Speciale “Sulle Tracce del Principe Maurice”: gli Auguri di Natale del Principe e qualche riflessione sul suo “giubileo di diamante”

 

E’ uno degli appuntamenti natalizi più attesi: gli auguri che il Principe Maurice porge ai lettori di VALIUM sono ormai un’istituzione. E il Principe è arrivato puntuale anche quest’anno, sulla scia di un’atmosfera festaiola che lo circonda già dal 15 Novembre scorso. In quella data, infatti, Maurice ha compiuto 60 anni e ha celebrato il suo “giubileo di diamante” con un doppio, spettacolare evento: il primo si è tenuto al leggendario Plastic di Milano, il secondo all’ Odissea Fun City di Spresiano Veneto, dove praticamente è di casa. E’ quasi superfluo dire che la nostra conversazione, stavolta, non poteva che iniziare con un focus sul suo compleanno…

Come ci si sente quando l’età avanza e, come te, si rimane giovani dentro e fuori?

Beh, la dicotomia si esaspera sempre di più ma ancora ci sto dentro! (ride, ndr) Certo, sono fortunato a conservarmi in buona forma e frequentando i giovani, che trovo splendidi, curiosi e stimolanti, vivo di una freschezza empatica straordinaria. Sono sempre più convinto che la vecchiaia sia in realtà più legata alla rinuncia a vivere intensamente e quindi a uno stato psicologico più che fisico. Anche se, obiettivamente, qualche fragilità comincia ad affacciarsi…

 

L’albero Natale di Piazza San Marco, a Venezia

Quali sono i tre principali insegnamenti che hai appreso nei tuoi primi 60 anni di vita?

Ho potuto verificare che i miei valori fondamentali di Libertà, Dignità e Amore sono sempre stati presenti e continueranno ad esserlo fino alla fine dei miei giorni, ma potrei aggiungere un altro principio conquistato col tempo: la consapevolezza di essere una persona, un artista che sta lasciando un segno. Senza presunzione ma anche senza falsa modestia.

Quando credi che inizierai a sentirti vecchio?

Temo di avere la sindrome di Peter Pan…(ride, ndr)

Come trascorrerai il giorno di Natale?

La Vigilia la passerò con Flavia a Milano e per il pranzo di Natale mi riunirò con mia sorella Lorella e famiglia…Ma la sera del 25 sarò con la mia grande famiglia del Memorabilia. Dove? Al Matrioska, una discoteca di Deruta!

 

A Natale tutti al Matrioska di Deruta (PG), per passare una serata indimenticabile con il Principe Maurice e il mitico staff del Memorabilia!

In un mondo flagellato dai conflitti armati, dai femminicidi e dalla povertà crescente, quali sono gli auguri di Natale che porgi alla Generation Z?

Siate tenaci, siate giusti, siate sensibili e onesti intellettualmente. Siate capaci di fare la rivoluzione dell’Amore! Che sia un Natale di Pace tra le persone, tra i popoli, tra l’uomo e Madre Natura

 

Natale in ViaSpiga15: Maurice insieme a Sabrina Iencinella Percassi

Natale a Milano: una festa con alcuni amici in ViaSpiga15…

…in giro per la città…

…e da Dolce & Gabbana

Un altro scatto del Natale di Venezia, città adottiva del Principe

 

Photo courtesy of Maurizio Agosti

 

New York Fashion Week Primavera Estate 2024: mi è piaciuto…15 flash dalle sfilate

 

Comincia il recap di VALIUM sulle Fashion Week: voleremo a New York, Londra, Milano e Parigi per un resoconto delle sfilate Primavera Estate 2024. Assocerò ad ogni capitale della moda 15 flash riferiti ad altrettante collezioni; la selezione è dettata dal mio gusto personale o riguarda i brand di cui – per svariati motivi – più si è parlato. Iniziamo con New York, dove la Fashion Week si è tenuta dall’ 8 al 13 Settembre. Nella Grande Mela sono state 71 le collezioni svelate, un totale che include le sfilate e le presentazioni. Helmut Lang, alla cui direzione creativa ha debuttato lo stilista Peter Do, ha aperto la kermesse, conclusasi poi con lo show di Luar. Gli esordi, le assenze clamorose e i ritorni sensazionali hanno punteggiato una Fashion Week che ha segnato una decisa svolta nello stile Made in USA: minimalismo, monocromia, sostenibilità e inventiva potrebbero essere le sue parole d’ordine, rappresentate da brand di punta quali Proenza Schouler, Khaite, Gabriela Hearst, Collina Strada e Bevza (per menzionarne solo alcuni). Tra i grandi assenti Thom Browne, nominato nel Gennaio scorso nuovo Presidente del CFDA (e succeduto a Tom Ford dopo il mandato di tre anni di quest’ultimo), ma sono probabili future apparizioni “a sorpresa” considerato il 20esimo anniversario del suo marchio. Tempo di festeggiamenti anche per Coach, che ha celebrato con uno show non in calendario il primo decennio di Stuart Vevers alla direzione creativa. A “disertare” la Fashion Week sono stati, inoltre, Rodarte, Simkhai e Veronica Beard; da segnalare invece i ritorni di Ralph Lauren, Sally LaPointe, 3.1 Phillip Lim e Jonathan Cohen. La Fashion Week newyorchese ha contato, in conclusione, sulla presenza di label che incarnano una nuova accezione di stile: oltre a quelle già citate ricordiamo Area, Eckhaus Latta, Dion Lee, Puppets & Puppets e Ulla Johnson. Qui di seguito, i miei 15 flash.

 

Il minimalismo e i cromatismi geometrici di HELMUT LANG

Il mix and match e le suggestioni gipsy di COLLINA STRADA

I tessuti inediti e i colori cangianti di PRIVATE POLICY

L’eleganza essenziale e la candida sensualità di BEVZA

La femminilità fluttuante e i colori arcobaleno di PRISCAVera

Il trionfo di ruches e il monocromo fluo di ULLA JOHNSON

L’estro variopinto e il trompe-l’oeil sartoriale di COLIN LOCASCIO

I contrasti e i bagliori lunari di JASON WU

Il savoir faire e lo chic avant-garde di ADEAM

La sperimentazione e il denim “modulare” di AREA

Il lusso sostenibile e le linee che valorizzano la silhouette di GABRIELA HEARST

Il knitwear minimale e la palette pastello di PH5

Lo scintillio all over e i look eye-catching in stile Studio 54 di THE BLONDS

I grafismi e il denim degradè di MMAM

La sostenibilità e la giocosità gender neutral di Melke NYC

 

Foto di copertina via Unsplash

Sulle tracce del Principe Maurice – Un’esotica fiaba contemporanea

 

Il nostro ultimo appuntamento con il Principe Maurice risale al Febbraio scorso: in occasione del Carnevale di Venezia, Maurice ci ha accompagnato nei luoghi ed agli eventi “in maschera” più affascinanti della Serenissima. Sono passati tre mesi, da allora. Un periodo che il nostro eroe ha vissuto tra mille impegni, viaggi di lavoro e di relax, iniziative e date speciali. Ma io non ho demorso. Ho fatto scorta della pazienza di Giobbe e sono rimasta costantemente sulle sue tracce. In un pomeriggio di primavera inoltrata, finalmente, siamo riusciti a fissare un appuntamento telefonico. Non c’è bisogno di dire che la nostra è stata una conversazione fiume: Maurice doveva raccontarci le tappe più salienti di questi mesi di latitanza da VALIUM, un compito piuttosto arduo dati gli innumerevoli progetti a cui ha preso parte. Grazie alla travolgente energia che lo contraddistingue, tuttavia, l’ intervista si è come sempre tramutata in una chiacchierata ipnotica e avvincente. Se dovessi riassumerla con un aggettivo, la definirei “fiabesca”: una fiaba contemporanea che parte da Fabriano, la “città della carta” adagiata in una valle dell’ Appennino umbro-marchigiano, per poi approdare in luoghi da mille e una notte quali Venezia, Dubai e Baku, la capitale dell’ Azerbaigian, senza trascurare Milano e Riccione…Una fiaba esotica che, ve lo assicuro, vi catturerà dal primo istante. Per assaporarne appieno la meraviglia, non vi resta che continuare a leggere.

Rimanere sulle tue tracce per tre mesi non è facile, data la mole di impegni che ti vedono protagonista! Suggerirei di ripercorrere le tappe più importanti. Magari cominciando dalla tua serata al Bohemia Music di Fabriano, dove ti sei esibito il 25 Febbraio scorso…

Senz’altro è stata un’esperienza straordinaria e unica nel suo genere, la prima sperimentazione di un nuovo format che potrebbe avere un successo incredibile: mettere a confronto le due coste (toscana e romagnola) che hanno sempre spadroneggiato nel mondo della musica techno e dell’animazione. Sostanzialmente, la serata era incentrata su un gemellaggio tra il Cocoricò e l’Insomnia. E’ stato magnifico perché ho potuto rincontrare punte di diamante dell’Insomnia come Franchino, Joy Kitikonti e Luca Pechino, mentre a rappresentare il Cocoricò c’eravamo Cirillo ed io. Ci siamo alternati. Hanno cominciato “i toscani” e abbiamo proseguito noi, in un crescendo straordinario che il pubblico ha molto gradito: era come prendere due piccioni con una fava. L’ evento è stato fantastico e dal punto di vista artistico e dal punto di vista emotivo, perché metteva due miti nello stesso contenitore. Tra l’altro il locale, molto bello, si prestava perfettamente all’ iniziativa, e tutto è andato per il meglio. Io ho avuto l’opportunità di coinvolgere due eccezionali acrobati maceratesi che hanno accompagnato le mie performance con acrobazie meravigliose. Il pubblico ha recepito in maniera empatica e gioiosa questa festa doppia. Da parte mia l’ho vissuta con grandissima emozione, e penso che quel format vada implementato e sfruttato di nuovo perché è eccezionale: l’idea del coast to coast, anche se le nostre coste non sono così lontane come quelle degli Stati Uniti, è veramente intrigante! Spero che avremo modo di riproporlo.

 

Il Principe al Bohemia di Fabriano, nelle Marche

Dopo la performance fabrianese non sei di certo stato con le mani in mano. Parlaci ad esempio di “Discorivoluzione”, la mostra sul clubbing ideata dal Politecnico in collaborazione con Le Cannibale che si è tenuta a Milano, dal 3 al 5 Marzo, al PAC (Padiglione d’Arte Contemporanea).

E’ stato bellissimo…Quando le istituzioni si avvicinano al nostro mondo (in questo caso il Politecnico, un’istituzione culturale di importanza internazionale, e l’Assessorato alla Cultura del Comune di Milano), il risultato è sempre meraviglioso. Il Comune ha messo a disposizione il PAC, il Padiglione d’Arte Contemporanea adiacente alla Villa Reale di Milano, uno spazio espositivo di grande prestigio. Gli studenti di architettura ed architettura di interni del Politecnico hanno realizzato un progetto di ricerca sull’architettura delle discoteche e sul mondo del clubbing internazionale. Essendo l’iconica Piramide del Cocoricò inclusa nel progetto, hanno voluto incontrarmi per farmi alcune domande. L’ intervista ha evidenziato l’esigenza di dialogare con un testimonial, un portavoce della nightlife, per approfondire il modo in cui lo spazio del club veniva utilizzato dal punto di vista performativo. Questa intervista, carinissima, è stata pubblicata sui social del Politecnico e “Discorivoluzione” l’ha mandata in loop insieme a quelle di altri celebri protagonisti del mondo techno. Il Cocoricò è stato preso in esame sia dal punto di vista della sua struttura che delle sue tendenze, dei suoi tratti identitari. Il PAC proliferava di installazioni, riproduzioni in scala dei locali, eventi, paraphernalia anni ‘90… una maschera del mio volto è stato uno dei feticci più ammirati e concupiti: hanno cercato persino di portarsela via, quasi fosse stata “La Gioconda” del Louvre!

 

 

Questa mostra-evento mi ha entusiasmato enormemente. Da parte degli studenti ho ricevuto un’accoglienza calorosissima, addirittura reverenziale. Ho incontrato un professore che mi ha detto di essere stato un habitué del Cocoricò, per cui mi ritrovo a interloquire con svariate fasce sociali e d’età: i ragazzi di un tempo oggi sono professori, assessori, manager, imprenditori, artisti… altro che generazione “X” perduta e perdente!…E’ bellissimo, veramente incredibile! “Discorivoluzione” esplorava la club culture a 360 gradi, musica compresa naturalmente. Tantevvero che Daniele Baldelli si è esibito in un dj set pazzesco…Questa tre giorni ha ottenuto un successo tale che penso  debba essere riproposta assolutamente. E’ una mostra che merita di essere divulgata, un esempio di come il mondo del clubbing possa essere cultura in tutti i sensi. La cosa interessante è che si è partiti dal concetto di architettura di interni e di esterni per poi esplorare il modo in cui la struttura di una discoteca viene sfruttata, rendendola mitica. Ti confesso che essere stati affiancati a giganti del clubbing mondiale come il Ministry of Sound di Londra o lo Studio 54 di New York è stata una grandissima soddisfazione, anche a livello morale: la celebrazione (e la rivincita) di un settore che ultimamente è stato messo in crisi da tanti fattori. I club possono essere dei contenitori sociali, dove trasmettere valori oltre che fare divertimento. Noi del Cocoricò la cultura l’abbiamo già fatta, possiamo continuare a farla. E sempre meglio!

 

Estasiato e stupefatto accanto alla sua maschera esposta al PAC, Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano

Special Guest della kermesse “Discorivoluzione”, la mostra-evento organizzata dal Politecnico di Milano

Poi sei volato a Dubai con il Grand Bal di Monte Carlo. Che ci racconti di questa esperienza?

Tutti sapete che io ho da sempre una doppia vita. Sin dalla gloriosa epoca del Cocoricò, al mio lato “trasgressivo” e avanguardista alternavo quello più serioso e filologico di Maestro di Cerimonie del Carnevale di Venezia. L’essermi fatto conoscere al Carnevale è stata per me una vetrina importante: mi ha consentito di fare animazione, direzione artistica, partecipare al mondo prestigioso dei grandi balli anche grazie alla società denominata Noble Monte-Carlo. La dirige Delia Grace Noble, un’affascinante signora rumena, cantante lirica straordinaria e ambasciatrice dell’Unicef trasferitasi nel Principato di Monaco ormai da tempo. All’attività di soprano Delia affianca quella di organizzatrice di eventi mondani e culturali. Io a Monte Carlo organizzavo eventi per la SBM, la Société des Bains de Mer, e lei mi ha contattato anche in virtù di questo mio ruolo. Tra noi si è subito instaurata un’intesa umana e professionale. Sotto la sua direzione artistica, l’anno scorso, mi sono esibito nel gala ufficiale di chiusura del padiglione del Principato di Monaco all’ Expo di Dubai. E’ stato qualcosa di grandioso: la famiglia reale ha desiderato e patrocinato un ballo al Burj al- Arab, il rinomato e iconico hotel a sette stelle a forma di vela, dove ci hanno onorato della loro presenza ben sette sceicchi e le loro corti. Lo considero a tutt’oggi uno degli eventi più lussuosi e prestigiosi a cui abbia preso parte nella mia vita, un’esperienza molto emozionante perché abbiamo portato le atmosfere delle corti europee, dei grandi balli dell’800, negli Emirati Arabi. Gli sceicchi, seduti in prima fila, per protocollo sarebbero dovuti rimanere un’oretta, invece hanno gradito lo spettacolo al punto tale da decidere di godersi tutta la serata. Uno sceicco, anche a nome anche degli altri membri delle famiglie reali, mi ha voluto  ricevere nel suo ufficio al World Trade Center perché era interessato a saperne di più su alcuni dettagli del ballo. Per me è stata un’enorme soddisfazione, ho avuto una conferma del successo ottenuto e del fascino che ha sprigionato il nostro evento. Per Dubai, una città abituata al lusso sfrenato e al divertimento ma poco ricca di storia, siamo stati una bella novità!

 

La straordinaria performance di Dubai con il Grand Bal di Monte Carlo: in prima fila, gli sceicchi ospiti dell’ evento

Hai anche avuto modo di visitare Dubai, una città nota per il suo lusso opulento e per la vita notturna vibrante? Se sì, che impressione ti sei fatto di questo luogo talmente sfarzoso da sembrare irreale?

Quel territorio non ha una grande storia alle spalle, e proprio per questo si è proiettato in una dimensione futura e futuristica. Ho visitato il Museo del Futuro, dove ci sono progetti che verranno ultimati nel 2060 e nel 2070 ma sono già partiti… sembrano usciti da un libro di fantascienza! Questo Museo è interessantissimo, ma la cosa che mi ha emozionato di più è stato il Burj Khalifa, il grattacielo più alto del mondo: misura 828,28 metri di altezza! E’ completamente ricoperto di led e di notte, quando è illuminato, appare altamente scenografico. Ma quando è spento è talmente imponente da diventare quasi inquietante, una torre di babele pazzesca! Il giorno in cui l’ho visitato (ero al 145mo piano, dove sembrava di stare in un aereo stazionato sopra la città), mi sono messo alla ricerca di un rifugio che facesse da contrappeso a tanta maestosità: sono andato a bere un caffè all’Armani Hotel. Mi sono subito sentito a casa. Lo sfarzo arabo è fatto di molto oro affiancato ai tradizionali colori religiosi, quindi il turchese, lo smeraldo, il blu cobalto…ma a volte si rivela lontano dal nostro gusto. Invece il Burj Khalifa sfoggia un’eleganza tecnologica, avveniristica e di design molto particolare. All’ Armani Hotel, un fiore all’ occhiello del Made in Italy all’ interno di questo capolavoro di ingegneria e architettura che è il Burj Khalifa, sono dedicati ben sette piani. E poi, in giro per la città, ho notato un canale che mi ha fatto pensare a una sorta di Venezia del quarto millennio: era solcato da imbarcazioni, anche turistiche, c’erano molti ristoranti e grattacieli dal lusso ridondante. A Dubai c’è la voglia di creare il tutto dal nulla. Il futuro è il valore aggiunto della città. Non ho trovato troppo invitanti le spiagge, l’acqua non è così limpida e trasparente come la nostra, però si può fare dello sport acquatico. Quello che attira di più, indubbiamente, è l’ostentazione dello sfarzo, della ricchezza e dell’esclusività.

 

Ori e opulenze in quel di Dubai. Qui sopra, il Burj Khalifa: è il grattacielo più alto del mondo

Il 2 Aprile, per te, è stata una data importante: ricorreva il compleanno di Giacomo Casanova, il seduttore veneziano di cui sei ormai l’alter ego. So che nella Serenissima svariate iniziative ti hanno visto protagonista…

L’iniziativa più importante – Casanova nacque esattamente il 2 aprile del 1725 – è stata l’inaugurazione della Fondazione Giacomo Casanova, che fa ricerche a livello culturale e filologico per divulgare non solo l’immagine dell’avventuriero e libertino, ma soprattutto quella del Giacomo intellettuale, del grande testimone del suo tempo. Casanova è stato protagonista autentico ed appassionato dell’Illuminismo pur subendo il fascino dell’ancien régime e delle splendide Corti europee. Di questa Fondazione fanno parte studiosi casanoviani provenienti da tutta Italia e tutta Europa. Essendo io il suo testimonial, ho potuto inaugurare l’Infopoint a Palazzo Zaguri che tra due anni ospiterà il Museo Ufficiale di Giacomo Casanova. In questo bellissimo Palazzo in Campo San Maurizio, infatti, nel 2025 verrà collocato il Museo dedicato al grande seduttore. E’ giusto che Casanova “ritorni” a Venezia, la sua città natale. Le sue spoglie, purtroppo, sono irrintracciabili perché era finito in miseria e fu seppellito in una fossa comune. Ma le sue gesta, non solo quelle erotiche bensì le sue temerarie avventure e disavventure, le sue invenzioni (basti pensare al gioco del lotto), la sua attività di letterato, musicista, collaboratore a libretti d’opera quali il “Don Giovanni” di Mozart, a cui lavorò con Lorenzo Da Ponte…rimarranno eternamente impresse nella nostra memoria.

 

La Casanova Foundation di Venezia

C’è ancora tanto da scoprire su di lui, e questa Fondazione ha proprio lo scopo di aiutare tutti a conoscere un Casanova più completo, nella sua città, con la sua Fondazione e il suo Museo Ufficiale. E’ il veneziano più famoso al mondo insieme a Marco Polo, ma nell’ immaginario mondiale viene per primo. Una vita teatrale come la sua ha fatto sì che il personaggio storico diventasse una maschera da Commedia dell’Arte, il suo nome è diventato addirittura un aggettivo: “E’ un Casanova”, come si suol dire!

 

Abbandoniamo per un attimo la tua vita professionale per passare al privato. Come hai trascorso il weekend pasquale? Dopo tanto girare hai deciso di rimanere in famiglia o ti sei spostato nuovamente?

Mi sono spostato: “Natale con i tuoi, Pasqua con chi vuoi”! Sono stato qui nel Veneto con la mia seconda famiglia, la famiglia Venerandi. Ho trascorso queste festività sia esibendomi nel dinner show dedicato che partecipando al pranzo pasquale ricco di ospiti organizzato all’Hotel Spresiano adiacente all’Odissea Fun City (mega club di cui quest’anno ricorre il 30mo anniversario). Grazie ai miei cari amici del trevigiano ho potuto godermi questa bella festa, per me supremo simbolo di rinascita e speranza.

Una manciata di giorni dopo, comunque, eri già in volo per una destinazione estremamente affascinante: Baku, la capitale dell’Azerbaigian. Posso chiederti cosa ti ha riportato nell’ esotica “città dei venti” affacciata sul mar Caspio?

Intanto, l’Azerbaigian per me è una terra magica. Una terra dove gli elementi sono potenti, e non solo il vento che spira forte, ma anche l’acqua, perché si affaccia sul mare; la terra, perché è una terra fertile: gli azeri producono verdure deliziose, e poi sapessi la bontà dei loro vini rossi! Le tre fiamme in prossimità di Baku bruciano da millenni. Probabilmente sono pozze di petrolio, e sono diventate il simbolo della città. Le riproducono anche i bei grattacieli che di giorno hanno una forma un po’ particolare, sembrano proprio delle fiamme, ma di notte si infiammano letteralmente grazie a un tripudio di led. Ammirarli è uno degli spettacoli più belli che possa offrire la città! Sono andato a Baku con molto piacere perché la adoro, adoro la sua gente, e per chiudere il cerchio sull’ iniziativa del Museo Mocenigo: la presentazione di un profumo, prodotto da Mugham, che celebra la riconquista di Shusha. Shusha, la capitale culturale del Caucaso, è stata infatti riannessa al territorio dell’Azerbaigian dopo essere stata presa da potenze esterne. La fondazione di Shusha risale al 1752, non a caso questo profumo si chiama 1752 Karabakh Bouquet. Il mio viaggio a Baku aveva uno scopo ben preciso: consegnare un’ importante lettera della Presidenza della Fondazione dei Musei Civici di Venezia alla Mugham, una casa di produzione che si impegna non solo nella produzione dei profumi, ma anche a livello di divulgazione culturale e musicale. Mugham in azero è una parola magica che significa “musica, tradizione, retaggio”. Sono state create sette note di profumo che diventano una sinfonia nella fragranza celebrativa 1752 Karabakh Bouquet. Musica e profumo si fondono quindi all’insegna del “mugham”: un termine simbolico, iconico, importantissimo in Azerbaigian. Considero l’iniziativa di Palazzo Mocenigo di accogliere questa fragranza nella collezione/archivio del Centro Studi del Profumo, parte preziosa del Museo, l’evento forse più bello, prestigioso ed esclusivo del Carnevale di Venezia 2023, celebrato con un Gala dell’ Associazione Internazionale per il Carnevale di Venezia al Museo Correr il Venerdì Grasso.

 

Le meraviglie esotiche di Baku, capitale dell’ Azerbaigian

Tu viaggi molto all’estero, per lavoro ma – come ben sanno tutti i lettori di VALIUM – anche per diletto. Hai mai pensato di trasferirti all’ estero in pianta stabile, buen retiro di Palma di Maiorca a parte?

No. Voglio restare in Italia, anche se è tanto difficile per una serie di motivi. Ma l’Italia appartiene troppo al mio Dna perché io possa lasciarla per trasferirmi altrove. Espatriare, poi, per me sarebbe una sofferenza. Io voglio essere italiano e portare la cultura italiana nel mondo più che posso, in particolare la cultura veneziana perché Venezia è la mia città di adozione. Non credo che mi trasferirò mai, anche se ho in programma di andare tra tre giorni a Palma di Maiorca! Lì trovo un ambiente tranquillo, ho un’empatia totale con la natura…E’ l’isola delle Baleari che preferisco. Poi credo che farò una puntata a Ibiza, in questi giorni riaprono i locali…andrò a curiosare un po’. Maiorca mi piace moltissimo e sono contento di avere un buen retiro là, ma l’Italia non la lascerò mai. Per turismo o per lavoro l’estero ci sta, ma il Bel Paese è la mia terra natia.

 

Altre immagini di Baku. Qui sopra, il sontuoso Museo Nazionale di Storia dell’ Azerbaigian

A proposito di viaggi, quali aggiornamenti puoi darci sul tuo Grand Tour?

Ho dovuto abbandonare un po’ l’idea a causa degli impegni. Però mi rendo conto che il Grand Tour, più che essere composto da tappe prestabilite come dettò a suo tempo la regina Elisabetta I d’Inghilterra per istruire la giovane nobiltà inglese, oggi abbraccia in realtà un concetto molto più vasto, nel senso che si possono trovare suggestioni e riferimenti a valori importanti in tutto il mondo. Per me anche Baku, per esempio, appartiene alla mia idea di Grand Tour. Nei viaggi che faccio cerco sempre di abbracciare il senso filosofico del Grand Tour, di rinnovare quindi conoscenze antiche o di intrigarmi con nuove esperienze. Anche Dubai fa parte del Grand Tour, perché è un aggiornamento su ciò che accade nel mondo. Tutto quel che c’è in giro di iconico, di suggestivo, per me è Grand Tour. Il mio Grand Tour filosofico, perciò, è sempre attivo.

Tornando in Italia, il 29 Aprile per te è stata un’altra data clou: ti sei esibito in un Memorabilia proprio nella leggendaria location del Cocoricò. Con te c’erano, per fare solo qualche nome, dj del calibro di Cirillo, Saccoman e Ricci jr . Come spiegheresti lo strepitoso successo che questo appuntamento riscuote presso le nuove generazioni? Il Memorabilia è un must anche per chi non ha vissuto la gloriosa era dei ’90…

Ormai, nell’immaginario dei giovanissimi, è diventato una sorta di Grand Tour emotivo e musicale. Quest’ anno abbiamo avuto come special guest Darren Emerson, musicista, dj, produttore di fama internazionale e membro degli Underworld, la band che ha firmato “Born Slippy” e alcuni brani della colonna sonora di “Trainspotting” (il film visionario e un po’ inquietante che è stato un baluardo della gioventù anni’90). I giovanissimi sono attratti da quelle sonorità, oggi inesistenti. Non c’è più niente di nuovo che sia potente e suggestivo come la musica fatta e prodotta dai nostri dj, che si sono fatti conoscere in tutto il mondo con le loro produzioni techno, techno trance ecc. Ma il Memorabilia si è imposto anche per la riproposta del Teatro Notturno, una mia esclusiva. Un particolare molto importante: il 30 aprile di 60 anni fa nasceva il compianto Riccardo Testoni aka RicciDj, per cui allo scoccare della mezzanotte tutti noi della crew abbiamo realizzato un breve ed emozionale evento per onorare la memoria di questo notevole dj e produttore, ma soprattutto meraviglioso amico. Per me, la commemorazione di Ricci Dj è stata la cosa più importante di questo Memorabilia. Avevo deciso che avrei parlato col cuore come feci in occasione del suo elogio funebre, perché avevo visto Ricci solo un paio di giorni prima e mi aveva colpito il fatto che una persona così straordinaria potesse venire a mancare all’ improvviso. All’ epoca, ricordo che al microfono della chiesa dissi: “Questa volta il microfono invece di accompagnarti a una serata ti accompagnerà nel tuo ultimo viaggio, ma l’emozione è la stessa. La passione, l’amore, il rispetto per te è lo stesso, se non di più, perché da oggi rimarrai per sempre nella nostra memoria”. E questo è anche uno dei compiti del Memorabilia.

 

Il Memorabilia al Cocoricò: il costume incontra la moda originando una fusione teatrale (gli abiti del Principe, in rosa Valentino, sono dell’ Atelier La Bauta)

L’ estate si avvicina. Potresti darci qualche anticipazione a grandi linee su come sarà la tua?

Senz’altro ho dei progetti di lavoro in ballo, anche se dopo il Covid tutto si conclama un po’ last minute. Per cui ci sono tante cose in vista; lavorerò in giro per l’Europa, ma voglio anche godermi le vacanze. Sicuramente effettuerò un tour di spiagge mediterranee prima di volare in Giamaica per andare a trovare Grace Jones. Vorrei assistere a diversi suoi concerti tra l’America e l’Europa, per esempio ce n’è uno a New York a fine Maggio, un altro a Giugno in InghilterraGrace è l’artista che seguo di più, vuoi per amore, vuoi perché adoro la sua musica. In più, sta per uscire una sua nuova produzione discografica intrigantissima, dall’atmosfera “afro-tecnologica”…Riassumendo: la mia sarà un’ estate di lavoro, ma sarò anche impegnato a seguire Grace nel suo tour e, last but not least, a godermi questo mondo…almeno finchè c’è!

 

Tableau Vivant al Memorabilia con la Contessa Pinina Garavaglia

Dettagli del look del Principe all’ appuntamento riccionese del 29 Aprile

Il concerto di Grace Jones che Maurice ha già incluso tra gli eventi a cui non ha intenzione di mancare

 

Photo courtesy of Maurizio Agosti

 

Milano Fashion Week: 10 flash dalle collezioni Autunno Inverno 2023/24

 

Dopo una lunga pausa, riannodiamo il fil rouge con le Fashion Week delle capitali della moda. All’ appello mancano Milano e Parigi, perciò cominceremo subito con la prima. Nella capitale lombarda, le collezioni Autunno Inverno 2023/24 sono state presentate dal 21 al 27 Febbraio; a fare da leitmotiv, tre principi fondamentali: la valorizzazione degli stilisti emergenti, la sostenibilità e l’inclusività ad ampio spettro. Il savoir faire italiano è stato celebrato da 59 sfilate ( 54 in presenza e 5 in format digitale), 29 eventi e 77 presentazioni. Moltissimi i debutti che hanno contraddistinto la manifestazione, sia inerenti ai young talents che ai grandi marchi. Qualche nome? Alabama Muse, Avavav, Tomo Koizumi supported by Dolce & Gabbana tra gli esordienti, Max &CO with Anna Dello Russo, Pianegonda, Wolford, Maison Laponte, Viviers e Spaccio Alta Maglieria tra coloro che hanno sfilato per la prima volta sulle passerelle meneghine. Va segnalata, inoltre, una miriade di novità. Impossibile citarle tutte: mi limiterò a menzionare la nuova location del Fashion Hub, ovvero il Palazzo Giureconsulti in Piazza dei Mercanti, il maxischermo in Piazza Duomo che ha permesso di assistere alle sfilate anche ai non addetti ai lavori, le iniziative dei Black Carpet Awards e del Budapest Select, dedicato ai brand emergenti ungheresi. Una curiosità: Versace non era presente alla kermesse. Donatella Versace, infatti, ha svelato il 10 Marzo a Los Angeles la collezione Autunno Inverno del brand. Partiamo subito, ora, con le dieci collezioni selezionate da VALIUM.

 

Fendi

I capisaldi dell’abbigliamento maschile si declinano al femminile assumendo connotazioni inedite: un gilet è unito a maniche che scoprono le spalle e lascia la schiena completamente nuda, una gonnellina plissettata ricorre, sovrapponendosi ai pantaloni da uomo. Ma ad accendere l’ispirazione sono anche le collezioni per la casa, compresa quella – super iconica – realizzata da Karl Lagerfeld nel 1996, a cui fa riferimento una serie di look in color block stampato su maglia a costine. La palette cromatica affianca i colori neutri al fucsia, al rosso e all’acquamarina.

Del Core

Ispirazione eco per Del Core, da sempre interessato al benessere del nostro pianeta. La collezione “Embers Bloom” si riallaccia ai paesaggi incontaminati dell’ Alaska, alle secolari rocce ricoperte dai muschi e dai licheni, agli incendi che scoppiano improvvisamente a causa dell’aridità della terra. E’ proprio l’irruenza del fuoco, la cui potenza distrugge, ma al tempo stesso purifica e rigenera, a caratterizzare look “mutanti” prodotti da un’immaginaria combustione. Cromaticamente prevalgono il bianco e il nero, alternati a pattern di licheni artici di stampo floreale.

Marco Rambaldi

La collezione, “Supernova”, prende spunto dal leggendario Cocoricò e dalla sua Piramide. Lacci a profusione, pelle, crochet, pantaloni a vita bassa stile anni ’90 (l’epoca d’oro del locale), lana merino e collant rigorosamente in pizzo si mescolano mirabilmente, spacchi e oblò imprevisti si aprono sugli abiti, un serpente in jacquard si insinua sul davanti di un top. La pancia viene spesso lasciata scoperta o velata di trasparenze. I gioielli metallici realizzati da Priscilla Anati, di grand’effetto, completano l’unicità dei look: una caratteristica degli outfit avvistati nell’iconico club riccionese.

Alberta Ferretti

Il focus è su una femminilità disinvolta, audace, romantica e volitiva al tempo stesso. Il nome della collezione, “After Dark Bloom”, ne condensa il mood. Una rosa rossa imprime i suoi petali su ogni look, mimetizzandosi in tessuti quali il velluto, lo chiffon, il macramé, il voile di seta. E’ una fioritura notturna, la sua, che impregna di mistero le creazioni: lunghi abiti affusolati e impalpabili contrapposti a capi sartoriali da uomo e a tailleur pantalone esaltati da scenografici capispalla. La palette cromatica predilige colori intensi come il nero, il ruggine e il rosso cardinale, l’accessorio ricorrente è un iconico cappello a tesa larga.

N.21

L’ispirazione guarda ad Antonioni e alla sua trilogia dell’incomunicabilità. A fare da leitmotiv sono i capi cult del look borghese anni ’60, che vengono reinterpretati con ironia. La critica sociale di Alessandro Dell’Acqua, naturalmente, si esprime tramite l’abbigliamento: la noia, l’erotismo represso, il bon ton di facciata della borghesia di mezzo secolo fa si traducono in cappotti e twinset indossati al rovescio, top lingerie che ricadono sui fianchi, golfini abbottonati in modo sghembo, abiti sottoveste sovrapposti, spalle che rimangono scoperte casualmente, ma solo in apparenza. La gonna a matita è il capo iconico, oltre che ricorrente, della collezione.

Etro

Lo stile bohémien di Etro riletto da Marco De Vincenzo. Spicca un capo leitmotiv, un plaid-mantella che si avvolge attorno al corpo ricoprendo spalle e busto. Si indossa con miniabiti sfrangiati e vertiginosi cuissardes issati su un plateau. La maggior parte dei look è composta da long dress boho che inneggiano all’ ariosità tramite forme fluttuanti, tessuti impalpabili e cascate di balze; alcuni abiti vengono abbinati a scialli avviluppati intorno al corpo come il plaid. Predominano pattern quali il Paisley e il floreale, quest’ultimo anche declinato in 3D, alternati a rombi e righe “etniche” multicolor.

Max Mara

Come si sarebbe vestita Émilie du Châtelet, la musa della collezione, nel 2023? Ian Griffiths si ispira alla grande matematica francese del XVIII secolo, intellettuale e spirito libero, per reinterpretarne il guardaroba. Broccati, tessuti damasco, gonne panier, cappotti appoggiati con studiata noncuranza su una spalla predominano. Le cinture, altissime e in vernice nera, rievocano un bustino, lunghi cappotti Teddy con alamari si alternano a parka ricercati e giacconi matelassé. La gonna panier, impreziosita dai broccati, si declina in innumerevoli forme e lunghezze. Ogni look si accompagna, per contrasto, a stivaletti o anfibi massicci.

Calcaterra

Intitolata “The Wave”, la collezione si ispira al ritmo delle onde per ricreare una sensazione di ciclicità e armonia. I look sono all’insegna del monocromo, le forme minimal abbracciano dimensioni oversize. I capispalla e i pantaloni, entrambi oltremodo ampi, prediligono linee arrotondate. Le gonne, ad anfora, esibiscono spacchi o altissime bordure di piume. Ai volumi extra si contrappongono costantemente quelli mini, tradotti soprattutto in top, pull e dolcevita. I primi look sanciscono il trionfo del bianco in ogni sua sfumatura; seguono il verde salvia e il verde oliva, il burgundy, il nero e, a sorpresa, un pattern zebrato.

Blumarine

Il riferimento è Giovanna D’Arco. In passerella, sullo sfondo, la B di Blumarine arde come se fosse il rogo dove fu bruciata viva la pulzella di Orléans. Il colore predominante è l’argento, un chiaro richiamo all’armatura della Santa, il mood è audace e sfrontato. Trionfano le forme aderenti al corpo, abiti, gonne e miniabiti metalizzati ricchi di drappeggi e fuseax attillati come una seconda pelle; un tripudio di fibbie decora corpetti e stivali bordati di shearling. Le minigonne sono micro, un long dress in cotta di maglia rimanda a certe armature medievali, i pantaloni alla zuava si infilano in alti stivali. I look di chiusura, in un tripudio di ruches, balze e frange, ribaltano il mood iniziale inneggiando al tipico stile Blumarine pre-Nicola Brognano.

Giorgio Armani

“Cipria”, il titolo della collezione, si adatta mirabilmente all’eleganza firmata Armani. I look, raffinati, esprimono una femminilità eterea e consapevole valorizzata da copricapi ad hoc: il classico basco nero o il celebre “caschetto” di Cleopatra con perline e strass. Forme fluide, lunghe frange, gilet indossati sulla pelle nuda, linee dal sapore orientale, velluti, raso di seta e chiffon impalpabile  compongono un mix stilistico riuscitissimo e ben collaudato. Un fiore sinuoso ricamato sugli abiti e un’inedita stampa leopardo su sfondo rosa ricorrono in alcuni look. La palette cromatica è sognante: prevalgono il lilla, il beige, il nero, il tipico “greige”, il rosa. In nuance confetto e cipria, naturalmente.

 

Il close-up della settimana

 

La notizia ormai è ufficiale: il marchio Walter Albini, capostipite del prêt-à-porter italiano, sta per essere rilanciato in grande stile. La proprietà intellettuale e buona parte degli archivi del brand sono stati acquistati da Bidayat, la società d’investimento con base a Lugano fondata da Rachid Mohamed Rachid. Rachid, CEO del fondo del Qatar Mayhoola che ha già acquisito le maison Valentino e Balmain, è entusiasta dell’ operazione. Attualmente sta intrecciando collaborazioni con un gran numero di media, musei, curatori, gruppi editoriali  e professionisti del settore del lusso allo scopo di divulgare l’eredità di Walter Albini e riaffermare la potente iconicità delle sue creazioni. Prima che li acquistasse Bidayat, gli archivi di Albini (che abbracciano un periodo compreso tra il 1965 e il 1983) erano di proprietà di Barbara Curti: sua madre, Marisa Curti, è stata un’appassionata collezionista di tutto ciò che riguardava lo stilista sin da quando apparve sulle scene. Abiti con le leggendarie stampe signature del brand, gioielli, accessori, un’incredibile quantità di foto e di disegni costituiscono il materiale della raccolta, di cui Barbara Curti seguiterà a occuparsi nel ruolo di curatrice. Il primo step del progetto di rilancio è incentrato proprio su un accurato studio dell’ heritage, che fornirà degli elementi decisivi per il futuro del marchio. La sfida è a dir poco emozionante: stiamo parlando di una griffe che il suo fondatore (Walter Albini, appunto) rese unica e irripetibile; non è un caso che lo stesso Rachid Mohamed Rachid l’abbia definita “un gioiello nascosto della moda italiana”. Ripercorrere in molta sintesi il percorso di Walter Albini, a questo punto, mi sembra d’obbligo. Nato a Busto Arsizio nel 1941, comincia a fare schizzi delle sfilate di alta moda appena diciassettenne, mentre studia ancora all’ Istituto d’Arte. Invia i suoi disegni alle riviste, si suddivide tra Roma e Parigi dove svolge la sua attività; nella Ville Lumière conosce Coco Chanel e ne rimane estasiato. Esordisce come fashion designer con Krizia di Mariuccia Mandelli, lavorando a fianco di un giovanissimo Karl Lagerfeld. Da Krizia rimane tre anni, a cui seguono collaborazioni con svariate case di moda. Si afferma a cavallo tra gli anni ’60 e ’70 sbalordendo per il suo spirito innovativo: nel 1970 lancia il total look e l’ “unimax”, outfit per uomo e donna accomunati dal taglio e dalla tonalità; nello stesso anno svela la collezione Anagrafe, che a otto spose vestite di lunghi abiti rosa contrappone otto vedove in minidress nero. Anna Piaggi conia il termine “stilista” appositamente per Albini, ma l’estroso visionario di Busto Arsizio, grazie alle sue intuizioni, si guadagna anche il titolo di “pioniere del prêt-à-porter italiano”: sfila a Milano anzichè a Firenze (la capitale storica della moda), propone uno stile perfetto per la vita quotidiana e distante dall’atmosfera ovattata degli atelier. Presenta la prima collezione firmata Walter Albini a Londra, nel 1973. E’ una collezione co-ed che lancia in parallelo a molte altre novità. Una su tutte? La proposta di due linee parallele, la prima destinata a un pubblico ristretto e la seconda alla grande diffusione. In Italia apre uno showroom a Milano e va a vivere a Venezia, dove organizza un’indimenticabile sfilata al Caffè Florian. Diventa un “personaggio”, il testimonial delle sue creazioni, arreda le case che possiede en pendant con le sue collezioni. Nel 1975, a Roma, debutta nell’ alta moda con una linea fortemente influenzata da Coco Chanel e dagli anni ’30, che insieme ai ’40 rappresentano il periodo storico a cui fa riferimento. Altri cardini del suo stile sono le suggestioni ethno (pregilige l’Asia, l’Africa, il Messico), l’ispirazione Fortuny, l’unisex, il total look, la grande attenzione per i dettagli e gli accessori. Albini viene considerato l’equivalente italiano di Halston e di Yves Saint-Laurent, ma sfortunatamente non vive a lungo: muore nel 1983, a soli 42 anni. In Italia, all’ epoca, esplode il prêt-à-porter, un settore che lui stesso ha promulgato: il ricordo del suo marchio, tuttavia, sbiadisce con l’inarrestabile avanzata del Made in Italy.

 

 

Oggi, Bidayat ci offre la splendida opportunità di riscoprirlo. “La vera sfida sarà trovare una squadra direttiva del giusto calibro per concretizzare la nostra visione e ambizione”, dichiara Rachid Mohamed Rachid. E gira voce, non a caso, che alla direzione creativa del “nuovo” Walter Albini potrebbe essere nominato nientepopodimeno che Alessandro Michele.

 

Immagine di copertina: Walter Albini

Foto di Alessandro Michele by Walterlan Papetti, CC BY-SA 4.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0>, via Wikimedia Commons

 

“Per Sempre Giovani”: la Contessa Pinina Garavaglia lancia un live book crossmediale con la soundtrack di Dj Panda

 

Oggi ho il piacere, oltre che l’onore, di darvi una news del tutto speciale: è uscito ” Per Sempre Giovani – Poesie Viventi, Sonetti Attraenti”, il primo, travolgente live book della Contessa Pinina Garavaglia. Dove per “live book” si intende un volume multimediale, con tanto di soundtrack che ci accompagna lungo le sue 145 pagine. A firmare la suddetta soundtrack, una bomba in puro stile techno, è Ermanno Mainardi alias Dj Panda, un nome prestigioso nell’ ambito del clubbing: chi segue l’Infusion Power radiofonico della Contessa lo conosce bene, dato che i due collaborano al format ormai da tempo. Zacinto Edizioni, il marchio che il gruppo Biblion Edizioni dedica alla poesia, alla narrativa e ai testi teatrali votati alla crossmedialità, ha appena pubblicato questo eccezionale libro di “Poesie Viventi e Sonetti Attraenti”, un progetto innovativo (è il primo volume di poesie con sottofondo musicale mai stampato in Italia) presentato il 14 Gennaio scorso presso La Cavallerizza del Teatro Litta di Milano. Inutile dire che l’evento si sia avvalso di relatori di tutto rispetto: un gran cerimoniere del calibro di Mario Mattia Giorgetti, attore, regista e direttore di Sipario oltre che mentore della Contessa, e Roberto Vaio, curatore d’arte e speaker radiofonico. Ed è sempre Roberto Vaio a curare l’ introduzione del live book, addentrandoci sapientemente nel magico universo dei 104 componimenti in versi che racchiude.

 

La Contessa Pinina Garavaglia in un magnifico scatto del fotografo Donato Veneri

Per ascoltare la soundtrack è sufficiente inquadrare con lo smartphone il codice QR all’inizio di ogni capitolo; apparirà immediatamente il link al brano che verrà riprodotto in streaming. Si inizia con una ouverture-manifesto esaltata dal sottofondo impetuoso e ritmatissimo di Dj Panda, “In My Dimension”: “Non è mai troppo tardi per amare la burrasca del mare, per ballare con il tempo, per tuffarsi nel firmamento”, declama Pinina. “E’ una sorpresa travolgente, che può essere sconvolgente, ma che dà forza al cuore e libera la mente”…I versi sono ripetuti per ben tre volte, dando vita a un’atmosfera ipnotica e anticipando il mood trascinante, ad alto tasso di fascinazione e magnetismo, che fa da fil rouge all’ intero libro. Seguono le quattro sezioni che compongono il volume, “Nightlife”, “Wonderland”, “Celebrity Friends” e “Sonetti Attraenti”, ognuna contraddistinta da una colonna sonora con cui pulsa in perfetta armonia: “Overstate”, “Gold Dark”, “Sinless” e “Tensing” sono i titoli delle tracce musicali che le accompagnano. Conclude l’ opera una serie di foto della Contessa, con tanto di credits relativi ai designer che firmano le meravigliose creazioni di modisteria che indossa (Federico Caruso, che fu assistente di Franco Zeffirelli, Arrigo Sartoria Teatrale, Charmante Folie e Adriana Hot Couture hanno ideato per lei dei copricapo iconici, assolutamente straordinari); le immagini vengono magnificate a dovere dal sound di “Hartal”. “Per Sempre Giovani” non è soltanto un libro, è un piccolo capolavoro di arte sperimentale che combina musica e poesia. Per Pinina Garavaglia, spirito eclettico da sempre votato alla contaminazione, rappresenta una pietra miliare del suo percorso in bilico tra poesia e musica techno, teatro e body art. E’ un nuovo strumento di comunicazione artistica in cui i versi, immaginifici, adempiono a una precisa funzione: l’ evasione, la reazione e la ricreazione, una triade per Pinina quasi sacra. La soundtrack creata da Dj Panda convive mirabilmente con le poesie contenute nel volume; musica e versi si compenetrano, si sublimano a vicenda, raggiungono una simbiosi ideale. E se, come diceva Einstein, “Il tempo è un’illusione”, si evince che il concetto sintetizzato nel titolo racchiude una potente verità. Vogliamo essere così, “Per Sempre Giovani“: in questo live book la Contessa ci svela gli ingredienti del suo portentoso elisir di eterna giovinezza.

 

La ouverture mozzafiato di “Per Sempre Giovani”

 

Quali argomenti trattano, dunque, le poesie di “Per Sempre Giovani”? Complessivamente, potremmo definirle un’ escursione a tutto tondo nell’ essenza di Pinina Garavaglia. I titoli delle quattro sezioni del libro, in tal senso, sono significativi e rappresentano le più salienti sfaccettature dell’ anima poliedrica della Contessa. “Nightlife” corrisponde al primo capitolo. “Overstate”, la soundtrack delle poesie che include, esplode in un ritmo prorompente. Con queste incalzanti note in sottofondo ci addentriamo nel mondo fatato della notte, uno “scrigno prezioso” (come viene definito nel titolo di una lirica), uno “spazio di fuga/ di riposo di gioia/d’oblio e d’esaltazione/un luogo d’arte e genio/di vivida passione”(da “Lo Spettacolo è uno Scrigno Prezioso”). La Nightlife è un’altra dimensione, un regno parallelo dove la magia predomina e l’ impossibile si fa possibile. Laddove l’acqua balla con il fuoco e il sole si bacia con la luna, aleggia un alone potentemente onirico. La Dea Notte porta con sè colori cangianti, onde danzanti, scintillio di diamanti, e anima corpi altrimenti condannati a vegetare nella “pietraia umana”. La fiaba si insinua frequentemente, in questo universo alimentato da un’ “energia cosmica turbosensibile”: a una Fata Morgana che risplende di luce si affiancano “re d’oro e regine argentine/gialli scudieri e rossi cavalieri/candide fate e specchi incantati/verdi folletti e draghi infuocati” (da “I Ribelli”). Mezzanotte è l'”ora fatata” in cui si aprono i cancelli della “Notte liberata”, ma l’ oscurità, oltre all’aspetto sognante, mostra le sue molteplici sfaccettature. Nel buio si accendono sprazzi di pura realtà, come quando la Morte esplode in una risata sguaiata mentre la macchina sfreccia sull’asfalto (“Velocità”), l’alba sorge improvvisa e spezza l’incantesimo del chiar di luna (“Aurora in Fuori Orario”) o l’Autogrill, da mera area di ristoro, si tramuta in un’oasi “di delirio caramellato” dove le creature della notte approdano per rifocillarsi (“Autogrill”). Al Reame caleidoscopico della Nightlife, però, non può accedere chiunque. L’ingresso è precluso all’ “uomo-robot” di metallo e ruggine, a chi confonde il vivere con il sopravvivere, alle “formiche” stakanoviste incastrate nel meccanismo brutale della propria esistenza.

 

 

La sezione “Wonderland” abbandona le ambientazioni notturne per trasferirsi nella vita quotidiana. Ma non è esattamente un “Paese delle Meraviglie“, quello descritto da Pinina Garavaglia. Nelle sue liriche, la Contessa esplora il mondo circostante con sguardo disincantato e spesso critico, avvalendosi di metafore fantasmagoriche per esprimere il suo disgusto nei confronti di determinate tipologie di individui, fenomeni di costume e situazioni. Qualche esempio? La trash TV, le verità truccate, l’umana ipocrisia, le convenzioni, la banalità e l’invasione spudorata della privacy, un’attività oggi molto praticata. Il disprezzo di Pinina si esprime tramite versi che trasudano irriverenza e non di rado ironia. Basti pensare alla conclusione della “Favoletta delle donnine col sedere turchino o della privacy”, dove le api, morbosamente spiate dai personaggi citati nel titolo, “difendono con ardore la loro intimità/muoiono a frotte/preferiscono cadere/però a tutte le donnine han fatto viola il sedere.” Oppure alla poesia “Ladri”, che esordisce con “La bestia umana spia/l’occhio trapassa il bronzeo portone/che sbarra la segreta tua dimensione”. “Il tuo intimo castello”, scrive la Contessa, “non cede all’ invasione (…) ogni cosa si può violare/ma i tuoi pensieri liberi/nessuno può rubare.” Ai sentimenti di avversione, però, si alternano squarci di positività: in “Ibiza Therapy”, la isla blanca diviene un’ “isola fatata” che “cura e depura”, ne “La Festa Miracolosa” “l’arcano dono del Supremo Amore” sconfigge il Tempo, la Ragione e la Convenzione, ne “Il cammino” il Tempo è invece un’ ombra che nel suo eterno avanzare fa riaffiorare il ricordo “di un Natale remoto di stelle d’oro”…A fare da soundtrack alla sezione “Wonderland” è “Gold Dark” di Dj Panda, un brano che riflette anche nel titolo l’ ambivalenza dei temi esplorati.

 

La Contessa Pinina Garavaglia e DjPanda alla presentazione di “Per Sempre Giovani”

“Celebrity Friends” è un capitolo interamente dedicato ad alcune celebrità che, per un motivo o per l’altro, sono entrate nella vita di Pinina Garavaglia. La Contessa dedica liriche ai personaggi famosi che l’hanno colpita, affascinata, che in lei hanno lasciato un segno. I VIP in questione sono il grande violinista Uto Ughi, l’indimenticabile Gianni Versace, la Pantera del Pop Grace Jones, il fotografo Giovanni Gastel, l’attrice Piera Degli Esposti, la danzatrice Maria Cumani Quasimodo (moglie di Salvatore Quasimodo), il direttore d’orchestra Antonino Votto, il padre della Pop Art Andy Warhol, la scrittrice e traduttrice Fernanda Pivano e il principe Egon von Fürstenberg. I versi di “Celebrity Friends” si integrano alla perfezione con l’ esplosivo sottofondo di “Sinless” creato da Dj Panda.

 

Pinina Garavaglia declama i suoi versi alla Cavallerizza del Teatro Litta

“Sonetti Attraenti”, la quarta sezione del libro, si apre con le martellanti note di “Tensing”. In questo capitolo le poesie si tramutano in ciò che la Contessa chiama i suoi “Sonetti”, sebbene sia una definizione non dettata da criteri di tecnica compositiva. Un paragone a bruciapelo potrebbe avvicinarli agli Haiku giapponesi, ma anche in tal caso a prescindere dalla loro struttura metrica: la similitudine risiede solo nella brevità dei componimenti e nella concentrazione, in poche righe, di versi di forte impatto.  L’ aggettivo “attraenti” incluso nel titolo non poteva essere più pregnante. Sono sonetti magnetici, evocativi, immaginifici, che conquistano all’ istante. Utilizzando un altro termine per descriverli, li definirei “accattivanti”; certamente, non nel senso di confezionati ad uso e consumo del gradimento del lettore. I versi spaziano tra temi come i dubbi, il tempo, la tradizione, la seduttività, la passione, la vanità del cuore. Inneggiano a stagioni inebrianti quali l’estate e la primavera e a fasi chiave della giornata, ovvero il crepuscolo e l’aurora, inondandole di pathos. L’ amore, tuttavia, è l’argomento predominante. Il modo in cui si rapporta ad esso ci rivela molto della Contessa, focalizzando l’attenzione su un aspetto che in pochi conoscono e fornendo nuovi indizi nella complessa percezione della sua persona. “Bevi l’acqua dell’amore/alla fonte della Vita/ma il tuo cuore si disseta/solamente se è pulita…”, scrive Pinina Garavaglia in “Sete d’amore”. E poi, in “Amanti di fumo”: “Attenzione all’ ingannevole fiamma/all’ involucro attraente di niente/alla potenza della parola vana/impressa nella gioia presente/che in un attimo è passata/ e fuggente…” L’utilizzo dei puntini di sospensione a conclusione dei sonetti è onnipresente, quasi a suggerire una possibile molteplicità interpretativa. Oppure, allo scopo di esaltare il lato misterioso che ogni Sonetto concentra in sè. E’ una delle loro peculiarità, uno dei motivi per cui risultano potentemente “attraenti”: quei puntini di sospensione costituiscono una sorta di monito, hanno il potere di tramutare i versi in frasi sibilline. Come avviene in “Il Tempo Disperso”, dove la Contessa recita: “Chi guarda il paesaggio/e solo un deserto vede/ha fermato i suoi passi/senza miraggio più non procede./Se cerchi una vetta/non scalare colline…” Giuseppe Ungaretti, d’altronde, dichiarava che “la poesia è poesia quando porta con sé un segreto”. E in tutti i sonetti di Pinina Garavaglia questo segreto viene splendidamente celato: il mistero non è altro che il baluginante alone che esso sprigiona.

 

Nightlife: la Contessa e DjPanda si esibiscono in una discoteca di Milano

Approfondire la colonna sonora di “Per Sempre Giovani” è fondamentale. Ermanno Mainardi alias Dj Panda è entusiasta del live book, che definisce “pionieristico” perché mai prima d’ora poesia e musica si erano unite in un volume. Per Panda si tratta di un progetto “visionario e brillante”: “visionario” in quanto attinge al passato – le origini della poesia si perdono nella notte dei tempi – per proiettarsi nel futuro, “brillante” perché, a partire dalla ouverture, il libro ti coinvolge, ti trascina incessantemente lungo tutte le sue pagine. Le tracce sembrano composte ad hoc per fare da sottofondo ai versi della Contessa, ma in realtà sono nate diversi anni fa. “Quando Pinina mi ha chiesto di occuparmi della soundtrack del libro, le ho risposto che molti pezzi del mio archivio sarebbero stati ottimi in tal senso. Lei ha ascoltato quelli che a me sembravano più adatti e se ne è subito innamorata. Ne ha selezionati alcuni e devo dire che, incredibilmente, quei brani risultavano in perfetta sintonia con i suoi versi. Tra musica e poesia si è instaurata una sinergia immediata, e così è avvenuto anche per i titoli delle tracce. Abbiamo mantenuto quelli originari perché, per pura coincidenza, corrispondono ai temi delle quattro sezioni. L’unico titolo che ha subito un cambiamento è stato “My Dimension”, che è diventato “In My Dimension” alludendo all’ universo di Pinina.

 

 

Nel progetto, nato quasi casualmente, Dj Panda ha creduto sin dall’ inizio. Gli è bastato constatare le forti emozioni che suscitava in lui il “montare” versi su un sottofondo musicale: passo dopo passo, come per magia, la soundtrack e le liriche andavano fondendosi in un connubio eccezionale. “La musica dà movimento alla poesia di Pinina, la eleva”, spiega Ermanno, e prosegue: “C’è musicalità nel declamare della Contessa. Sembra rivolgersi al mondo della notte persino quando è il silenzio a fare da sfondo ai suoi versi: per questo le liriche che compone prendono vita in totale sintonia con le note.” Mainardi si augura che “Per Sempre Giovani” possa inaugurare un nuovo modo di fruire della musica, associandola a mondi completamente diversi come, in questo caso, quello della poesia. “Un primo riscontro l’ho avuto alla presentazione del libro, dove il pubblico era più che trasversale. La contaminazione ti porta ad ampliare la tua visuale, le arti si arricchiscono a vicenda: ognuna è una porta aperta su un nuovo universo che sei invogliato ad esplorare.”

 

Uno scatto della presentazione del libro a Milano

Bisogna aggiungere che il libro della Contessa è uno strumento polifunzionale. Musica e versi convivono alla perfezione, ma possono vivere anche separatamente.  La soundtrack, ad esempio, potrebbe essere il sottofondo ideale per una serata o un evento, mentre le poesie non stonerebbero fondendosi con altre realtà. Chiedo a Dj Panda quali iniziative ha in programma, di qui in avanti, insieme a Pinina Garavaglia. “Sicuramente proseguiremo con i progetti radiofonici legati all’ Infusion Power”, risponde, “e nel frattempo ci occuperemo della promozione del live book. Tra Milano, Torino e Bologna si stanno già concretizzando alcune situazioni. Dovremo presentarlo anche a Roma, ma al momento non abbiamo date ben precise: stiamo definendo il da farsi proprio in questi giorni.” Potete tenervi aggiornati sul calendario delle presentazioni consultando il profilo FB della Contessa Pinina Garavaglia (cliccate sul nome per collegarvi al link).

 

La Contessa e Dj Panda: la gioia negli occhi per un progetto pienamente riuscito

 

 

“Linee di confine”: Gasoldo esce con un singolo bomba contro la violenza sulle donne

 

“Un altro pestone non va via da sotto l’occhio/e le ferite dentro non le mascheri col trucco./La pioggia è di veleno sotto questo cielo muto/nessuno ha visto niente ed oggi è un altro giorno di lutto./Si raccontano favole nella realtà distorta/quel figlio di puttana non lo sa che giaci morta./Quattro colpi in canna dietro quella maledetta porta…” Inizia così il nuovo singolo di Gasoldo, “Linee di confine”, ed ascoltando questi versi, vi giuro, sono riuscita a trattenere a stento le lacrime. Il tema su cui è incentrato il brano è chiaro: la violenza nei confronti delle donne, un argomento di recente sviscerato anche in occasione della Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne celebrata il 25 Novembre scorso. Le statistiche, in effetti, sono allarmanti. Nel nostro paese, una ricerca dell’ ISTAT ha evidenziato che il 31,5% delle donne tra i 16 e i 70 anni ha subito una violenza fisica o sessuale, e che ben il 62,7% degli stupri viene compiuto dal compagno di vita della vittima. In base a un report della Polizia Criminale, i  273 omicidi commessi tra il 1 Gennaio e il 20 Novembre 2022 includono 109 femminicidi. In ambito familiare o di coppia, nello stesso periodo, hanno trovato la morte 88 donne e 52 di esse sono state uccise dal proprio partner o da un uomo con cui avevano avuto una relazione. Le percentuali, purtroppo, sono in continua crescita: è un’ escalation di violenza che mette i brividi, a cui spesso si aggiunge l’abuso emotivo.

 

 

Gasoldo, che un anno fa ho incontrato in concomitanza dell’ uscita di “Io e te per sempre”, un singolo inneggiante all’amore in tutte le sue sfaccettature, esplora ora il lato oscuro della vita di coppia. E lo fa con la maestria che lo contraddistingue nel catturare le emozioni per tradurle in musica, nel creare atmosfere grondanti di pathos tramite un sapiente intreccio di note e versi in rima. A poco tempo di distanza dalla Giornata Internazionale per l’ eliminazione della violenza contro le donne, giorno in cui “Linee di confine” ha visto la luce, incontro il “poeta del rap” per approfondire le caratteristiche del suo nuovo brano e del video che lo accompagna.

Perchè la scelta del titolo “Linee di confine”?

Il titolo nasce a canzone finita ed è quello che rispecchiava di più tutto il testo nella sua essenza. Nella mia testa la linea di confine è quella che ci separa da qualcosa di “conosciuto”, ma ancora ignoto. Invece le linee di confine sono quelle che separano il rispetto, la gentilezza e i gesti d’amore dai soprusi, da un folle abuso, dall’arroganza, dalla cattiveria che sfocia rabbiosa e infligge dolore. Ci sono linee di confine che non si devono sorpassare perché si può finire in una terra di nessuno dove non esistono né leggi né regole, ma solo odio, tristezza e dolore.  Nel testo si capisce molto facilmente: “la realtà ti spara contro linee di confine” (che qualcuno in questo momento non può sorpassare)…”tutto quello che ho bisogno è toglierti quella corona di spine” (tutto quello che desidero ora è toglierti il dolore che stai provando ed alleviarlo). Però sai, io posso descrivere il mio intento ma è anche bello lasciare spazio ad un’ interpretazione personale. Perché è possibile che ognuno possa “sentire” il testo della canzone in maniera diversa ed è giusto che sia così.

Come nasce l’ispirazione al tema della violenza sulle donne?

C’era bisogno di farlo. C’è bisogno di parlare dell’argomento. Il brano è nel nostro grembo creativo da qualche tempo ed è sicuramente un mix di sensazioni, rabbia ed emozioni. È stato scritto velocemente e direttamente sulla magnifica base del mio socio producer Andrea Bonato (Bitinjuice). Il testo è venuto fuori quasi “naturalmente”, mentre scrivevo le rime sgorgavano con facilità straordinaria. È un testo molto musicale nonostante sia fortemente impegnato socialmente, perché in Italia (e non parliamo del resto del mondo, che è pure peggio) questo tema viene assolutamente snobbato. Si sta affrontando ma senza alcuna convinzione, quasi che non esistesse o sia esistito solo durante il lockdown. Ci si dimentica in fretta. Ma tutti sappiamo benissimo che non è così. Sappiamo benissimo, per esempio, che in Spagna delle violenze fra le mura domestiche se ne parla già da molto tempo ed è una vera piaga sociale. Sappiamo benissimo che la violenza in tutte le sue forme è vomitevole, aberrante, vigliacca. Figuriamoci la violenza sulle donne, le adolescenti o le bambine. Bisogna avere il coraggio di intervenire se si sentono delle grida disperate di aiuto. C’è bisogno di fare una telefonata e non di alzare il volume della TV per non sentirle. La TV e i suoi burattini che fanno finta di parlare del tema. Mi ha fatto molto piacere il commento in privato di Abby, che ti riporto perché rende molto bene l’idea del problema: “La canzone racchiude l’essenza e parla di più di tutti quelli che vanno in TV a dire stop alla violenza, grazie”. Cioè se ne parla qualche giorno prima, il giorno stesso, poi l’argomento si dimentica fino all’anno successivo, fino alla prossima vittima. Nella canzone ci sono molti messaggi, uno di questi è quello di non perdere la speranza. Non bisogna certo perdersi d’animo, e provare ogni giorno a realizzare i propri sogni finché ci siamo e finché c’è la forza per farlo. “Sognerò” fino all’ultimo respiro. Finché ci sarò sognerò e nessuno può né deve privarmi di questa libertà. Proviamoci nonostante le insidie, nonostante le difficoltà.

 

Gasoldo, al secolo Leopoldo Ulivieri

Dedichi questo brano a una donna in particolare, oltre che naturalmente a tutte le vittime di violenza e femminicidio? Esiste, tra i tanti, un caso che ti ha colpito in modo particolare?

Lo dedico a tutte le anime delle donne, delle adolescenti e delle bambine che hanno subito ingiustizie e violenze, a tutte quelle che hanno subito abusi e a tutte le loro famiglie, che devono convivere con questo dolore perpetuo. Io sono ancora sconvolto dal caso di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori, figurati! Sparite nel nulla negli anni Ottanta…Troppi fatti di cronaca nera, è la violenza in generale che mi fa ribrezzo ed è quella che andrebbe sradicata dall’essere umano senza se e senza ma. Purtroppo la realtà è ben diversa e lo vediamo ogni giorno. La quotidianità è pregna d’odio, insulta, deride, ridicolizza, bullizza. Si cerca di non fare distinzione di sesso, ma alla fine credo che la maggioranza che subisce appartenga nettamente al sesso femminile. La mia dedica va a tutte queste anime.

Chi ha firmato la regia del video di “Linee di confine”?

La regia è curata da me in collaborazione con Charmante folie, che ha creato anche il bellissimo costume e la corona della Madonna che si vedono nel video. E’ stata sempre Charmante folie ad ideare la magnifica e significativa cover della traccia, di ispirazione vagamente lachapelliana. La Madonna che vediamo in copertina è stata realizzata da un artista spagnolo, Francisco Romero Zafra.

 

Il “Wall of Dolls” di Jo Squillo

Potresti dirci qualcosa sul “Wall of Dolls” immortalato nella clip?

Il muro delle bambole si trova a Milano, in via De Amicis. Wall of Dolls – il Muro delle Bambole è stato ideato da Jo Squillo quando nel 2013 ebbe l’idea di creare un’installazione da condividere con vari artisti e stilisti, ed è diventato nel tempo un simbolo contro il femminicidio e la violenza sulle donne. Grande idea! Oltre al muro delle bambole nel video si vede il ponte in Ortica, sempre a Milano, con il progetto Scarpette Rosse: scarpette rosse e targhe commemorative dedicate alle vittime di violenze durante il lockdown, un’ iniziativa curata dall’associazione Or.Me.

 

La cover di “Linee di confine”, che Charmante Folie ha realizzato avvalendosi dell’immagine di un’opera dell’artista spagnolo Francisco Romero Zafra

Cosa rappresenta la Madonna dal manto celeste che vediamo nelle ultime sequenze?

La Madonna della cover è una Madonna Addolorata, nel video invece il manto celeste rappresenta la spiritualità, la libertà, il cielo e l’aldilà, nonché l’annientamento del male ed il passaggio verso quella vita serena che non di è certo stata questa terrena. Simbologia. Misticismo. Paura dell’ignoto. Il passaggio dalle tribolazioni dell’esistenza verso il celeste cielo in cui tutte le anime sofferenti si spera possano finalmente trovare pace.

 

La Madonna dal manto celeste della clip

Il video si conclude mostrando un particolare gesto della mano: qual è il suo significato?

Il video inizia con il segnale di aiuto e finisce con lo stesso segno che tutti dovrebbero conoscere. È un messaggio semplice, che può salvare la vita e quindi magari evitare tutta la tribola del video e di questa canzone. È un segnale facile da ricordare, che ha salvato già molte donne dalla violenza domestica durante il lockdown. Grazie a questo gesto, in America una sedicenne è scampata a un rapimento. Si tratta di un SOS assolutamente utile ed è nostro dovere divulgarlo.

 

La richiesta gestuale di aiuto

“Linee di confine” su Spotify

 

 

Milano Fashion Week: 10 flash dalle sfilate Primavera Estate 2023

 

Il nostro excursus sulle Fashion Week delle sfilate Primavera Estate 2023 continua. A Milano, i brand hanno svelato le loro collezioni dal 20 al 26 Settembre. 68 i défilé complessivi, di cui solo 7 in digitale, a cui si sono aggiunte 104 presentazioni e una trentina di eventi: sono numeri importanti, indicativi di una netta ripresa dopo lo stand by dovuto al Covid. In passerella, i “big” c’erano tutti; marchi del calibro di Gucci, Salvatore Ferragamo, Antonio Marras, Vivetta e Stella Jean (per fare solo qualche nome) sono tornati a calcare i catwalk meneghini. Non vanno poi tralasciati debutti milanesi eccellenti come quelli di Matty Bovan (coadiuvato da Dolce & Gabbana) e Act N.1, che Pierpaolo Piccioli ha divulgato tramite i social di Valentino. Max Mara e Lily Aldrdidge, invece, hanno mostrato il frutto della loro partnership con una presentazione. Anche Benetton ha esordito con una bella novità: ad andare in scena è stata la collezione firmata da Andrea Incontri, il nuovo direttore creativo del brand. Anche quest’ anno, alla sua ottava edizione, Milano Moda Graduate ha dato spazio agli studenti delle fashion school nazionali, mentre i CNMI Sustanaible Fashion Awards hanno concluso la kermesse. L’ evento che celebra la sostenibilità nella moda, tenutosi al Teatro La Scala, è stato condotto dall’ attrice  Rossy De Palma e ha decretato vincitori, fra gli altri, il Gruppo Prada (The Oceans Award), Gucci (The Climate Action Award), Giorgio Armani (The Visionary Award), Ermenegildo Zegna (The Biodiversity Conservation Award), Franco e Giacomo Loro Piana (The Woolmark Company Award for Innovation). E adesso, andiamo subito a esaminare le dieci collezioni da me selezionate.

 

1. Fendi

 

Linee minimal ma fluide, trasparenze e una vena profondamente pop: tre motivi che fanno da protagonisti in questa collezione. Il colore è altrettanto importante, incentrato com’è su varie nuance di verde e di marrone accanto al grigio, al ruggine, al tortora, al bianco, al corallo e al blu polvere. Kim Jones rivisita elementi dell’heritage Fendi più recente e li inserisce in una serie di look contemporanei esaltati dalla strepitosa lucentezza dei tessuti. Ricorrono pantaloni cargo, abiti fascianti come qipao cinesi, maglioncini e top in shearling traforato, il tutto abbinato a stivali e “zatteroni” in vernice con zeppa incorporata.

 

2. Del Core

 

Uno stile di matrice couture, dove la sartorialità si coniuga con la sontuosità delle linee, dei tessuti e delle decorazioni. La collezione, tuttavia, è un inno alla portabilità: drappeggi e plissè realizzati a mano impreziosiscono silhouette affusolate ma non troppo, fluidamente avvolte attorno al corpo. Gli abiti lunghi predominano, di frequente abbinati a guanti che oltrepassano il gomito, i tailleur pantalone ricorrono, anche in pelle effetto rettile; top-imbracature di stampo fetish completano svariati look. Le uscite finali risaltano un long dress in total oro che per impatto e volumi rievoca una splendida creazione di alta moda.

 

3.AC9

 

“Stereotipi” è il titolo di una collezione che alterna cinque colori ben precisi: il bianco, il nero, il rosa, l’argento e il rosso. Il mood è avantgarde, vagamente punk. Gli outfit esibiscono drappeggi, asimmetrie e volumi che suscitano un effetto di costante movimento. Il tulle, il raso, la tela di cotone e il bio-lattice si adornano di pizzo, perle, piume e pietre dure delineando un crossover di stili che fa della lingerie a vista uno dei suoi denominatori comuni. Cascate di frange di cristalli, fuseaux in pizzo e lunghe gonne a sirena abbattono gli “stereotipi” per definire una femminilità audace e mai scontata.

 

4. Alberta Ferretti

 

Il tema è viaggio, “Wanderlust” il nome della collezione. Colpiscono subito i colori: ocra, turchese, arancio, fucsia, tabacco, ametista, verde bosco…Le texture sono impalpabili, eteree e leggerissime in puro stile Ferretti. Il lungo si alterna al corto, le canutiglie decorano gli abiti o li plasmano per intero. Lo chiffon, la seta, la tela e la seta in lino predominano, alternandosi alla rafia per accentuare un mood vagamente ethno. I pantaloni sono ampi e comodi, spesso abbinati a lunghe camicie con cintura. Trench, tute e giacche si fanno incorporei, le frange si affiancano ad arabescati decori tribali. I long dress danzanti non mancano, la natura è un motivo ricorrente: soprattutto sotto forma di preziose foglie ornamentali che proliferano sulle bralette, sulle minigonne e sugli abiti signature del brand.

 

5. N.21

 

Battezzata “The Lovers”, la collezione è pervasa da una femminilità potente accentuata da gonne a matita, reggiseni che spuntano dalle scollature e trasparenze in dosi massicce. L’ amore che Dell’ Acqua esplora è di tipo passionale, e i colori ne identificano le varie fasi: il rosso dei minishorts sfrontati, della lingerie in bella mostra, degli abiti see-through o rivestiti di paillettes contraddistingue l’erotismo; il nero dei look basati su un gioco di vedo-non-vedo, del mini cardigan fasciante allacciato con noncuranza, del trench svolazzante con minigonna abbinata è indicativo di delusione, ira e scontento; il bianco dei minidress da sposa, ricamatissimi e vagamente vintage, rimanda a un matrimonio mai concretizzato: prova ne è il fatto che sono stati ridotti a brandelli.

 

6. Max Mara

 

Ian Griffiths elegge a muse due icone degli anni ’30, Renée Perle (modella e compagna dell’artista Jacques Henri Lartigue) e Eileen Gray (architetto e designer di mobili), ispirandosi a uno stile con molti rimandi epocali che aggiorna al terzo millennio. I look rievocano quelli abitualmente esibiti sia dalla Perle che dalla Gray: spiccano i pantaloni molto ampi a vita alta, declinati anche in jumpsuit, i top sleeveless, le camicie sbottonate, le giacche comode con grandi revers, le lunghe gonne a doppiopetto. I cappelli a tesa larghissima si alternano a copricapo simili a cuffie da bagno. Le prime uscite esaltano colori come l’écru, il nero e il panna, mentre i look di chiusura sanciscono il trionfo in monocromo del verde, del celeste e del giallo pastello che sfoggiano cappotti sovrapposti a costumi da bagno tipicamente rétro.

 

7. Emporio Armani

 

Una collezione che inneggia alle forme morbide e fluide a cui ci ha abituato Armani, pervasa di sognanti colori pastello e di suggestioni etnico-esotiche: l’ ispirazione del designer attinge a paesi e continenti lontani quali l’ Africa, l’ Arabia, la Siria, la Persia, la Cina, il Giappone e la Polinesia per dare vita a look da “cittadina del mondo” iper raffinata. Top in rete, canottiere tempestate di paillettes o movimentate da frange, gonne sarong, ampi pantaloni ristretti alla caviglia, lunghi abiti impalpabili tempestati di fiori che sembrano dipinti a mano si alternano in una suggestiva parata. A fare da leitmotiv, la lucentezza del raso e della seta affiancata ai fili di cristalli che rendono preziosamente iridescenti le creazioni. La palette cromatica sancisce il predominio del lilla, del verde acqua, del grigio, del celeste e del giada.

 

8. Sportmax

 

Il contrasto sonoro ottenuto dai termini “Bouba/Kiki” è la fonte ispirativa della collezione. Il dualismo costituisce, quindi, la base di ogni creazione: le contrapposizioni imperano, mettendo a confronto epoche, concetti e stili. Il risultato è un mix assemblato senza una logica, ma all’ insegna della libertà e della sperimentazione. Suggestioni anni ’90 convivono con cult dei Sixties come le stampe optical e psichedeliche, le gonne a ruota si amplificano e sono a vita bassa, le asimmetrie plasmano capi totalmente sbilanciati e proliferano al pari delle sovrapposizioni. Un top di frange in colori fluo rimanda ad antichi echi tribali, le gonne a palloncino proliferano e il vinile si alterna alla fluidità del raso, tessuto-cardine dei cuissardes ricorrenti nella collezione. Cromaticamente prevalgono il lilla, il nero, il rosa, il prugna e il verde acido.

 

9. Gucci

 

“Benvenuti a Twinsburg” è il titolo di una collezione incentrata sul concetto dell’ “io” e dell'”altro”. Sfilano coppie di gemelli mano nella mano, una sorta di gioco di specchi che ruota attorno al tema dell’ identità. Lo stile è eclettico e giostrato in piena libertà, com’è tipico di Alessandro Michele: abiti asimmetrici con uno strascico di ruches e corpetto in vinile, ensemble in raso da odalisca indossati con calze tigrate, pantaloni uniti alle culottes in pizzo da una giarrettiera, casacche kimono oversize, qipao fioriti sullo sfondo di un turchese squillante, abiti plissé tinti di un viola ipnotico e dotati di smisurati polsini-volants, ruches e balze fittissime, paisley a profusione, long dress in vinile con stampa tigre, un giubbino paillettato color arancio su cui campeggia la scritta “Fuori!!!” in onore del Fronte Unitario Omosessuale Rivoluzionario Italiano sono solo alcuni esempi dei look andati in scena. Gli accessori non passano inosservati: ad orecchini con perle a cascata lunghi fin quasi a sfiorare il gomito si alternano choker-catena con il logo della doppia G ed elaborati piercing con pendenti extralong laterali.

 

10. Versace

 

Una collezione dall’ impatto potente, punk e gotica, dedicata a una dea oscura ribelle e molto affascinante. I look, che spaziano dal nero al viola al fucsia in monocromo (queste le tre nuance predominanti) coniugano il glamour con una seduttività sfrontata: pelle, vinile, borchie, squarci, scolli vertiginosi, frange, abiti e top con cappuccio incorporato sono i punti cardine dei look. La silhouette è sinuosa, gli abiti fasciano il corpo come i pantaloni di pelle, la vita bassa ricorre, grandi cinture scendono sui fianchi. Chiodo e giacche da motociclista si alternano a voluminose pellicce in piume, i pantaloni cargo si indossano con top dagli orli svolazzanti mentre lunghi abiti attillati, con la scollatura che “sprofonda” verso l’ ombelico, si contrappongono a minidress con corsetto in pizzo e giarrettiera abbinata. Donatella Versace li tinge di colori fluo (giallo, rosa, viola) e li accompagna a un velo di tulle che copre capo e volto, quasi un richiamo al look di Madonna negli anni ’80. Non è un caso che la collezione sia ricca di riferimenti a quel periodo e al decennio successivo.

 

 

Save the Date! Diamonds Infusion Power con la Contessa Pinina Garavaglia, Dj Panda & Ricci Jr live a Le Jardin Milano

Annotatevi data e luogo perchè l’evento è imperdibile: venerdì 27 Maggio la Contessa Pinina Garavaglia si esibirà live, insieme a Dj Panda e a Ricci Jr, nello splendido Le Jardin au Bord du Lac all’ Idroscalo di Milano. In questa suggestiva open-air disco fronte lago, immersa in un parco costellato da alberi e fiori di svariate specie, la Contessa e i due dj di fama internazionale daranno vita a una serata ispirata al format di Diamonds Infusion Power, il Poetry Show che Pinina Garavaglia propone sulle frequenze di Radio RBS all’ una di ogni secondo e quarto venerdì del mese. L’ intento è quello di coinvolgere il pubblico (inteso come pubblico in carne ed ossa) nella magia di un appuntamento in cui la potenza della techno si fonde con il lirismo dei sonetti declamati – oltre che ideati – dalla Contessa Garavaglia stessa. Lo show dell’ Infusione, d’altronde, si avvale di una formula di intrattenimento artistico che ha sempre riscosso un enorme successo presso i fan della “nobildonna rock”.

La Contessa Pinina Garavaglia

La sfida, ora, è quella di realizzarlo live dedicandolo a un pubblico ampio e variegato: verranno introdotte alcune novità, ma il fulcro della performance rimarrà inviariato. Con il valore aggiunto che un’atmosfera intrisa di pathos, fascino e bellezza, data la lussureggiante ambientazione, potrà apportare. Le Jardin au Bord du Lac è indubbiamente lo scenario ideale per un simile evento. Il giardino rigoglioso, la mondanità e il sound di alto livello caratterizzano una location dove, nelle calde giornate estive, la magia comincia ad aleggiare dal tramonto in poi. Non è un caso che le serate a Le Jardin abbiano inizio alle 19.00:  godersi il rito dell’ aperitivo, cenare o scatenarsi nelle danze, domani, sarà un’ esperienza del tutto unica in attesa della fatata esibizione della Contessa e dei suoi fidi Dj. Se vi sarà impossibile partecipare al Poetry Show, non è detto che non abbiate altre opportunità: magari Diamonds si affezionerà alla sua dimensione live e andrà ad arricchire il palinsesto dei club più prestigiosi d’Italia. Teniamo le dita incrociate…

Uno scorcio di Le Jardin au Bord du Lac all’ Idroscalo di Milano

Milano Fashion Week: 10 flash dalle sfilate

 

Milano: dal 22 al 28 Febbraio va in scena la Milano Fashion Week. Le collezioni Autunno Inverno 2022/23 si svelano principalmente in presenza, tornando ai fasti dell’ era pre-Covid in un’ alternanza di sfilate dei big, debutti eccellenti e new talents molto in gamba. In tutto si contano 67 fashion show (di cui 57 live e i rimanenti via web), 9 eventi e 77 presentazioni. Nella città meneghina sfilano top label del calibro di Versace, Giorgio Armani, Dolce & Gabbana, Alberta Ferretti, Prada, Blumarine, Gucci e Bottega Veneta, per citarne solo alcune. Ennio Capasa inaugura la kermesse con un marchio nuovo di zecca, Capasa Milano, presentato al Teatro degli Arcimboldi, mentre Gucci torna a sfilare in Italia dopo una parentesi digital e il fashion show lungo la Hollywood Walk of Fame di Los Angeles. Bottega Veneta lancia invece la prima collezione di Matthieu Blazy, succeduto a Daniel Lee nella Direzione Creativa, e anche Trussardi mette in campo una new entry:  i direttori creativi Benjamin Alexander Huseby e Serhat Isik, che rinnovano lo stile e il logo del brand. Tra gli emergenti spiccano nomi ormai consolidati come Marco Rambaldi, Sunnei, CGDS, a cui si aggiungono Cormio e Andreadamo (due griffe focalizzate sul knitwear), Vitelli, Del Core, Des Phemmes e Alessandro Vigilante. Scopriamo ora la mia selezione di 10 look rappresentativi di altrettante collezioni della Fashion Week milanese.

 

MARCO RAMBALDI

NPRP (Nuova Poetica Post Romantica), questo il nome della collezione, è un inno all’ amore e all’ inclusività: Rambaldi abbatte qualsiasi confine relativo al genere, alla fisicità, all’ età, e manda in scena una collezione che alterna il knitwear in svariate lavorazioni al matelassè. Micro gonne e micro pull, gilet, lunghi cardigan, pantaloni e bomber trapuntati sfoggiano colori quali il viola, il lilla e il verde acqua, che esaltano motivi floreali in crochet e pattern a cuori ricorrenti. Ai piedi sono di rigore le Dr. Martens, in versione baby e stringata (quest’ ultima anche nella variante stivale), accompagnate a calzettoni che oltrepassano il ginocchio. Grazie a questa collezione, Marco Rambaldi è stato scelto dalla Maison Valentino per il progetto di supporto ai nuovi talenti che ha lanciato insieme alla Camera Nazionale della Moda Italiana.

PRADA

Fa da leitmotiv una silhouette che enfatizza forme e volumi nella parte superiore del corpo e li assottiglia nella parte inferiore. Le spalle, che si tratti di giacche o di abiti, sono ampie e squadrate, le gonne affusolate e in pizzo trasparente con culottes a vista. A questa linea se ne contrappone un’altra, più tondeggiante, che vede protagonisti bomber e cappotti-bomber ad uovo tempestati di applicazioni floral. Tra gli abiti, risaltano le tuniche midi trasparenti sovrapposte ad essenziali canotte in cotone bianco. I tailleur sono composti da giacche oversize strette in vita e da gonne svasate, movimentate dai plissè, che in altri look si accompagnano a dei pull in lana. La palette cromatica esalta un tripudio di nero, grigio e avorio; un’ “esplosione” di frange o piume spunta a sorpresa sulle maniche dei capispalla.

FENDI

Un concentrato di vintage e contemporaneità che si ispira a due iconiche collezioni Fendi. Il risultato di questa rilettura? Dei look sublimemente femminili. Le gonne sono a tubino, fascianti, in tessuti impalpabili e trasparenti come quelli degli abiti: entrambi si adornano di ruches ondulate poste in verticale. La lingerie è in bella vista grazie ai materiali see-through. Le giacche e le camicie hanno un colletto mini avvolto attorno al collo, i corsetti proliferano, anche sovrapposti alle bluse. Pantaloni a vita alta e mini shorts si alternano, dalla cintura spunta un pannello laterale adornato di charms. Risaltano giacchini in pelliccia tinti di nuance cipriate e, tra gli accessori, gli opera gloves in camoscio oltre che le borse cult del brand.

ACT N. 1

Un mix coloratissimo di tulle, il materiale signature di Act N.1, spille a balia e denim. Denominatore comune, l’ inclusività elevata alla massima potenza (in passerella sfilano modelli e modelle di ogni taglia, età ed etnia, persino donne in stato interessante). Il tulle fa da protagonista e si tinge di cromie vibranti: turchese come la nuvola di ruches che avvolge l’ outfit in total black; come il lungo abito dal mood quasi mistico, con un velo che ricopre il volto e l’ intera figura, o, ancora, come la fake fur voluminosa indossata sulla pelle nuda. Fucsia come le ruches fittissime che adornano un abito a mò di top -minimantella, anche in versione giallo fluo. Rosso come il kimono oversize increspatissimo dalla linea a uovo. Oppure bianco, come la mantella mozzafiato che impreziosisce un outfit in total white. Ma la potenza del colore si rivela soprattutto in mise completamente monocrome, dove look simili a funghi avveniristici sfoggiano l’identica nuance di cui sono tinti il corpo e il volto dei modelli.

N. 21

Sartorialità e innovazione sono le parole d’ordine di una collezione che coniuga la ricercatezza con la seduttività. Il womenswear (la sfilata è co-ed) evidenzia giacche e cappotti con grandi revers, abiti e top impalpabili drappeggiati attorno al corpo, corsetti sagomati dal profondo scollo a cuore, body su cui, a effetto tattoo, campeggiano stampe di palme, gonne midi con spacco frontale, paillettes giganti che plasmano abiti costruiti “di sbieco”, pantaloni dal taglio classico abbinati a vistose cinture gioiello. La destrutturazione e la ristrutturazione dei capi basic sono una costante, i colori sottolineano l’allure raffinata: a predominare è il taupe, alternato al nero, al bianco, al beige e al marrone.

VERSACE

La donna Versace, ovvero il fascino in tutta la sua potenza. La collezione esprime con molta efficacia questo concetto: non è un caso che ad aprire la sfilata sia una serie di audacissimi look total black, accompagnati da vertiginosi cuissardes in lattice e dalla pennellata di viola costituita dal corsetto. In raso e con cuciture che delineano una forma a cuore, il corsetto (così come i cuissardes) ricorre nell’ intera collezione. Si tinge di cromie vibranti e fa capolino da lunghi cappotti colorati, giacche gessate o in pied de poule, ma plasma anche abiti tubino e minidress. La silhouette predilige forme che fasciano il corpo, “smorzandole” con un outerwear dalle linee massicce: giacche e cappotti con spalle squadrate, molto ampi, piumini lucidi dai volumi over. La palette cromatica registra una prevalenza di nero, lime, turchese, rosa, giallo oro, rosso, il denim si declina in baggy jeans alternati ai fuseax in vernice. Prevale un mood sensuale e sfrontato, il che non stupisce: Versace, dopotutto, fa rima con “audace”.

MAX MARA

Ian Griffiths si ispira all’ opera di Sophie Taeuber-Arp, l’artista Dada nata e vissuta in Svizzera che creò i burattini e le scenografie del Cabaret Voltaire, con il quale collaborò anche nelle vesti di marionettista. Per Griffiths, il grande talento della Taeuber-Arp si rinviene soprattutto nell’aver ammantato di magia gli oggetti della quotidianità; prende come riferimento, quindi, le marionette che l’artista realizzò per un rifacimento di “The King Stag”, opera teatrale di Carlo Gozzi. Il risultato sono look che declinano il tessuto del “Teddy Bear” nelle versioni più svariate: lunghe gonne ad uovo, voluminosi pantaloni stretti alla caviglia, ampi pull, minidress, bermuda e trench vanno ad aggiungersi all’iconico cappotto che ben conosciamo. I passamontagna e i maglioni con collo che lo includono fanno da fil rouge, i volumi amplificati e il punto vita che si distanzia dalla sua tradizionale collocazione rimandano al motivo ispiratore della collezione. 

GUCCI

La collezione è stata battezzata “Exquisite Gucci”, un nome ispirato al gioco collettivo surrealista “Cadavre Exquis”.I look rimarcano il concetto della fluidità di genere introducendo nel womenswear dettagli, stili e caratteristiche della moda uomo. Ci sono il completo blu a doppiopetto, la cravatta in pelle indossata con un ampio blazer, il suit in tartan, ma spiccano anche look che sembrano usciti direttamente dagli anni ’80. Qualche esempio? I body see-through ricamatissimi, le alte cinture strizzavita, le gonne a portafoglio in pelle, le ecopellicce zebrate, e in particolare le calze nere in pizzo che rievocano un must dell’ epoca. Ma la grande novità è la collaborazione con Adidas: moda e sport si fondono in un connubio di fortissimo impatto. Le tre strisce che contraddistinguono il marchio di sportswear spadroneggiano; le cuffie da nuoto diventano cappelli, i guanti da ciclista prendono il posto dei guanti classici, il logo a trifoglio campeggia, enorme, sulle camicie. La contaminazione riguarda persino gli abiti da sera, costruiti su maglie extralong da football americano o decorati con corsetti ricavati da dettagli delle felpe.

BLUMARINE

L’ ispirazione sono gli stilemi del fotografo Helmut Newton, che per il marchio ha realizzato delle iconiche campagne pubblicitarie. La femminilità eterea, la grazia della donna Blumarine diventano marcatamente sensuali: si tramutano nell’ audacia di una donna sicura di sè e del suo fascino. Il mood è notturno, seduttivo, provocante. I colori sono decisi, come il nero, il bianco e il rosso; le nuance pastello signature del brand assumono sfumature più intense. Ritroviamo quindi il rosa, il celeste, il giallo pallido: ma il rosa tende a virare al lilla, il celeste al bluette, il giallo all’ ocra. Riappare anche il fiore della rosa, che si tramuta in ornamento di volta in volta raffinato o sexy, come quando riproduce due boccioli su un corpetto posizionandoli proprio in zona capezzolo. I look sono intriganti con disinvoltura, ricchi di spacchi, drappeggi, volants e vertiginose scollature. Miriadi di perle e paillettes profuse li impreziosiscono, le trasparenze abbondano (con cuori di velluto nei punti strategici), le ecopellicce restituiscono sensazioni di una soffice femminilità. Il reggicalze impera così come la veletta (un classico dello stile di Newton), ai volants si alternano le tute in vernice da mistress. Su tutta la collezione aleggia un’ impalpabile raffinatezza.

ALBERTA FERRETTI

Alberta Ferretti reinterpreta i propri codici stilistici sotto una nuova luce, condizionata da due anni di pandemia: la collezione privilegia look all’ insegna del comfort, sofisticati ma da indossare nella quotidianità. I pantaloni sfoggiano un’ ampiezza extra, abbondano tessuti soavi come il velluto; l’ ecopelliccia, oltre ad assumere innumerevoli declinazioni, impreziosisce i colli e i polsini dei capispalla. La silhouette è fluida, l’ eleganza accentuata dalla laccatura dei maglioni, che acquistano un aspetto glaciale e metallico. Il knitwear non manca all’ appello, eccellendo nelle lavorazioni a treccia e nei decori di frange in full color. La palette cromatica spazia dall’ argento al grigio, dal nero al cobalto, dal cammello all’ ametista. A concludere la sfilata è una serie di abiti da sera in puro stile Ferretti: chiffon, trasparenze, piume, paillettes, gorgiere e mantelle con cappuccio si alternano a miriadi di plissè che si schiudono come magici ventagli.