolati, con molto tempo a disposizione, ha aguzzato l’ingegno di chi è propositivo per natura. Penso che potrebbero esserci dei cambiamenti positivi e belli anche per quanto riguarda la gestione dell’ecologia, ma la cosa più inquietante sarà che molte famiglie faranno fatica a mettere insieme persino i pasti giornalieri. La crisi economica è paragonabile a quella di una guerra. E’ di fondamentale importanza, adesso, nell’urgenza, che vengano dati immediatamente degli aiuti a fondo perduto a chi deve pagare l’affitto, le bollette…L’unico modo che vedo possibile sarebbe poter avere a disposizione dei finanziamenti – a fondo perduto, ribadisco –  erogati dalla Comunità Europea, proprio come se fosse scoppiata una guerra mondiale. Con il Piano Marshall, dopotutto, noi non abbiamo dovuto restituire i soldi all’ America quando ce li ha dati per ricostruire. Quel che è certo è che il mondo non sarà più quello di prima. Sotto alcuni punti di vista, soprattutto quello filosofico, sarà migliore: ritroveremo una coscienza oltre che individuale anche comune. Per quanto riguarda l’edonismo e tutto il resto, invece, sarà peggiore perché non saremo più in grado di riavere il nostro stile di vita. Però, dato che si è resettato tutto, si può creare qualcosa di nuovo se ce ne danno la possibilità materiale. Potrebbe venirne fuori una nuova società, una forma nuova di fruire tutto: le bellezze naturali, le bellezze artistiche, musicali…anche il divertimento, che magari sarà molto più intenso, intelligente e di qualità. Ci sarà meno massificazione, forse è così che dev’ essere. Quello che mi auguro è che questa pausa, questo poter tanto riflettere, possa creare dei nuovi fermenti. Sto cercando anch’io di capire come e quando “rinascere” in maniera inedita e interessante…Il primo passo sarà quello di inserire il mio personaggio nell’ambito delle cene spettacolo, quindi dell’intrattenimento durante il pasto. Per il momento, sarà l’unico modo: le strutture di ristorazione che hanno spazio e capienza a sufficienza hanno anche la possibilità di rendere la cena un’occasione non più soltanto conviviale, ma anche in cui ricominciare a fruire di spettacoli speciali, artistici, ben curati, divertenti, leggeri e pregni al tempo stesso. Come quelli che io avevo già iniziato a fare. Questo è il primo modo di esibirmi che vedo realizzabile. Esistono strutture ben dotate e organizzate dove, se la gente vorrà recepire questo nuovo inizio, il dinner show potrebbe avere un buon successo. Immagino che non sia possibile ballare, però se mentre ceni sei circondato da pochi artisti sul palco, qual è il problema? Non potremmo certo esibirci in mascherina, o magari sì se fosse una Flassy Mask! La maschera, dopotutto, appartiene al teatro: stavolta, invece di metterla sugli occhi la metteremmo sulla bocca!

 

Flavia Cavalcanti immortalata durante la creazione di una Flassy Mask

Il Principe con una Flassy Mask dalle suggestioni neon

Vorrei concludere con un tuo messaggio per i fan del mondo della notte, che vedono avvicinarsi un’estate tristemente priva dei loro templi. Cosa diresti per rinvigorire l’animo di tutti quei giovani che amano tirare l’alba a suon di musica o – nel caso del tuo pubblico – al potente ritmo della techno?

Se si potrà uscire sarebbe bello che magari andassero in luoghi anche isolati o particolari, dove ci sono dei bei paesaggi, ad aspettare l’alba (soli o con pochi amici più intimi) o a godere del tramonto mettendo in macchina le cassette, i cd o le chiavette con la musica che amano di più. La ascolteranno chiudendo gli occhi e lasciandosi andare ai loro balli, tornando con la mente ai momenti in cui sono state registrate quelle performance. Per ora, bisogna avere pazienza. Da parte nostra stiamo cercando di fare il possibile perché si possa di nuovo riuscire a stare insieme, ma non dipende da noi. Siamo tutti in sospeso e dobbiamo muoverci in base a come si svilupperà la situazione. Però vorrei dire ai giovani: non rinunciate mai alle vostre passioni, fanno parte del vostro DNA…Non rinunciate alle vostre passioni perché in questo modo tenete vivi anche noi che siamo pronti, prontissimi – appena si potrà – a ritrovarvi e ad amarvi come sempre per essere riamati. Quando sarà possibile uscire, visto che in molti avete un’automobile con un bell’ impianto stereo, raggiungete una spiaggia deserta, un posto ameno. Godete della bellezza della natura, che in questo periodo ha potuto riprendere fiato visto che non l’abbiamo più deturpata né inquinata. Oppure ecco, potreste organizzare dei silent party con le cuffie: magari vi ritrovereste, sempre nel rispetto delle distanze, ascoltando la stessa musica. Perché anche il discorso dell’inquinamento acustico può dar fastidio, quantomeno ai vicini non affini… E questa estate, nel caso non potessimo uscire dalle nostre regioni di residenza, noi italiani siamo talmente fortunati da avere ovunque un patrimonio meraviglioso di cui godere. In ogni regione, in ogni città, anche nel più piccolo borgo esistono delle ricchezze indescrivibili. Quindi vi raccomando di andare alla scoperta della nostra bellezza, del nostro valore, e ve lo dico forte e chiaro: italiani, riscoprite l’Italia, perché è il posto più bello del mondo! Credo che non ci mancherà niente. La nostra estate non sarà un adattarsi ma un riscoprire, un ricominciare ad amare la nostra straordinaria terra.

 

 

Altre due immagini del boudoir del Principe a Venezia

“Andrà tutto bene”…e se indosserete una Flassy Mask, ancora meglio!

 

 

Photos courtesy of Maurizio Agosti

 

Tra cupcake al cioccolato e vintage DOC. La prima volta di Alice Balossi al Summer Jamboree

Foto (c) Guido Calamosca

“Tu sì ‘nu babbà”, dicono a Napoli. E il paragone tra il tipico dolce partenopeo e una persona squisita è più che mai calzante quando si parla di Alice Balossi, che ha esordito sul palco del Summer Jamboree 2018 nelle vesti (vintage) di presentatrice. Capelli rosso rame, al tempo stesso sensuale e diafana, Alice è diventata celebre per aver partecipato a “Bake Off Italia”, il talent TV che Real Time dedica alle promesse della pasticceria: non è un caso che al Festival più rock’n roll d’Italia abbia dedicato un delizioso cupcake al cioccolato. Ma oltre ai dolci, come diceva una nota canzone, “c’è di più”. Qualche esempio? La passione per lo stile anni ’40 e ’50, l’attività di “dessert blogger” con “I dolci di Alice” e una carriera pluriennale con un’ agenzia leader nell’ entertainment rétro come la Voodoo de Luxe. Sapori di altri tempi e di alta pasticceria si intrecciano continuamente nell’ iter di Alice Balossi, che tra i suoi progetti vanta “ghiottonerie” sempre nuove. E’ lei stessa a raccontarci tutto in un’ intervista che spazia dalla kermesse senigalliese al suo imminente, speciale omaggio ai dolci e ai loro fan…più pigri.

Alice, è stata la tua prima volta come conduttrice del Summer Jamboree. Che bilancio fai di questo debutto?

Un bilancio estremamente positivo. Io ho partecipato a quattro edizioni del Summer Jamboree come fan, per cui essere sul palco è stato molto emozionante. Sono felicissima di aver avuto l’opportunità di condurre un Festival che adoro da sempre!

Sei una provetta pasticcera e in molti ti conoscono per la tua partecipazione a “Bake Off Italia”, ma collabori da oltre dieci anni con l’agenzia Voodoo de Luxe. Che puoi dirci del tuo percorso?

Diciamo che a un certo punto della mia vita ho sentito il bisogno di cambiare: lavoravo nelle assicurazioni, facevo tutt’altro, e ho voluto fondere le mie passioni per farle diventare un lavoro. Quindi, dopo aver partecipato a “Bake Off Italia”, ho combinato la pasticceria con l’ amore per gli anni ‘50 ed è nato il mio blog “I dolci di Alice”. Lavoro da dieci anni con la Voodoo de Luxe, per me è la migliore agenzia nel settore dell’ organizzazione di eventi rétro. Li ho conosciuti e me ne sono innamorata, abbiamo iniziato a collaborare da subito e a questa edizione del Summer Jamboree abbiamo portato la serata Burlesque del Mamamia. Poi organizziamo tantissimi eventi, molti dei quali privati, e posso assicurarti che sono davvero magnifici.

 

 

Nasce prima l’amore per il rétro o per i dolci?

Io sono golosa da sempre, per i dolci ho una passione innata. Lavorativamente parlando è nato prima l’amore per il rétro. Poi ho fatto un corso professionale di pasticceria, ho partecipato a “Bake-Off Italia” e ho deciso di far diventare l’amore per i dolci un lavoro. Diciamo che è stata un’ evoluzione naturale. Molte volte, parlando del mio blog mi chiedono: “Ma è davvero il tuo stile o hai pensato agli anni ‘50 perché in Italia non esiste un altro blog come il tuo?”. No: io sono proprio così e quando ho deciso di aprire  “I dolci di Alice” era scontato che sarebbe stato in stile rétro. I miei gusti musicali spaziano dagli anni ‘20 agli anni ‘80, però il mio look è prettamente anni ‘40 e ‘50.

 

 

Hai dedicato un cupcake al cioccolato e lampone al Summer Jamboree: perché questa scelta?

Perché è un classico con uno sprint in più: il cioccolato piace a tutti, però con i lamponi diventa più allettante, più particolare! Poi è un accostamento di sapori che secondo me richiama un po’ il passato. Lo conosciamo, ma ci piace ogni volta che lo riassaggiamo.

Se dovessi paragonare te stessa a un dolce, invece, su quale punteresti?

Direi su una lemon meringue pie, una crostata di pastafrolla ripiena di crema al limone e ricoperta di meringa morbida. E’ il mio dolce preferito perché si basa su un bel contrasto: è dolce ma anche un po’aspro, grazie al limone. Secondo me è il dolce perfetto, perché amalgama diverse consistenze. In più, è molto semplice da realizzare però è abbastanza articolato nel sapore. Penso che mi rappresenti in pieno!

 

Foto (c) Guido Calamosca

Sul palco del Festival hai indossato preziosi abiti da collezione e provenienti dal vintage store milanese Cavalli e Nastri. Come descriveresti il tuo look?

Volevo essere sempre essere elegante e impeccabile, quindi mi sono fatta aiutare da questa boutique milanese nella scelta dei look. Per me non è facile vestire vintage, perché sono molto alta (1,78 m): gli abiti vintage devono coprire il ginocchio e spesso ho difficoltà nel trovare modelli che mi stiano bene. Mi sono affidata a Cavalli e Nastri perché hanno un’ ampissima scelta, quando sono arrivata da loro avevano già fatto una selezione di outfit sulla base delle mie misure. Sono riuscita ad avere un look diverso ogni sera e ad essere sempre super chic: perchè negli anni ’50, quando la sera si usciva, bisognava essere perfetti! Con molta cura anche nei dettagli, nell’acconciatura, nel make up e nei bijoux. Per gli accessori mi sono affidata a una ragazza che mi ha seguito nello styling, Laura Distefano alias Bloody Edith che, tra l’altro, aveva uno stand al Summer. Non vende bijoux, ma ha una sua collezione personale: mi ha aiutato soprattutto come amica.

 

Foto (c) Guido Calamosca

Sei una fan del Summer Jamboree ormai da anni. Cosa hai provato nel viverlo da protagonista, anziché da spettatrice?               

E’ stata un’emozione fortissima! La prima sera non potevo quasi credere di essere sul palco. Ho già esperienza nella presentazione, lavoro in TV, però è stato bellissimo. Condurre il Summer Jamboree mi ha fatto salire l’adrenalina a mille perché percepisco il Festival come qualcosa che mi appartiene, che collima perfettamente con la mia essenza.

 

Foto (c) Guido Calamosca

Quali “fotogrammi” ti sono rimasti maggiormente impressi, della manifestazione?

E’ sempre molto bello vedere persone che da tutto il mondo, da tutta Europa si ritrovano a Senigallia. Ci conosciamo tutti da anni e andare al Summer Jamboree è un motivo in più per incontrarci, per stare tutti insieme. Questo per me è stupendo! Poi, c’è il lato artistico: i musicisti sono sempre di altissimo livello, i più bravi che si possano trovare in circolazione. Ma ci sono artisti di fama internazionale anche per quanto riguarda il ballo, e ho visto numeri davvero spettacolari.

Che feeling si è instaurato tra te e il frontman/conduttore inglese Jackson Sloan?

Un bellissimo rapporto perché è molto bravo, molto amichevole, molto energico. Sul palco c’è stata una bella intesa fin da subito. Ecco, magari la prima sera ero quasi intimorita perché Jackson è un veterano: lui infatti era super tranquillo, mentre io ero molto più emozionata. Poi abbiamo preso il nostro ritmo e tutto è andato benissimo.

 

 

Che cosa ti riserva il futuro post-Festival?

Per Settembre ho in ballo tanti progetti. Molti sono da confermare quindi non te li posso raccontare ancora, però ti posso dire che a fine Ottobre uscirà il mio primo libro. Sarà incentrato sulla pasticceria “pigra”: tutti dolci da preparare entro 15 minuti, con ricette molto semplici e veloci. Ora sto lavorando a questo. Pensa che a Senigallia di giorno correggevo le bozze e la sera ero sul palco a presentare il Festival! Il titolo del libro? “Dolci per pigri”.

 

 

Photo courtesy of Summer Jamboree Press Office e Alice Balossi