LULULULU: il nuovo photofilm di Diego Diaz Marin per Schield

 

Le advertising campaign di Diego Diaz Marin per Schield rappresentano, di stagione in stagione, un appuntamento unico: puro godimento per gli occhi, un coup de foudre visivo che cattura e sortisce un effetto ammaliante.  A caratterizzare i “frame” dei suoi photofilm, incantesimi cromatici e protagoniste bellissime quanto tormentate che delineano, come un leit motiv, storie strabilianti nelle quali glamour e extravaganza si intrecciano in un mix di classe e di profonda ironia. La campagna dedicata al Fall/Winter 2015/16 del brand di luxury jewels creati da Roberto Ferlito non viene meno a questa traiettoria artistica. Il mood è provocatorio, le immagini d’effetto: verrebbe da dire “Ciak, si gira” per dare il via a un “corto fotografico” dai toni strong e di forte, fortissimo impatto. Lulululu è il suo titolo. Sillabe impazzite, un loop fonetico ossessivo, un nome ripetuto a ritmo ininterrotto. La puntina di un vecchio giradischi incantata su un disco rotto. Martellante, logorante come l’ idea fissa della bella fanciulla, oppressa da una claustrofobica angoscia nella sua stanza di ospedale. Suoni ovattati, pareti massicce,  monitor vigili immersi in un’ inquietudine color lilla. Fiori macroscopici senza alcun odore, attrezzatura medica, ortodonzia surreale e quattro mura di noia. A brillare nella calma piatta, solamente i gioielli Schield: ear-cuff preziosi, estrosi collier come vertebre adornate di perle, palladio, oro e Swarovski per bijoux che riproducono denti molari esaltandone il cotè ornamentale. Enormi gigli ad emanare purezza ispirano cyborgflowers a grappoli declinati in anelli, orecchini, collier e bracciali smaltati in sofisticate alternanze di black and white.

Ma è all’ indaco che Lulù aspira: l’indaco del cielo all’ alba, l’indaco dei vasti orizzonti, l’indaco della rinascita…L’indaco dell’ infinito. E’ color indaco la veste ospedaliera che indossa, evocando suggestioni di ritrovata libertà e sprigionate illusioni. “Sono indaco le piume sulle ampie ali degli albatros, il plancton negli oceani, gli anelli nei tronchi delle millenarie sequoie, e gli atomi nelle miriadi di galassie del cosmo”, declamava Alda Merini*. La fuga è un tarlo che scava nella mente, l’idea declinata in senso univoco, la magnifica ossessione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

“Oh, what do you know about living in turbolent indigo?” (Joni Mitchell, Turbolent Indigo)

 

 

 

 

 

“E non soffrire più che in fondo forse c’è al di là di Gibilterra un indaco mare” (Baustelle, L’indaco)

 

 

 

 

La fuga è pronta, più volte tentata. La fuga è l’unica via di fuga. L’indaco e l’azzurro di un cielo terso attendono Lulù e faranno scorrere un The End sulla location della sua ossessione. Le gambe slanciate, panchine come rampe di lancio, fiori come inodori souvenir di una claustrofobia distanziata. La flebo la accompagna, molesto cimelio, nella sua corsa verso il muro di cinta.

 

 

Scavalcare il muro, aggrapparsi ai rampicanti, correre a perdifiato verso nuovi orizzonti: è lei, Lulù, in fuga verso azzurrità senza confini. Lulululu, ormai, è solo un suono indistinto trasportato dal vento.

“E’ impalpabile indaco ciò che tende all’ infinito, come il numero di stelle del firmamento, come il tuo nome ripetuto sulle mie labbra…” Alda Merini, da Indaco: tendente all’ infinito*.

 

SCHIELD Fall/Winter 2015.16

Photofilm: “Lulululu”

Creative Direction and Photography: Diego Diaz Marin

Model: Arci at Independent Mgmt Milan

Hair and Make up: Nino Maiorana

Jewellery: Roberto Ferlito

 

The Flapper’s Penthouse

I “ruggenti anni ’20”, “The Roaring Twenties”: una decade in piena fioritura, il boom associato a una nuova vitalità post-guerra. L’era che coincide con i primi sentori di emancipazione femminile, con il superamento di obsoleti modelli comportamental-stilistici di derivazione vittoriana, incarna nella flapper la propria inconfondibile icona: ruota attorno al glamour dirompente del suo personaggio il concept dello shooting realizzato dalla stylist Valentina Guidi Ottobri e scattato da Ruggero Mengoni per LuisaViaRoma Home. Sicura di sè, fiera, indipendente, i capelli tagliati alla garçonne, la flapper accorcia gli orli delle gonne e, sfoggiando un make up pesante, la sera ingrana la marcia per lanciarsi nella mischia dei fumosi speakeasy,  che labirinti di vicoli e quartieri poco battuti proteggono dal rigore dell’ ondata proibizionista. La sigaretta stretta tra le dita, il drink in mano, la nostra eroina si lancia in balli travolgenti come il foxtrot e  prova una passione smisurata per il jazz. Al momento di tornare a casa, non può essere che una location splendidamente su misura ad accoglierla: scatenata, nei party che organizza la flapper si dimena a suon di musica sopra un tavolo o su un’ ottomana Visionnaire, ma quando le luci si spengono la sua dimora si tramuta in un nido accogliente di puro design. Lo specchio Poltronova e il tappetino stampato Boralevi rappresentano piccoli gioielli d’arredamento dal mood modernista che le fanno ritrovare il piacere di rincasare ogni notte, mentre un superbo tappeto di Designers Guild definisce e struttura lo spazio di un ampio salone che accoglie elementi “a sorpresa”, come la Maschera accent chair griffata Moschino Altreforme. Quando riceve, la flapper è consapevole di introdurre i suoi ospiti nelle particolarissime atmosfere di un vero e proprio santuario intimo dagli anbienti iper-personalizzati: una lampada Flos dal design astratto e un servizo di piatti illustrati da Rory Dobner risaltano con straordinario appeal, sottolineando il prezioso contrasto tra arredi d’avanguardia ed interni più tradizionali. Un dettaglio tutto da imitare: dopotutto, non è forse l’ eclettico mix di classico, contemporaneo e di iconico design a donare un’ irrestitibile, fascinosa allure al rifugio della flapper nella sua quintessenza?

 

 

 

THE FLAPPER’S PENTHOUSE

Photography: Ruggero Mengoni

Styling: Valentina Guidi Ottobri

Hair: Rosanna Campisi @RockandRose

Make-up: Angelo Nenna Pintor

Model: Ronnia @2morrowmodel

Location designed by: Anna Conti

Special thanks to: Sotheby’s Firenze

 

Oriental Obsession: Sheng Xiao Sanctuary

 

Oriental Obsession è il tema su cui è incentrata la decima edizione di Firenze4Ever: un leit motiv che dà adito a numerose interpretazioni nelle quali l’ ispirazione asiatica funge da fulcro catalizzatore di tutto un mondo di tendenze. E’ così che la Oriental Obsession si insinua in modo inesorabile anche nel settore Home di Luisa Via Roma, dando luogo a una sofisticata iconografia che mixa, in una personalissima chiave di lettura, fashion photography, sperimentazione artistica e design rivisitando l’ oroscopo cinese  (Sheng Xiao) in immagini di forte impatto. Protagonisti di Sheng Xiao Sanctuary, lo shooting realizzato da Ruggero Lupo Mengoni per lo styling di Valentina Guidi Ottobri, sono sei segni tratti dallo zodiaco orientale che esercita maggior fascino ed interesse presso ogni  cultura: il Cavallo, la Tigre, il Drago, il Gallo, la Scimmia e il Maiale. Ogni scatto si tramuta in opera d’arte nella quale lo Sheng Xiao si rivela in una raffinata simbologia che pervade interni luxury, armoniosamente adornati di una miscela di texture, stampe e materiali. I sei segni zodiacali, alternandosi nelle immagini, affiorano in un’ oggettistica preziosa e permeano di esotismo l’ home décor creando uno straordinatio connubio tra design contemporaneo e fasti dell’ antico Oriente.

 

 

La Tigre, competitiva e imprevedibile, è per natura protagonista nello stesso modo in cui un tappeto Nanimarquina diviene il focus di un’ intera stanza. I nati sotto il segno del Cavallo, adorano essere al centro dell’ attenzione e possedere una audience personale da poter, di volta in volta, sorprendere e deliziare: caratteristica che viene perfettamente incarnata da una scultura bronzea a tema equestre di Frilli Gallery. L’essenza del Drago, unico animale immaginario dello Sheng Xiao, viene preziosamente colta nei ricercati piatti dorati di Versace Home. La Scimmia, nono segno dello zodiaco cinese, è dotata di un senso dell’ umorismo innato e di viva intelligenza, adora fare scherzi agli ospiti e mettere in evidenza il suo spirito brillante: le scimmie in ceramica di Ceramiche Pugi ne riflettono squisitamente l’ essenza, donando all’ ambiente un tocco di sofisticata vivacità. Il Gallo vigila con solenne imponenza in una scultura in ceramica artistica firmata Bellini Sara,  mentre il Maiale vede tradotta la propria bonaria diligenza in un armadio in legno Seletti. A far da cornice ai sei scatti, un mood dal forte retrogusto d’ Oriente che sembra calare l’ ambiente nella Cina delle antiche dinastie e nel Giappone delle Case da Thè, dando vita ad atmosfere d’ impatto contraddistinte da un’ onirica visionarietà.

 

 

Valentina Guidi Ottobri, ideatrice e stylist dello shooting, è nata a Firenze nel 1988. Figlia di un architetto anticonformista e discendente da una famiglia di collezionisti di arte moderna e contemporanea da svariate generazioni, respira arte sin da bambina sviluppando un potente senso estetico. Il suo CV professionale vanta un’ esperienza in Bottega Veneta a cui fa seguito un suo trasferimento a Mumbai, dove assume l’ incarico di stylist per Marie Claire India. Attualmente, è la nuova manager della divisione Home di Luisa Via Roma e si occupa, oltre che di un’ accurata selezione dei prodotti per l’azienda, dello sviluppo di progetti editoriali che uniscono  moda ed interior design in modi completamente inediti. Il suo lavoro è stato pubblicato in varie riviste internazionali tra cui Vogue, Nylon, Interview Magazine, Elle e Flair, solo per citarne alcune. Fondatrice di Brilliantartgallery (www.brilliantartgallery.tumblr.com), Valentina cura inoltre mostre a livello internazionale e realizza campagne pubblicitarie per svariati brand nei settori della moda e del design.

 

 

 

 

Sheng Xiao Sanctuary

Credits:

Photography: Ruggero Lupo Mengoni

Styling: Valentina Guidi Ottobri

Make Up: Alessandra Poli

Hair: Rosanna Campisi @Rock & Rose

Model: Haijin Ye @2morrow Model Management

 

“Làgrimas de Filigrana”: la Spagna profonda di Diego Diaz Marin

 

“Es mi problema”. Le parole si srotolano senza sosta, ritmiche e cadenzate, come in un poema. Fluide e  ipnotiche, alternando frasi consequenziali e contrastanti. Frammenti evocativi sciorinati in un continuum che la punteggiatura, anzichè arrestare, infittisce. Un inizio e un titolo perfettamente identici donano forza e impatto semantico al concetto,  ribadendolo come il refrain di una canzone: sono i fluenti versi di Brenda Germade ad introdurre la photostory che Diego Diaz Marin ha ambientato nelle location “infuocate” della Spagna più profonda. Quella Spagna del Sud pervasa, in ugual modo, di drammi e passioni sotto un sole cocente. Quella Spagna dei potenti emblemi della tradizione. Quella Spagna pittoresca, folkloristica e intrisa di duende che si  esprime  tra un tablao, una plaza de toros e una sevillana . Di quella Spagna Diego Diaz Marin – il talentuoso fashion photographer andaluso che i lettori di VALIUM conoscono ormai bene – riprende i simboli per offrirne una contemporanea chiave di lettura, accentuandone le sfumature in cromie vibranti che traducono la quintessenza di un paesaggio fisico e morale. All’ orizzonte di un panorama brullo, inaridito dal sole, si staglia la meravigliosa scenografia naturale di un cielo turchese ed abbagliante: un azzurro terso, vivido, pronto a diluirsi in infinite nuance di viola nel momento in cui il tardo tramonto del sud tinge di tonalità intense emozioni e sensazioni, amplificandole a dismisura.

 

 

 

 

Lagrimas de filigrana, il titolo dello shooting, si insinua nel racconto tessendo una preziosa trama: in arabeschi sottili di pathos condensa un mood struggente e passionale come la melodia impregnata di vento, naturaleza e sabbia di un cante jondo. La sagoma di un toro enorme incombe sullo sfondo, tanto nera quanto gli abiti che indossa la novella Carmen di Diaz Marin: pizzi, veli e trasparenze vengono alternati ad un gilet da torero portato sulla pelle nuda, come la gonna dallo spacco inguinale. Con i capelli pettinati a crocchia nel più puro stile flamenco, l’ eroina del racconto si circonda di accessori in cui rivive il cuore dell’ essenza de Espana: cappello nero, garofani color rosso fiammante e banderillas sono le armi con le quali affronta la tradizione di un’iconografia gloriosa, in una sfida che vedrà entrambe vincenti.

 

 

 

 

 

 

 

Scintillano su questi ritratti di sensuale atmosfera i gioielli Schield, evocativi e scenografici, imprescindibili dettagli che enfatizzano la personalità della muchacha con straordinario impatto. E mentre il toro si sfida – sdrammatizzandone la presenza con una danza nei paraggi delle enormi zampe – oppure si sfugge – in un abito di un arancio vibrante che sostituisce, con ironia, il rosso d’ordinanza – a sorpresa appare il compare fedele del campesino: l’ asinello nero delle terre brulle, sul quale il long dress immacolato e geometrico della protagonista si staglia a contrasto.

 

 

 

 

 

La sera cala veloce e il cielo si tinge di viola, in gradazioni sempre più intense. Suggestioni urbane e campestri si fondono, niente affatto stridenti, nella voluminosa pelliccia rosa di una Carmen votata al glamour seduta a pochi passi dalla  capanna del toro. E’ l’ ora de las copas e de las tapas : alla protagonista non rimane che approssimarsi alla decappottabile con la quale ha compiuto il viaggio. A modo suo, libera, senza vincolo alcuno, seguendo la scia del tramonto. In un total black che alla sensualità di una vertiginosa scollatura contrappone il pizzo fitto della mantiglia la protagonista si sdoppia, si triplica, come ad incarnare quelle bambole fatte in serie e vestite di abiti tradizionali che vengono vendute nei souvenir shop de La Rambla. E’ l’ ultimo atto di un’ avventura caliente che ha rivelato, in controluce, tutto il valore intrinseco di una preziosa trama filigranata: dalle lacrime poco drammatiche, e molto giocose.

 

 

 

 

 

Story & Words (Es mi problema): Brenda Germade – Photos: Diego Diaz Marin – Stylist: Yolanda Quintas – Model: Pati Vaquerizo – Hair & Make Up: Coello Casado – Making Off: Dani Germade.

“Raiders of Beauty”: Diego Diaz Marin per Luisaviaroma

 

Due donne, due amiche – come lascia presagire l’ intimità che le lega – immerse negli straordinari colori, riflessi e giochi di luce del Parco Stibbert, a Firenze, che regala scorci paesaggistici e architettonici dalla suggestività unica ma anche densi di un tocco di profuso mistero: è qui che il fashion photographer Diego Diaz Marin ambienta il suo recente shooting per Luisaviaroma, celeberrimo rivenditore on line di moda che annovera tra le sue proposte le collezioni dei più prestigiosi fashion designer italiani ed internazionali. La location, valorizzata da sfondi preziosamente insoliti come il tempietto egizio (fatto realizzare da Stibbert tra il 1862 e il 1864, nel pieno dell’ “egittomania” artistica) lascia trapelare il quid enigmatico, e al tempo stesso venato di incanto,  che svariati lavori del talentuoso fotografo spagnolo esprimono, concentrandolo in particolare nelle magnetiche (quanto contorte) personalità delle protagoniste. Diaz Marin, dopo la nomina al Photography Award del Cannes International  Festival of Photography, riallaccia la sua ricerca ai  leit motiv del colore e dei suoi contrasti, degli scatti pervasi da una luminosità “a tinte forti”, in un magico ed incisivo amalgama che fonde moda e genialità creativa. La sua passione per l’azzurro – vibrante, “acquatico”, che vira quasi al verde – riaffiora anche in questo shooting, “imbevendo” letteralmente alcune immagini e calandole in una luce vagamente irreale. In un sapiente gioco di contrasti l’ azzurro si affianca al rosso, “accendendolo”, dona risalto al nero e fa brillare i bijoux indossati dalle modelle.  Riappare anche il fucsia, che riallaccia cromaticamente i motivi decorativi di un cancello sullo sfondo ai dettagli fashion e ad un manto steso al suolo. L’ “imprinting” della palette paesaggistica dei luoghi natii, quella Torre del Mar affacciata sul Mediterraneo e intrisa di un mix di luminosità, vivide nuance e passionalità andalusa, nell’ opera di Diego Diaz Marin rimane una costante: il punto di partenza di una ricerca artistica che ne approfondisce i caratteri in una serie di affascinanti ed incantevoli diramazioni.

 

 

LUISAVIAROMA – RAIDERS OF BEAUTY

August 8, 2014

The age-old exploration of power and beauty goes beyond the walls of modern society this season, creating a world apart, lit by the golden gleams of Moschino, Anton Heunis and Mercantia. Dolce & Gabbana turns the key and opens the door to a mystical kingdom where gardens hold secrets for fearless explorers. Schield crows fight in glorious fury and the light beating of fringed accessories takes on a hypnotic air when treading ancient ground. Wrapped in futuristic furs like Emanuel Ungaro’s geometric design, the most timeless adventurers know that to step into the future they must discover the past.

 

 

 

 

 

 

 

 

Photography: Diego Diaz Marin

Styling: Valentina G.Ottobri

Make-up: Jacopo Nucciotti

Hair: Nino Maiorana

Special thanks to Parco Stibbert, Florence

 

‘Guillermina’: un photofilm di Diego Diaz Marin

 

Una donna, Guillermina. Una storia reale intrecciata alle percezioni visionarie di una preudorealtà. Un thriller che si snoda attorno alla passione ed all’anima. Il personale “triduo pasquale” di una donna che ha ucciso, che tenta di morire e poi risorge con lo sfondo di una Andalusia sensuale e torrida, dai colori intensi, che alterna zone brulle a una vegetazione simil-tropicale. Un luogo in cui anche la morte, nei piccoli cimiteri bianchi e disseminati di fiori coloratissimi, nei crocifissi profusi e ostentati, accanto ai mazzi di gerani rossi che risaltano su un  turchese intenso,  si tramuta in un paradiso terreno di folkloristica suggestività.

Il fashion photographer Diego Diaz Marin ambienta il suo photofilm a Torre del Mar, sua città natale, della quale conserva perennemente impressi l’ incredibile luce e i vividi colori. Il titolo dello shooting, Guillermina, è un omaggio al nome di sua madre. Passionale, emotiva, vibrante, Guillermina – interpretata dalla modella Fabiola Gomez – è eccessiva e irruenta, si muove sospinta da un istinto di spettacolarità quasi teatrale: cerca la morte, ma alla fine troverà la vita. Una vita salvifica e rigenerante, una vera e propria risurrezione. Una fuga dal suo passato – e dalla “precedente” sè stessa – immersa nella luminosità a tinte forti della caliente Spagna del Sud.

 

“Ahi, quanto mi costa amarti come ti amo!” (Federico  Garcia Lorca, “E’ vero”)

 

 

La terra color cioccolato, il cielo di un azzurro che stordisce, un cadavere da celare nelle viscere più profonde della terra. La pala in mano, Guillermina scava instancabile affinchè il sottosuolo inghiottisca il suo delitto.

 

 

 

 

La fuga, per dimenticare: ma si può fuggire da sè stesse? La fuga e il crocifisso, invocare il perdono o crocifiggersi per il senso di colpa sono sensazioni, stati d’animo, impulsi che convivono in Guillermina in un turbine caotico e indisciplinato.

 

 

 

La pietas divina, il capo coperto come le anziane che da bambina vedeva assistere alla Messa, l’ abito nero…Il Cristo crocifisso che incarna una religiosità  viscerale, totalizzante, intrisa del concetto di espiazione. La religiosità che odora di incenso delle suggestive processioni del Sud, occhi femminili seminascosti dietro le grate delle finestre del patio mentre osservano la statua della Vergine che sfila seguita da uno sciame di donne nerovestite.

 

 

 

 

 

La disperazione, il pentimento, il tormento: il dolore di Guillermina esplode travolgente, teatrale, confondendo i suoi confini sinceri. E se il suicidio fosse la vera via di fuga? Si vede già morta: il suo cadavere accanto all’ acqua limpida e turchese di una piscina, in un sarcofago galleggiante su uno specchio d’acqua purificatrice. Gerani di un rosso vibrante di sensualità gettati sul corpo a ricordare che la passione è, al tempo stesso, vita e morte.

 

 

 

La morte: vagheggiata, apparente, simbolica. La morte che fa rinascere. Quella che negli sperduti cimiteri di campagna viene esorcizzata e confusa tra i fiori colorati che adornano tombe come  scolpite nel marzapane…Tracce di vita che annullano la perdita.

 

 

La morte e la risurrezione: una Pasqua metaforica e rigenerante, che dall’ annullamento esistenziale più profondo genera una nuova vita.  Guillermina risorge lasciandosi alle spalle il luogo della morte per eccellenza. In mano, stringe il mazzo di garofani rossi:

“Il mio cuore come una serpe si è spogliato della sua pelle, e la tengo fra le mie dita piene di ferite e di miele.”  (Federico Garcia Lorca, “Cuore nuovo”)

 

 

Diego Diaz Marin ‘racconta’ i foulard di Coralie Prévert

 

Ormai lanciatissimo, il giovane fashion photographer andaluso Diego Diaz Marin si prepara a calcare la Croisette in occasione del Festival Internazionale della Fotografia di Moda, che da dodici anni omaggia i grandi nomi esponendo al tempo stesso, in una grande mostra a cielo aperto, le opere di selezionati e promettenti maestri dello scatto Fashion. Nel frattempo, ispirandosi costantemente alla forma artistica del photofilm, Diaz Marin annovera nel suo CV un numero crescente di shooting dalle caratteristiche atmosfere e dai vividi colori divenuti ormai il suo trademark: la advertising campaign realizzata per il brand fiorentino di foulard Coralie Prévert ne è un esempio pregnante. Ritroviamo ancora una volta una protagonista femminile dalla personalità intrigante ma vagamente borderline, alla ricerca di un luogo e di situazioni che possano esprimere al meglio la sua essenza. Spesso si tratta di fughe, reali o immaginarie, che hanno inconsciamente un’unica direzione: quella del viaggio interiore. La protagonista dello shooting per Prévert non fa eccezione: cerca un rifugio e lo trova in un’ antica pensione, chiude fuori il mondo grazie ad un enorme cancello in ferro battuto e si introduce in un’ angusta stanza tinteggiata  di un azzurro intenso.

 

 

La donna entra, è sola. Varca la soglia quasi interamente ricoperta da un foulard, volto e testa compresi. Alla ricerca della propria identità, il suo volto scompare celato dalla stoffa leggera, dalle variopinte stampe. La donna si accascia a terra, si siede su un tappeto dove, in un’atmosfera un filo opprimente, dà inizio alle sue riflessioni.

 

 

Filtra la notte, dal cancello imponente. Dopo aver recuperato una vecchia sdraia anni ’70 a listelli in gomma, la donna gioca a coprirsi e scoprirsi con un grande foulard impalpabile nei toni del blu, del verde e dell’ arancio. I foulard sono la sua compagnia notturna: li giostra, li sperimenta su diverse parti del corpo, li utilizza per scoprire una sè stessa inedita, interpretando ruoli sempre diversi sullo sfondo di pareti  di un azzurro talmente intenso da tramutare l’ ambiente in una sorta di acquario.

 

 

 

 

“Una, nessuna, centomila”? I foulard rappresentano per lei una maschera e una nuova identità al tempo stesso, frantumandola in innumerevoli sfaccettature. Leggerissime o più setose, in fitti pattern geometrici o fantasie sofisticate,  le creazioni di Coralie Prévert sono una sorta di strumento, un viatico per intraprendere il proprio viaggio interiore.

 

 

 

 

E mentre la notte avanza cadenzata dalle sue impersonificazioni, giunge il finale: il sipario si chiude sulla donna completamente avvolta in un  foulard come fosse un bozzolo, novella crisalide. Pronta a librarsi, con ali di farfalla, verso una nuova vita. Non è forse un caso che lo scenario degli scatti di Diaz Marin abbia subito – nel frattempo – un improvviso mutamento cromatico: le mattonelle del pavimento, la sedia a sdraio ed il tappeto hanno abbandonato, come per incanto,  il color ruggine e il terracotta originario per tingersi di un vibrante rosa fucsia, più ‘femminile’ ed incisivo. L’ identità si ricompatta abbandonando ogni travestimento, tracciando linee di definizione palpitanti e intense. Come disse Antonio Machado: ” L’ essenza del Carnevale non risiede nel mettersi in maschera, bensì nel rimuovere il volto. E nessuno è così ben abbinato al proprio da non aspirare a mostrarne un altro, qualche volta. “

 

 

Ipnotica: la pre-collezione estiva di accessori Cavalli in un photofilm di Diego Diaz Marin

 

Si intitola Ipnotica il photofilm lanciato da Roberto Cavalli per presentare la sua pre-collezione estiva di accessori.  Autore degli scatti è ancora un volta il talentuoso Diego Diaz Marin, che con la direzione creativa di Rachele Cavalli ha ideato il concept e realizzato fotograficamente le sequenze che ne sviluppano la storia: un excursus dai tratti surreali e onirici, tinto dei colori vibranti che caratterizzano la produzione artistica del giovane fashion photographer andaluso. Ambientato nella location del castello Sammezzano, in Toscana, Ipnotica ne mostra il suggestivo quid di reminescenze architettoniche marocchine e sivigliane.  In un mood che mescola sensualità, glamour e vagheggiamenti, gli scatti fotografici raccontano la storia della protagonista – la top model Natalia Karimova – evidenziando  la squisita ricercatezza degli accessori Cavalli. Una preziosità che ammalia la bellissima donna a punto tale da farla cadere in un sonno incantato, trasportandola in una sorta di viaggio emozionale che la conduce in lontane terre d’Oriente. Le tappe iniziali del sogno la calano in un antico castello dall’ atmosfera asettica dove lei, con i suoi accessori, può sentirsi assoluta regina. Diaz Marin rende egregiamente la freddezza del luogo tramite una ricca palette di azzurri, che vanno dalle nuance del celeste a quelle del turchese passando per un incisivo bluette. Successivamente, l’azione si sposta in uno scenario dai caratteri esotici in cui i cammelli, gli edifici ed i colori intensi, ambrati, luminosi denotano un tipico paesaggio mediorientale. Il viaggio onirico avrà fine solo con il risveglio della protagonista: al piccolo shock iniziale si sostituisce la consapevolezza di poter rivivere, ogni giorno, le emozioni del sogno grazie agli incantevoli accessori della Maison toscana. La pre-collezione estate 2014 si incastona sublimemente nella storia: oggetti del desiderio allo stato puro, le zeppe design, i gioielli stilosi, le borse di classe curate nei minimi dettagli irrompono nella realtà in tutto il loro splendore. Tramutando l’ esistenza quotidiana in un’ autentica, immaginifica vita da sogno.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Schield presenta ‘Fuga tropicale’, racconto fotografico di Diego Diaz Marin

 

Per il lancio della sua nuova collezione Spring/Summer 2014, Schield si affida nuovamente all’ estro e alla genialità creativa del fotografo andaluso Diego Diaz Marin. Il brand di gioielleria e bijoux di alta moda fondato da Roberto Ferlito affonda le radici della propria identità in una lavorazione artigianale meticolosa e ricercata, che unisce alla preziosità dei materiali una minuziosa rifinitura a mano dei modelli. La campagna pubblicitaria della collezione dedicata alla stagione calda, com’è consuetudine per Diaz Marin, è basata su un concept sviluppato in una sequenza di immagini che delineano una ministoria: Fuga tropicale, questo il titolo del racconto fotografico in questione, ha come protagonista una splendida donna dalla personalità complessa e vagamente disturbata. Ironica ma tormentata, la donna decide di compiere una fuga verso le calde ed assolate terre della California con un’ unica compagnia, quella dei suoi gioielli Schield.

 

 

La vediamo dunque, scatto dopo scatto, farsi strada all’ interno di una rigogliosa vegetazione tropicale che poi scopriamo essere una serra, mentre si cimenta con un tubo innaffiatoio in gomma o rimane comodamente seduta su una sdraia in listelli di plastica dal sapore rétro. Sogno e realtà sembrano sovrapporsi, in lei, costantemente: fuga onirica o prove generali di una fuga? Questa ambiguità, che compare come un leit motiv nelle campagne pubblicitarie di Diego Diaz Marin, costituisce il punto di forza del racconto e l’ elemento di attrazione che cattura immediatamente chi si accinge a decifrarne le immagini. La realizzazione fotografica è di enorme impatto: l’ azzurro, una costante nei lavori di Diaz Marin, si diluisce stavolta in un verde particolarissimo che ne contiene tracce e che caratterizza quasi in toto la tonalità della vegetazione in cui la protagonista è immersa. I colori, decisi e vibranti come il fucsia, l’ arancio, il bianco, il giallo e l’ azzurro stesso, risaltano negli outfit indossati dalla ‘fuggiasca’ e nei dettagli, ricreando un vero e proprio ‘paesaggio a tinte forti’ che riflette la personalità senza mezzi toni della donna.

 

 

E poi, su tutto, spiccano i gioielli: scenografici e sofisticati, tempestati di colore o meno, rappresentano una delizia per gli occhi. Le rondini, le mosche e i dragoni della linea Frozen Fly vengono appositamente reinterpretati per la stagione estiva, adottando materiali ed un design più attinenti ai  mesi caldi. Ecco quindi che le perle della serie Dragon Pearl si tramutano in turchese e corallo, le rondini vengono impreziosite dai bagliori multicolor dei cristalli Swarowski e le mosche, abbandonando il fiocco di neve su cui durante l’ inverno erano posizionate, diventano protagoniste assolute. Ancora una volta, la maestria e le innate doti artistiche di Roberto Ferlito e di Diego Diaz Marin si intrecciano e si esaltano a vicenda, incastonandosi nella cornice preziosa e ideale degli scatti vividi e traboccanti di sensualità del fotografo nato nel 1987 nei pressi di Malaga: un giovane talento dell’ advertising e della fashion photography di cui risentiremo parlare a lungo.

 

 

 

 

Roberto Cavalli presenta Psychotic Love

 

Un film fuori dagli schemi, composto da sequenze fotografiche che sviluppano un storia espressa dal titolo – Psychotic love – in modo calzante: è il progetto più recente di Roberto Cavalli, che si avvale della direzione creativa di Rachele Cavalli e degli scatti di Diego Diaz Marin. Un progetto mirato a promuovere la nuova collezione accessori del brand evidenziando, in particolar modo, l’ iconica Hera bag. Protagonista del film è una star volitiva e ribelle, fortemente caratterizzata da una fluente chioma di capelli ramati, che si muove nei dintorni di una immensa magione di campagna – e poi al suo interno – senza mai separarsi da una gallina nè dalla sua Hera bag. Le esperienze che vive, sequenza dopo sequenza, evidenziano un suo disagio crescente sempre più ossessivo accompagnato da una progressiva variazione nei colori delle immagini, che si tramutano in toni inesorabilmente dark di pari passo con l’ implosione psichica della protagonista. Il film intanto, enfatizzando i superglamourous accessori del brand, si snoda tra tonalità di estremo impatto che amalgano, in modo artistico, gli outfit della ‘donna sulla crisi di nervi’ all’ ambiente circostante quasi mimetizzandoli in esso. Le sequenze lasciano sporadicamente spazio a scatti in cui il corpo della star si moltiplica a dismisura e crea giochi geometrici intrecciandosi con elementi dello sfondo, dando vita a sorprendenti effetti psichedelici. Le foto di Diaz Marin sono splendide realizzazioni artistiche che eccellono sia nel ritrarre le ambientazioni in esterno che in interno, partendo dalla sorta di iniziale trip ‘bucolico’ della protagonista fino ad arrivare alle claustrofofiche crisi nella sua cupa abitazione. La scena finale del film mostra la star in procinto di abbandonare tutto: circondata da bagagli e valigie di ogni tipo, si appresta a salpare verso la sua nuova esistenza. La Hera Bag, naturalmente, è lì ad accompagnarla, irrinunciabile compagna di vita e di avventura. Come dire: si può rinunciare a tutto, mai allo stile. (Nelle immagini, alcune sequenze del film).