8 bevande calde per un gelido Inverno

 

L’Inverno è una stagione dedicata al tepore, all’intimità della casa, alla riscoperta di riti che rendono unica la nostra giornata. Cosa c’è di meglio, quando fuori nevica e il freddo diventa polare, che assaporare una bevanda fumante davanti al focolare? Ne esistono di deliziose, tipiche di questo periodo, in grado di regalarci incomparabili momenti di benessere e di relax. Eh già, perchè oltre ad essere buonissime sono anche salutari: facilitano la digestione e svolgono un’azione benefica in caso di malattie da raffreddamento. Su VALIUM ho parlato di alcune di loro tempo fa, ma le includo nuovamente in questo breve excursus. Vi presento quindi otto bevande calde da degustare nelle serate invernali.

 

La Cioccolata Calda

E’ la bevanda calda più comune e più golosa dell’Inverno. Si prepara in versione sia densa che liquida, a seconda dei gusti; gli americani, di solito, la arricchiscono di marshmallows e di abbondante panna montata, mentre in Italia predomina una variante più minimal ma altrettanto ghiotta. E se la panna montata rappresenta anche per noi un must imprescindibile, possiamo alternare la cannella di rito ai pistacchi o al peperoncino per esaltare il delizioso sapore della cioccolata calda.

 

L’Irish Coffee

Bevanda tradizionale irlandese, è uno squisito connubio di caffè caldo con zucchero, whisky dell’isola di smeraldo e panna montata che troneggia sulla sua superficie. In certi casi, per accentuare il sapore del composto, si aggiunge un po’ di cannella o di noce moscata. La sofficità della panna la fa da padrone, riuscendo a cammuffare la percentuale alcolica del whisky: in ogni caso, non va dimenticato che si aggira intorno al 35-40%.

 

Il Vin Brulé

Nasce nelle zone più fredde dell’Europa (Alpi comprese) con l’intento di riscaldare il corpo e l’anima quando arrivano i rigori invernali. I suoi ingredienti di base includono il vino rosso, agrumi come le arance e i limoni, le spezie: cannella, anice stellato, zenzero, cardamomo e noce moscata sono le più utilizzate. Per rendere il suo sapore ancora più invitante si possono aggiungere del miele e frutti di bosco rossi dal gusto irresistibile.

 

Il Sidro di Mele

In Inghilterra e in Francia è una bevanda conosciutissima, in Italia un po’ meno: il sidro di mele si ottiene tramite la fermentazione delle mele non commestibili per i motivi più svariati; si beve molto caldo dopo aver aggiunto alcune spezie, solitamente lo zenzero, la cannella e i chiodi di garofano. Alcuni adorano mescolarlo con il tè, altri, orientati verso sapori più forti, non disdegnano l’abbinamento con il whisky o con il brandy.

 

Il Punch

Pare che il suo nome derivi dal persiano “panj”, ovvero cinque: il numero degli ingredienti di cui il punch si compone. Per prepararlo vengono utilizzati infatti l’acqua, il tè, qualche fetta di arancia e/o di limone, lo zucchero e l’alcol, che può essere acquavite o rum. Non è raro che si aggiungano delle erbe aromatiche e le bucce, anzichè le fette, degli agrumi; il risultato è una bevanda irresistibile dalla potente azione digestiva.

 

Il Grog

Anticamente composto da un mix di acqua, agrumi e rum, la sua ricetta è evoluta nel cosiddetto “grog dei pirati”, preparato mescolando dell’acqua bollente con il rum scuro giamaicano, il succo di limone e lo zucchero di canna. Esiste anche un grog analcolico, declinato in moltissime varianti. La più nota si ottiene combinando il succo d’uva con la scorza del lime e dell’arancia, il miele e un’amalgama di spezie quali lo zenzero, la cannella, il pepe in grani e i chiodi di garofano.

 

Il Glögg

I loro nomi sono simili, ma il glögg non ha niente a che vedere con il grog. Certo, in entrambi i casi si tratta di bevande da bere calde, però il glögg si avvale di un portentoso connubio di alcolici, frutta, spezie e acqua bollente che lo rende perfetto per affrontare i gelidi inverni scandinavi. In tempi remoti era consumato soprattutto dai corrieri, costretti a percorrere lunghi tragitti sotto la neve, ma a partire dalla seconda metà del 1900 si è imposto come la bevanda invernale e natalizia più diffusa nei paesi del Grande Nord. Il glögg si realizza preparando un composto di acqua bollente e spezie come la cannella, lo zenzero, il cardamomo e i chiodi di garofano, a cui subito dopo viene aggiunta una vigorosa miscela di alcolici: vodka, vin dolce, vino bianco, rum, cognac e via dicendo. Completano il tutto spremute di frutta, mandorle, uvetta e scorze di arance e di limoni.

 

Il Bombardino

E’ la bevanda che si degusta sulle alte vette, nelle baite delle località sciistiche, e non sorprende: il bombardino, “nato” a Livigno nel 1972, è una bomba di energia. Si beve caldissimo, tutto d’un sorso; la sua gradazione alcolica raggiunge i 30°. Ne esistono varie versioni. L’ingrediente base è costituito dallo zabaione, a cui si aggiungono di volta in volta il whisky, il rum e il caffè espresso, ma anche la grappa e il brandy. Dosi massicce di panna concludono in golosità la sua preparazione.

 

Buon Ferragosto

 

“Nessuna vacanza è così stranamente gremita di questa che spopola le città, più chiassosa di questa che rende silenzioso il Tritone a mezzogiorno. Non è una festa, è un incantesimo, una malìa, una fattura. Irretisce le folle, ispira programmi insensati, o immerge in una torva e diffidente sonnolenza.”

(Giorgio Manganelli, da “Improvvisi per macchina da scrivere”)

 

Picnic di Ferragosto. Ma anche barbecue, grigliata, pranzo all’aria aperta…L’importante è festeggiare in mezzo alla natura. Celebrare questa ricorrenza, metà sacra (coincide con l’Assunzione in cielo della Vergine Maria) e metà profana (iniziano il relax, le vacanze tanto agognate), è celebrare l’apogeo dell’estate. Fateci caso: dopo Ferragosto le giornate si accorciano, l’entusiamo comincia a sfumare…alla fine del mese mancano solo due settimane. Non è un caso che il 15 Agosto, per molti, sia uno spartiacque tra il fulgore estivo e i preludi settembrini. Ma oggi non pensiamoci: cogliamo l’attimo, godiamoci questa giornata con il suo sole, il suo caos, i suoi eccessi, la sua afa. Dopotutto, l’estate è folle e spensierata per natura!

 

 

Foto via Pexels e Unsplash

 

Fiaba d’Inverno

   

“Le fiabe dicono più che la verità. E non solo perché raccontano che i draghi esistono, ma anche perché affermano che si possono sconfiggere.”

    (Gilbert Keith Chesterton)

 

L’Inverno è la stagione della fiaba: la neve, i paesaggi ammantati di candore, i cristalli di ghiaccio hanno il potere di calarci in uno scenario fatato. E il silenzio che accompagna la discesa dei fiocchi dà vita a un’atmosfera magica, istanti in cui il tempo sembra quasi sospeso. Il crepitio del caminetto acceso fa da sottofondo ad attimi in cui torniamo a godere dell’ intimità della nostra casa, e nei momenti di relax ci sembra ancora di ascoltare quella voce che iniziava immancabilmente il suo racconto con “C’era una volta…”. La nuova photostory di VALIUM è un’ ode all’ Inverno e al mood fiabesco che si associa a questa splendida stagione.

 

 

 

 

Il luogo: la Finlandia, il Paese più felice al mondo del 2022

 

“La Finlandia vuol essere scoperta, poichè non ha bellezze sgargianti o violente che l’osservatore superficiale possa cogliere così a volo dopo una fuggevole osservazione. Chi giunge in questo paese deve gettare lontano da sé ogni sorta di inquietudine quotidiana, deve aprire ben bene gli occhi e la mente per sentire e comprendere l’anima del paesaggio e le sue nascoste armonie. Così soltanto potrà tornare felice e ricco di impressioni nuove al suo paese.”

(Börje Sandberg)

 

Dopo aver trascorso il Natale a Tallinn, in Estonia, VALIUM torna nel Grande Nord. Stavolta, ci spostiamo ancora più in direzione della Stella Polare: siamo in Finlandia, un Paese dalla superficie totale di 338.424,38 km2 di cui un decimo è occupata da laghi di origine glaciale. La terra del Sole di Mezzanotte, confinante a est con la Russia, a nord con la Norvegia, a ovest con la Svezia e a sud con il Golfo di Finlandia, è un luogo straordinariamente affascinante. Le foreste ricoprono il suo territorio a perdita d’occhio, occupando l’86% del Paese; nella parte più settentrionale, a nord del Circolo Polare Artico, è possibile ammirare fenomeni quali l’aurora boreale. Lì si estende la Lapponia, il cui capoluogo – Rovaniemi – viene considerato la patria di Babbo Natale. Morfologicamente, in terra finnica si alternano monti (basti pensare alla catena dei Monti Scandinavi a nord-est del Paese), tundra (in Lapponia, dove prevale l’allevamento delle renne), fiumi (come l’ Oulujoki e il suo sistema fluviale), laghi (nell’area sud-orientale è situata la celebre Regione dei Laghi), ghiacciai e una costa frastagliata fronteggiata a sud dalle Isole Aland. Il mare che bagna la Finlandia è il mar Baltico e da ciò si evince che il litorale, soprattutto durante l’ Inverno, sia scarsamente praticabile a causa delle acque ghiacciate.

 

 

Ma qual è, esattamente, il motivo che ci ha spinti fino in Finlandia? La risposta è molto semplice: questo Paese, per il quinto anno consecutivo, è stato eletto il più felice al mondo dal World Happiness Report (elaborato dal Sustanaible Development Solutions Network dellONU). Viene quindi spontaneo esaminare le ragioni che hanno determinato la conquista di tale titolo. Cioè: perchè la Finlandia è un Paese felice, e su quali basi si fonda la sua felicità? Lo scopriremo subito insieme.

 

 

Il rapporto del World Happiness Report, innanzitutto, analizza il livello di felicità – dove per “felicità” si intende un’alta qualità della vita –  di un totale di 156 Paesi relativamente al benessere degli autoctoni, e di 117 rispetto a quello degli immigrati. Vengono presi in esame criteri come il reddito, la salute, la sicurezza, l’ istruzione, il funzionamento delle istituzioni e le caratteristiche a cui si associano, ad esempio la fiducia accordata loro dai cittadini, la presenza o meno della corruzione, la libertà di cui gode il Paese. Un parametro molto importante è costituito dall’ inclusività. Tornando a bomba: quali sono le motivazioni che fanno della Finlandia il Paese più felice del globo?

 

 

L’armonia con la natura

Non è difficile immaginare che la natura giochi un ruolo primario nella decisione del World Happiness Report. I finlandesi adorano vivere in armonia con l’ambiente, la sostenibilità e l’eco-friendly sono parte integrante della vita quotidiana. L’aria è pulita, la natura è uno degli scenari più amati entro i quali muoversi. In Finlandia, passeggiare nei boschi rappresenta uno dei passatempi preferiti: le foreste coprono tre quarti del Paese e raggiungerle richiede, in genere, non più di un quarto d’ora a piedi. Nelle grandi città, inoltre, è possibile usufruire delle immense aree di verde costituite dai parchi. Ma c’è di più. Secondo il principio del “jokamiehen oikeus”, il bosco appartiene a chiunque. Chiunque, cioè, può raccogliere liberamente erbe, fiori, funghi, bacche, oppure pescare con la massima tranquillità. “Everyman’s Rights” è il diritto che tutti hanno di godere responsabilmente dei frutti della natura. L’aria tersa della Finlandia dona a ogni prodotto una marcia in più: anche cibi selvatici come il camemoro, il tipico lampone artico, risultano prelibati, e preparare una cena che inneggia all’ “into the wild” è un’attività incredibilmente emozionante.

 

 

Ripristinare il contatto con la natura, come vi dicevo, in Finlandia è un must. Sono più di 40 i parchi nazionali disseminati nel Paese, tutti raggiungibili in meno di mezz’ora. In ogni parco sono presenti innumerevoli sentieri escursionistici e naturali, esistono aree adibite al campeggio dove è possibile dormire sotto le stelle e pasteggiare piacevolmente attorno a un falò. La varietà dei paesaggi rende ancora più sorprendenti questi istanti in completa armonia con l’ambiente: a sud le foreste sono fitte e rigogliose, a nord lo scenario assume tratti artici in puro stile “winter wonderland”. Non dimentichiamo, poi, che un soprannome della Finlandia è “terra dei mille laghi”. I laghi inclusi nei suoi confini sono ben 188.000 e fanno del Paese il più ricco di acque interne al mondo. A proposito di acqua, va notato che è immancabilmente cristallina: sia quella di laghi e fiumi che quella del rubinetto. A Helsinki è possibile berla senza problemi, viene considerata la più limpida del mondo.

 

 

Relax e detox con la sauna

La sauna fa parte della cultura e delle tradizioni finlandesi, ma non solo: è una vera e propria filosofia di vita. La dice lunga il fatto che, nel Paese, siano presenti ben tre milioni di saune su una popolazione complessiva di cinque milioni di abitanti. In termini di benessere, questo rito tipicamente finnico è senza dubbio il top. Ma non solo: nella sauna ci si ritrova con gli amici, con i colleghi di lavoro e via dicendo, per scambiare quattro chiacchiere mentre ci si rilassa e si usufruisce dei benefici del detox. Durante la sauna, inoltre, l’organismo rilascia un’alta quantità di endorfine, i neurotrasmettitori del buonumore. Lo step finale, che prevede il bagno in un lago ghiacciato, permette di godere appieno della bellezza degli specchi d’acqua del Paese. Non è un caso che l’ UNESCO abbia deciso di includere il più famoso rituale finlandese nell’ elenco del Patrimonio Culturale Immateriale: è una tradizione antichissima (la prima sauna risale al XII secolo) ed estremamente salutare.

 

 

Il paradiso dello sci

Un’ altra attività molto amata in Finlandia è lo sci: complici le basse temperature, si scia praticamente fino a Maggio. Le piste sono numerosissime e in Primavera inoltrata, quando il sole splende quasi tutto il giorno, si scivola lungo le discese sotto la sua luce magica. Anche chi adora lo sci di fondo può godere di vantaggi incomparabili. I percorsi, a miriadi, esplorano scenari da meraviglia che includono laghi, boschi rigogliosi e tutti gli angoli d’incanto del Paese.

 

 

L’ aurora boreale e il sole di mezzanotte: due fenomeni che lasciano senza fiato

La natura regala spettacoli di una magia ineguagliabile. In Lapponia, l’aurora boreale si verifica a partire dall’ Autunno fino alla Primavera per un totale di circa 200 giorni. Ma con il buio dell’ Inverno (i primi di Gennaio c’è una sola ora di luce), quando la neve ammanta il paesaggio di candore, assistere al fenomeno è ancora più emozionante: si tratta di un effetto ottico originato dall’ interazione tra il vento solare e la ionosfera terrestre. Dal loro incontro scaturiscono bande luminose declinate in un’infinità di forme e di colori che mutano continuamente. I cosiddetti “archi aurorali” esplorano nuance che vanno dal verde all’ azzurro passando (sebbene più raramente) per il rosso. Avere la possibilità di ammirarli è un evento che lascia senza fiato per lo stupore.

 

 

L’Estate, in Finlandia, è un periodo elettrizzante. A nord del Circolo Polare Artico, da Maggio ad Agosto il sole non tramonta mai; se ci si spinge più a sud tramonta solo per un istante e poi splende più smagliante di prima. Il cosiddetto “Sole di Mezzanotte” è contraddistinto da una luce straordinaria, praticamente una sorta di alba o tramonto che dura tutta la notte. I colori che prevalgono sono il giallo, l’arancio, il rosa. Questa fase temporale, che segue all’oscurità imperante dell’ Inverno, stimola un’ energia incontenibile nella popolazione: l’attività notturna è frenetica, le saune e i bagni di mezzanotte sono frequentissimi, facilitati anche dalle temperature più alte del mare e dei laghi.

 

 

Sicurezza, ospitalità, inclusività e parità di genere sono la norma

Finora abbiamo parlato di natura e di attività nella natura, ma come vanno le cose in città? Decisamente bene. Le metropoli finlandesi sono sicure, c’è un bassissimo tasso di criminalità. Se perdete il portafoglio è quasi automatico che vi venga riconsegnato, e che ve lo rubino è altamente improbabile. Qui è possibile girare da soli ovunque, sia di giorno che di notte. I servizi pubblici funzionano a meraviglia, la corruzione è pressochè assente e i cittadini guardano al Governo con fiducia. All’ asilo, dove si può accedere a due anni, si insegna ai bambini il concetto di parità di genere: uomini e donne hanno gli stessi diritti e doveri. Proprio nel Settembre scorso, a tal proposito, è entrata in vigore una nuova legge che assegna 160 giorni di congedo parentale a entrambi i genitori; è possibile che un membro della coppia ne ceda 63 al partner o a chi accudisce il bimbo. Le giovani donne hanno anche diritto a 40 giorni di indennità di gravidanza. Per concludere, l’inclusività  è molto importante: in Finlandia, gli stranieri si trovano a operare in un contesto altamente meritocratico che esalta i valori dell’ equità e dell’ accoglienza.

 

 

I finlandesi, un popolo entusiasta ed ospitale

Esistono molti stereotipi sulla presunta introversione dei finlandesi. In realtà si tratta di un popolo che ama aprirsi al prossimo, accogliente e generoso. Sicuramente, i finlandesi hanno molta voglia di raccontarsi e sono a dir poco entusiasti di far conoscere il loro Paese a chiunque lo visiti. A proposito di visite: saprete senz’altro che a Rovaniemi, nella Lapponia finlandese, si trova il celebre Villaggio di Babbo Natale.  E’ qui che Santa Klaus ha fissato la propria dimora, e potete fargli visita ogni giorno dell’ anno. Il Villaggio, inoltre, è attraversato dalla linea del Circolo Polare Artico: oltrepassatela ed otterrete un certificato che testimonierà la vostra impresa!

 

 

 

La colazione di oggi: con i Tuareg per la cerimonia del tè

 

La colazione di oggi è avvolta in un fascino intenso, esotico e misterioso: prenderemo un tè con i Tuareg, i leggendari “uomini blu” del deserto del Sahara. Sicuramente, di loro avete sentito parlare: sono un antichissimo popolo nomade, di origini berbere, che si sposta tra l’ Algeria, la Libia, il Mali, la Nigeria, il Ciad e il Burkina Faso. Allestiscono le proprie tende tra le dune e la sera si riuniscono sotto un tetto di stelle. Se chiedete ai Tuareg di definirsi, vi risponderanno di essere “Kel Tamahaq”, ossia dei parlanti della lingua Tamahaq. Per trasferirsi da un luogo all’altro si servono di cammelli o dromedari. Il turbante è un autentico segno distintivo di questo popolo; il suo nome è tagelmust e copre il capo e il viso, lasciando intravedere solo gli occhi. Turbante e velo al tempo stesso, viene realizzato arrotolando dai tre ai dieci metri di stoffa. I Tuareg usano tingere la tagelmust immergendola nella polvere d’indaco. Non è raro, di conseguenza, che la colorazione si fissi permanentemente sulla loro pelle: da qui l’ appellativo di “uomini blu”. Per alcuni il soprannome deriva invece dal burnus, un ampio abito tra il blu e l’azzurro che, al pari della tagelmust, li protegge dal sole, dalle tempeste di sabbia e dal freddo notturno. Le donne indossano il velo, ma lasciano il viso scoperto. Tengono molto al loro aspetto; si ornano copiosamente di bracciali, orecchini e collane. La caratteristica principale che identifica una donna Tuareg, tuttavia, sono le decorazioni all’ henné: danno vita a dei magnifici arabeschi sul volto e sulle mani, mentre gli occhi appaiono straordinariamente intensi grazie al kajal. La polvere di kohl viene utilizzata anche dagli uomini, che affidano alla barba il compito di rivelare la propria età; i giovani hanno la testa rasata e una barba voluminosa priva di baffi, gli adulti ne sfoggiano una lunghissima abbinata a una chioma fluente.

 

 

Passiamo ora al tradizionale rito del tè nel deserto. Per i Tuareg ha una valenza conviviale, è un modo di ritrovarsi e rilassarsi dopo il lavoro quotidiano (la sussistenza degli “uomini blu” è essenzialmente legata alla pastorizia, al commercio delle spezie e di materie prime quali l’ avorio e il sale), ma non solo: bevendo tè si cementano amicizie, si dà il benvenuto agli ospiti, si inaugurano alleanze, si instaura un trait d’union tra la cultura nomade e le altre culture. Il rituale del tè, insomma, è una vera e propria cerimonia che si celebra al tramonto o nelle notti stellate. La teiera e il Tuareg sono un tutt’uno: l’ “uomo blu” la porta con sè ovunque. Una leggenda vuole che, quando il tè gorgoglia nel barad (la teiera, appunto), la mente si distenda e il cuore sintonizzi i propri battiti con il borbottio della bollitura. Il particolare più suggestivo del cerimoniale del tè è che non ne viene servito uno, bensì tre. Se ne bevono tre tazze, ognuna delle quali riveste un significato ben preciso. Il primo tè, un tè verde contraddistinto da un aroma pungente e assai amaro, viene chiamato “tè della morte”; il secondo, molto più dolce ma leggermente aspro, è il “tè della vita”; il terzo, dal gusto delizioso ed estasiante, è il “té dell’amore”. A quest’ ultimo solitamente si aggiungono foglie di menta nanah, una menta selvatica diffusa nei paesi del Maghreb.

 

 

Il denominatore comune dei tre tè del cerimoniale è la schiuma che galleggia sulla bevanda. Per i Tuareg, che il tè sia spumoso è estremamente importante. Sono soliti versarlo con un gesto deciso, mantenendo alta la teiera, proprio per ottenere molta schiuma: come recita un antico proverbio Tuareg, infatti, “un tè senza schiuma è come un Tuareg senza turbante”. Finora vi ho parlato di “tazze” di tè per convenzione, in realtà si tratta di bicchieri di vetro di dimensioni medio-piccole. Il tè va sorseggiato lentamente, assaporato con calma, in segno di gratitudine e stima nei confronti di chi l’ha appena offerto.

 

 

Ma come si prepara, il tè dei Tuareg? Ecco – in sintesi – il procedimento. Il primo tè è un tè verde. L’acqua e le foglie di tè vanno fatte ebollire rapidamente; una volta tolto dal fuoco, l’ infuso viene zuccherato in abbondanza. Per areare la bevanda, bisogna travasarla a più riprese. Infine, il tè si versa nei bicchieri con il caratteristico gesto che lo rende spumoso. Il secondo tè va preparato nella stessa teiera, e con le stesse foglie di tè, del primo. Si aggiunge l’acqua, che tuttavia deve raggiungere l’ ebollizione molto più lentamente. Il tè viene lasciato bollire sul fuoco per almeno quattro minuti, dopodichè si zucchera e si travasa varie volte. La preparazione del terzo bicchiere avviene sulla falsariga del secondo, con un paio di differenze: durante la bollitura si aggiungono foglie di menta nanah e, per dolcificare il tè, va utilizzata una minore quantità di zucchero (pari all’incirca a un cucchiaino). La bevanda dei Tuareg ha un gusto particolarissimo, del tutto speciale. Si beve calda e zuccherata, ma il suo aroma è molto fresco. Disseta, riduce la sensibilità al calore, reidrata e reintegra le energie perse a causa delle alte temperature. Last but not least, il suo profumo risulta inebriante e irresistibile.

 

 

Per concludere, un cenno alle proprietà innumerevoli delle foglie di tè verde e della menta nanah. Il tè verde è un potente antiossidante che combatte i nefasti effetti dei radicali liberi; in più, diminuisce i livelli di colesterolo LDL e dei trigliceridi prevenendo le patologie cardiovascolari. Altre virtù associate al tè verde: favorisce la perdita di peso, aumenta il metabolismo, contrasta la ritenzione idrica e contiene circa il 50% di caffeina in meno rispetto al tè nero. La menta nanah, una menta di origini egiziane, è utilizzatissima in tutti i paesi arabi per la preparazione del tè verde alla menta. E’ un toccasana per la digestione, un efficace antibatterico e antinfiammatorio. Svolge un’azione rilassante, rigenerante e energizzante in caso di ansia e stress. Ha inoltre la preziosa facoltà di abbassare la temperatura corporea, rinfrescando tutto l’organismo.

 

Il luogo: Zante, viaggio nell’ isola che diede i natali a Foscolo

 

” Né più mai toccherò le sacre sponde
ove il mio corpo fanciulletto giacque,
Zacinto mia, che te specchi nell’onde
del greco mar da cui vergine nacque
Venere, e fea quelle isole feconde
col suo primo sorriso…”

(Ugo Foscolo, da “A Zacinto”)

 

Il suo nome è Zante, ma anche Zacinto, o meglio Zakynthos come la chiamano gli autoctoni. Appartiene all’ arcipelago greco delle Isole Ionie (che include anche Corfù, Cefalonia, Itaca, Leucade, Cerigo, Passo) ed ha una superficie di 405 km 2 su cui sono distribuiti 40.000 abitanti. Se amate la natura selvaggia ma non disdegnate la nightlife e il divertimento, Zante fa al caso vostro: è un’ isola singolarissima, ricca di sfaccettature. Secondo la mitologia greca, a Zante nacque Venere; non soprende, dunque, che sia una sorta di paradiso terrestre lambito dal mare più azzurro che ci sia. Leggende a parte, Zakynthos diede i natali al poeta Ugo Foscolo. Non va dimenticato, infatti, che per ben sei secoli – a partire dal 1194 e fino al 1797 – l’isola fu soggetta al dominio della Repubblica di Venezia. Ma quali sono le origini di Zante e perchè le venne attribuito quel nome? Omero fu il primo a citarla in un testo, lo fece sia nell’ Iliade che nell’ Odissea. Si narra che, in tempi antichissimi, la Dea della Caccia Artemide vagasse di continuo nei rigogliosi boschi di Zante, e che suo fratello Apollo solesse decantare la bellezza di quei luoghi accompagnandosi con la lira. In onore dei due Dei venivano organizzati eventi, gare e svariati spettacoli, finchè, tra il 1500 e il 1600 a.C., sull’ isola approdò Zakynthos (il figlio di Dardano, Re di Troia) e la colonizzò. Zakynthos era partito dalla città di Psofida, in Arcadia; a Zante fondò un’ acropoli a cui diede lo stesso nome. Considerato colui che scoprì e popolò l’isola, Zakynthos divenne la sua icona. Appariva sulle monete e si tramutò in una sorta di emblema: era raffigurato mentre reggeva tra le mani un serpente, perchè – come asserivano le leggende – al suo arrivo fece piazza pulita dei serpenti che si addensavano nel territorio. A tutt’ oggi, Zakyhthos (in italiano Zacinto) viene considerato l’ eroe supremo dell’ isola che nel 2011 prese il nome di Zante.

 

 

Omero la ribattezzò “Fiore di Levante”, Foscolo le dedicò un sonetto, “A Zacinto”: le meraviglie naturali di Zante sono state celebrate sin dalla notte dei tempi. Il verde pervade l’ intera isola, le spiagge sono molteplici e collocate in spettacolari insenature, le pareti rocciose cadono a strapiombo sul mare. Il paesaggio è straordinario, caratteristico. Abbondano gli ulivi, i vigneti, le piantagioni di cedri, che fanno dell’ agricoltura una delle ricchezze principali dell’ isola. Tipico di Zante è il corinzio nero senza semi, detto ribes: la coltivazione di questa varietà d’ uva risale a epoche antichissime; secoli orsono, il ribes veniva esportato nel Mediterraneo attraverso il porto di Corinto. Altre risorse sono rappresentate dall’ allevamento degli ovini, da due giacimenti minerari situati a ovest dell’ isola, dall’ artigianato e, naturalmente, dal turismo. Anche perchè Zante è una meta per tutti i gusti. Chi ama il relax e i panorami incontaminati la adorerà, chi è in cerca di mondanità potrà trovare “movida” in abbondanza lungo la costa meridionale. A ovest si concentrano scogliere altissime, nelle zone interne sono presenti luoghi in cui la civiltà sembra non essere ancora arrivata: vecchie mulattiere attraversano un territorio straripante di piante selvatiche e costellato da mulini d’ altri tempi. Il clima, senza dubbio, favorisce questo tipo di paesaggio; a Zante le primavere sono piovose e le estati caldissime, ma secche. E se le temperature raggiungono normalmente i 40-45 gradi, risultano sopportabili grazie all’ assenza dell’ afa.

 

 

Se dovessimo scegliere uno scorcio specifico per identificare l’ isola, punteremmo di sicuro sulla spiaggia del Relitto o del Navagio (in italiano, naufragio). Si trova sulla costa nord-occidentale ed è collocata tra due promontori rocciosi: appare come un’ insenatura di spiaggia bianchissima dove dal 1980 giace il relitto della motonave Panagiotis, che quell’ anno naufragò dopo essere rimasta incagliata in una secca. La vecchia nave arrugginita risalta sul candore della cala, che alterna sabbia e ciottoli: non è un caso che questa location sia una delle più fotografate di Zante. Per ammirarla dall’ alto, e godere al tempo stesso del blu intenso del mar Ionio, basta percorrere un sentiero panoramico laterale alla spiaggia. Navagio Beach, da notare, è raggiungibile soltanto via mare.

 

 

Dato che parliamo di spiagge, eccone qualcun’ altra da non lasciarsi sfuggire. Se amate praticare lo snorkeling, puntate su Makris Gialos: è una spiaggia composta di sabbia e ciottoli situata nei paraggi di stupefacenti grotte subacquee. A pochi passi dal villaggio di Alykes troverete invece la spiaggia di Xigia: su questa cala incassata tra due scogliere rocciose vi sentirete in un vero e proprio angolo di Eden. Il fondo è sabbioso (l’ optimum per chi detesta camminare sui ciottoli), e nelle immediate vicinanze si apre una grotta dove scorre una sorgente naturale di acqua sulfurea. Grazie all’alta concentrazione di zolfo, il mare su cui si affaccia la spiaggia sfoggia una nuance di turchese mozzafiato. Il fondale sabbioso – ricoperto però da numerosi ciottoli –  contraddistingue anche la spiaggia di Limni Keri, un paesino posizionato di fronte all’ isola di Marathonissi. Circondata da un gran numero di pini marittimi e di taverne, questa piccola baia, al tramonto, è impregnata di un’ atmosfera incredibilmente suggestiva. La collocazione alle pendici di Capo Marathia, un maestoso promontorio, fa sì che la spiaggia sia un perfetto punto di partenza per le escursioni nel Parco Marino Nazionale, nell’ isola di Marathonissi e nelle grotte e calette di Capo Marathia. Kaminia Beach si trova nel cuore del golfo delle Tartarughe: il suo fondo di sassi candidi è raggiungibile solo tramite una scaletta assai ripida. Non è il massimo della comodità, ma se adorate le spiagge nascoste vale la pena di farci un salto! Porto Roxa, completamente attorniata dalle rocce, abbina il relax al divertimento sfrenato. Le taverne abbondano e il calar del sole è tutto da ammirare. Non è raro, inoltre, ottenere ombrelloni e sdraio gratuiti in cambio di una consumazione nei suoi brulicanti locali.

 

 

Una visita al Parco Nazionale Marino è imprescindibile. E’ sorto nel 1999 a tutela delle tartarughe acquatiche Caretta caretta, una specie tipica del mar Mediterraneo che è solita nidificare sulla costa sud-occidentale di Zante (si contano circa 1300 nidi l’anno). L’ area del Parco include quattro isolotti situati a sud dell’ isola: Marathonissi, Pelouso e le due isole Strofadi. Le tartarughe, ad alto rischio di estinzione, raggiungono le spiagge ogni mese di Giugno per sotterrare le loro uova nella sabbia. Dopo circa 55 giorni queste si schiudono e i cuccioli si dirigono autonomamente verso il mare.

 

 

Le Grotte di Keri rappresentano un’ ennesima meraviglia locale. Sono posizionate a sud-ovest di Zante, nei pressi del promontorio di Capo Marathia, e si raggiungono solamente via mare tramite barche private o turistiche. Queste grotte si sviluppano lungo la costa a strapiombo, che favorisce una notevole profondità dei fondali: le imbarcazioni, in genere, possono accedervi senza problemi. Nelle grotte con un ingresso molto stretto si può invece entrare a nuoto. In questa zona è consigliabile soffermarsi ad ammirare i Mizitres, due faraglioni uniti da una sottilissima lingua di sabbia alle pareti rocciose del litorale. La spaccatura che squarcia un faraglione rende possibile esplorare quest’area a nuoto osservando le innumerevoli stelle marine che la popolano. Anche sulla costa nord-occidentale dell’ isola è presente una serie di grotte incantevoli. Si tratta delle celebri Grotte Blu, formazioni geologiche che partono da Agios Nikolaos ed arrivano fino a Capo Skinari: una zona ideale per praticare lo snorkeling. Il nome delle grotte si ispira ai particolarissimi riflessi azzurri che l’acqua marina proietta al loro interno. Come avviene per le Grotte di Keri, alcune Grotte Blu sono visitabili con una piccola imbarcazione oppure a nuoto (un metodo riservato ai più esperti).

 

 

Un tour ideale dell’ isola di Zante comprende i luoghi, i paesaggi e gli edifici più disparati: antichi mulini, strade panoramiche, monasteri secolari come, ad esempio, San Giorgio delle Rocce, situato nel paese di Anafonitria. Il complesso architettonico si staglia su un promontorio e vanta una magnifica vista mare. Consta di una torre a base circolare, una serie di alloggi e una chiesetta che i pirati distrussero nel 1553. Successivamente, venne ricostruita in tipico stile veneziano. Un altro monastero molto caratteristico è quello di Eleftherotria, il monastero della Madonna Liberatrice. Si trova nei pressi di Macherado e somiglia ad un castello ricco di torri, archi e merlature. Il tour prosegue a Zante, capoluogo dell’ isola e suo porto principale. Un terribile terremoto rase al suolo la città nel 1953, annientando ogni traccia dell’ antico dominio veneziano. I portici, i palazzi e i luoghi di culto che si rifacevano strutturalmente alla Serenissima vennero riedificati in stile moderno. Le uniche testimonianze risalenti ai tempi che furono sono rappresentate dalla chiesa di San Dioniso (dove vengono conservate le reliquie del santo), la chiesa di San Nicola del Molo, l’ edificio della Banca Nazionale e la piazza di San Marco, un nome scelto non a caso. Imperdibile una passeggiata nei tortuosi vicoli, costeggiati da case con cortili adornati di fiori, e il panorama che abbraccia la baia di Zante. Proprio dietro la città, nel punto più alto della collina Strani, spicca poi un delizioso borgo che circonda i resti di un castello veneziano: merita di essere visitato senza esitazione. E la vita notturna, le discoteche, i pub? Oltre che a Zante, si concentrano a Argassi e Laganas. Quest’ ultima località, situata nel sud dell’ isola, viene soprannominata “la piccola Las Vegas” ed è tutto dire. Nightclub, negozi, hotel e ristoranti si susseguono in un’ esplosione di insegne al neon che accendono la notte di mille colori. I supermercati, i locali e gli esercizi commerciali rimangono aperti pressochè h24 e anche la spiaggia, che si snoda per chilometri e chilometri, è frequentatissima a ogni ora del giorno e, ça va sans dire…della notte! Zante, insomma, è l’isola perfetta per qualsiasi esigenza e qualsiasi stile di vita. E voi, quale aspetto di Zakynthos preferite?

 

Il luogo: la spiaggia delle Due Sorelle, un gioiello incastonato nella Riviera del Conero

 

” Così tra questa
immensità s’annega il pensier mio:
e il naufragar m’è dolce in questo mare. “

(Giacomo Leopardi, da “L’Infinito”)

 

Il caldo improvviso e travolgente di questi giorni fa sì che gli scenari marini ricorrano nei nostri weekend. Oggi voglio parlarvi, quindi, di una delle baie più “selvagge” e meravigliose d’Italia: la Spiaggia delle Due Sorelle, emblema iconico della Riviera del Conero. Dal porto di Ancona al centro balneare di Numana si snoda un litorale roccioso e frastagliato di cui il promontorio del Monte Conero (572 m. di altezza sul livello del mare) costituisce il rilievo principale. La costa si estende per una ventina di chilometri ed è contraddistinta da una bellezza tale da esser stata dichiarata, nel 1987, Parco Regionale del Conero. Per averne un’ idea, pensate a un mare (il mare Adriatico) color turchese, limpido e cristallino. Poi immaginate un monte, conosciuto non a caso come il “Paradiso delle Marche”, che cade a picco su questo mare: è ammantato di boschi e di una rigogliosa macchia mediterranea, tra cui un tripudio di ginestre. La Riviera del Conero è tempestata di baie, deliziose spiagge di ghiaia e ciottoli, scogli, calette, grotte inaspettate… raggiungibili esclusivamente via mare o percorrendo una serie di sentieri.

 

 

Sono molte le spiagge che seducono, con la loro meraviglia, i turisti e i locali. Ne cito solo alcune: Mezzavalle, un vero e proprio eden da godere in piena libertà. Portonovo, una baia pittoresca dove spicca l’inconfondibile “palafitta” color cielo del Clandestino Susci Bar. La Spiaggia dei Gabbiani, una piccola insenatura cosparsa di sabbia vellutata. La Spiaggia dei Sassi Neri, che, al contrario, vanta una riva rocciosa composta da sassi e da scogli molto scuri. E poi c’è la Spiaggia delle Due Sorelle, incontaminata e ricca di ciottoli candidi e sabbia finissima. E’ “wild” al punto tale da poter essere raggiunta soltanto dai traghetti in partenza da Portonovo, oppure tramite barca, canoa o sup. A Nord si erge la coppia di faraglioni, le “Due Sorelle” appunto, che sono un po’ il suo simbolo. Gli speroni rocciosi rappresentano d’altronde una costante di questo tratto di costa, affacciata su un mare che spazia dal verde smeraldo a un azzurro talmente intenso da sembrare caraibico. Ma come nasce il nome le “Due Sorelle”? Pare che i faraglioni, bianchi e gemelli, siano stati così battezzati perchè la loro conformazione ricorda quella di due monache in preghiera.

 

 

Per godervi la spiaggia appieno, non tralasciate di ammirarla al tramonto, quando il sole la inonda di splendidi colori. L’atmosfera è magica e la distesa d’acqua che avete di fronte vi sembrerà sconfinata. Questo gioiello immacolato, incastonato tra le rocce, viene considerato la spiaggia più bella delle Marche e Legambiente lo annovera nella Top 15 delle spiagge d’Italia. La Spiaggia delle Due Sorelle è l’ideale per poter vivere a stretto contatto con la natura: bisogna essere muniti di un ombrellone e di acqua e cibo propri, se si vuol trascorrere una giornata nei suoi spazi. Non sono presenti bar, locali o ristoranti, è proibito fumare e lasciare sulla spiaggia rifiuti o mozziconi di sigaretta. Trovandosi all’ interno del Parco Regionale del Conero, inoltre, raccogliere piante e impossessarsi di pietre o sassi dalla forma particolare è vietato nel modo più assoluto. Ma non voglio di certo scoraggiarvi, con questa lista di divieti! La Spiaggia delle Due Sorelle è la location perfetta se volete prendervi una pausa dal caos o dalle classiche spiagge in cui la musica gracchia dagli altoparlanti e il cicaleccio dei bagnanti azzera il relax. Sappiate che esiste anche una leggenda molto suggestiva che la riguarda: si narra che anni e anni orsono, in quella zona, si udissero urla laceranti provenire dal mare. Al largo viveva una bellissima Sirena che era solita ammaliare i marinai con il suo aspetto seducente e il suo canto melodioso. Costoro ne erano irrimediabilmente attratti e, conquistati da quel magnetismo, la raggiungevano senza esitazione. 

 

 

Ma la Sirena li attirava a lei per poi incatenarli nella Grotta degli Schiavi, una mitica cavità marina situata a Nord degli scogli delle Due Sorelle. Questa Grotta è tuttora avvolta nel mistero. Lunga ben 70 metri, si pensa che sia esistita almeno fino agli anni ’30 del ‘900, quando una frana ne occluse l’apertura. Pare che al suo interno fosse presente una  spiaggia ghiaiosa, ed eminenti personalità dell’ anconetano assicurarono che dalla roccia delle sue pareti sgorgasse acqua purissima. Anche il nome del luogo ha un’ accezione di volta in volta storica o mitologica. Secondo alcuni, la Grotta venne così denominata poichè gli Schiavoni, pirati originari dei Balcani, la utilizzavano a mò di rifugio. Altri affermano che i pirati solessero incatenare nella Grotta i loro prigionieri, e che gli anelli fissati sulla roccia sarebbero tuttora distinguibili. Secondo un’ altra leggenda, gli Schiavoni rapirono una Principessa e la imprigionarono a vita nella Grotta: le lacrime infinite della donna generarono una sorgente all’ interno della cavità. Tornando alla Sirena, pare che avesse come complice un terribile Demone marino. Costui venne abbattuto e tramutato in una roccia che, squarciatasi in due blocchi, diede origine ai faraglioni delle Due Sorelle. Ancora oggi, navigando in barca o traghetto davanti all’ ingresso della Grotta, si dice che si odano le urla dei marinai imprigionati e il rumore lugubre delle loro catene.

 

 

Esiste un’ ulteriore leggenda legata alla Grotta, e senza dubbio è intrisa di immenso fascino. Si narra che la Grotta non sia altro che la nota e ricercatissima “stanza del tesoro” in cui culmina il Buco del Diavolo del Monte Conero. Secondo le credenze popolari, infatti, all’ interno del Monte sarebbe presente un intricato labirinto di cunicoli.  Questi condurrebbero a una “stanza del tesoro” che conterrebbe un altare, una gallina d’oro circondata da dodici pulcini d’argento e un baule ricolmo di ricchezze. Per accedere a quei cunicoli, si dovrebbe passare attraverso una fenditura situata alle pendici del Conero. Impossessarsi del tesoro, però, pare che non sia così semplice: chiunque lo trovasse, sappia che non può portarlo via con sè a meno che non scriva sull’ altare della Grotta, con il proprio sangue, il nome esatto del Demone dimorato nei cunicoli. La spiegazione storica dei tunnel scavati nella roccia, invece, li identifica con una sorta di acquedotto interno al Monte costruito in epoca romana o preromana.  

 

 

Oltre alle atmosfere paradisiache, al relax più assoluto, al connubio mozzafiato tra il paesaggio marino e quello montano, la Spiaggia delle Due Sorelle offre la possibilità di vivere una singolarissima esperienza: presenziare al magnifico evento naturale della riproduzione dei polpi a cavallo tra l’ Autunno e l’ Inverno.

 

 

Foto: n.3 dall’ alto, di Giorgio Montesi, CC BY 2.0 <https://creativecommons.org/licenses/by/2.0>, via Wikimedia Commons. N.4 di Marche Tourism via Flickr, CC BY-NC-SA 2.0. N.5 di Antonio Castagna via Flickr, CC BY 2.0. N.6 di Enrico Pighetti via Flickr, CC BY 2.0.

 

Momenti di Maggio

 

” Come non posso vedere un torrente limpido, senza bagnarvi perlomeno i piedi, così non posso pensare davanti a un prato a maggio senza fermarmi. Non c’è niente che attiri di più di questa terra profumata, su cui le fioriture del cerfoglio ondeggiano come una lieve spuma, mentre gli alberi da frutto tendono i loro rami coperti di fiori come se volessero emergere da questo mare di beatitudine. E io, io devo per forza lasciare la strada e addentrarmi in questa pienezza multiforme di vita. “

(Sophie Scholl)

Due amiche nella campagna assolata di Maggio. Borse e cappelli di paglia per esaltare un mood rustico, abiti bianchi per riflettere la luce. Momenti di gioia e di assoluto relax vissuti in mezzo alla natura, a piedi nudi, tra candidi fiori di campo e prati verdeggianti. Finchè un sentiero che scende verso il mare svela un nuovo panorama: orizzonti sconfinati e una spiaggia deserta da godersi in un tripudio di inebrianti emozioni. (Foto di Nataliya Vaitkevich via Pexels)

 

Il luogo

Un locale accogliente dove degustare una cioccolata calda, magari al tepore del focolare. Novembre non è ancora terminato, ma il freddo si fa già sentire. Il maltempo impazza, le temperature sono calate a picco e la neve incombe…per la gioia di chi, come me, adora l’ Inverno e le sue meraviglie. Mentre Yule, il giorno del Solstizio, si avvicina a grandi passi, nelle città si accendono le prime luminarie; l’ atmosfera natalizia – seppur guastata dalla presenza sempre più opprimente del Covid – inizia a fare capolino e tenta di farci dimenticare, con i suoi bagliori sfavillanti, una realtà in cui le restrizioni persistono e argomenti quali il Super Green Pass, il lockdown, i vaccini e il numero dei contagi la fanno da padroni. Il bisogno di una pausa si fa pressante: per ritrovare il piacere di vivere l’ intimità e il calore, la gioia quasi infantile che la stagione fredda porta con sè. Una tazza di cioccolata calda potrebbe essere l’ emblema di questo break, definendone il sapore e l’ atmosfera. Quando la gustiamo non pensiamo altro che a perderci nella sua delizia. Il fumo che sprigiona la tazza bollente favorisce il relax, è una dolce coltrina di vapore che ci distende e dà adito alle chiacchiere in compagnia. Magari, con un piacevole sottofondo musicale. Nel periodo che precede il Solstizio d’Inverno, certi locali diventano oasi in cui rifugiarsi insieme agli amici più cari. Guardare la neve che fuori cade mentre si gusta la “bevanda degli Dei” è un momento di gioia incomparabile: sapevate che i Maya e gli Aztechi chiamavano proprio così il cioccolato in tazza? Per le civilità pre-colombiane, la mescolanza di acqua, fave di cacao e peperoncino dava origine al Xocoatl, una bibita/dessert dai connotati mitici. In parte perchè i chicchi di cacao venivano considerati talmente pregiati da essere utilizzati persino come valuta, in parte perchè il cacao contiene feniletilamina, un neurotrasmettitore naturale anche detto “ormone dell’amore”. Il nostro cervello lo rilascia, non a caso, quando siamo innamorati, ed è lo stesso che ci dona quella sensazione di benessere imperniata su tutte le nuance dell’euforia. Oltre ad evocare scenari di intima convivialità, dunque, la cioccolata calda è un vero toccasana per l’ umore. Conviene approfittarne, soprattutto di questi tempi…E se non avete il Green Pass? Sostituite il locale con casa vostra o la casa di qualche amico, l’ atmosfera è sempre assicurata.

 

Il luogo

 

Il mare. Ma al tramonto, quando diventa una tavola d’olio che riflette le cangianti sfumature del calar del sole. La spiaggia si svuota e al vocio, alla musica a palla diffusa dagli impianti stereo di alcuni lidi, si sostituisce il suono ipnotico della risacca. Le voci dei “bagnanti serali”, tutti coloro che preferiscono immergersi in acqua con nessuno intorno, vengono veicolate sulla riva dalla brezza. Sono momenti magici, da vivere con lo sguardo rivolto all’orizzonte e la mente sgombra, svuotata dal peso accumulato durante il giorno. Basta allertare i sensi per percepire le vibrazioni scaturite da quegli istanti di armonia cosmica, l’ atmosfera sospesa che aleggia mentre il sole, in un caleidoscopio di colori, sprofonda nella massa acquosa. Camminando sul bagnasciuga, ci si imbatte in chi  approfitta dell’ incanto del tramonto per praticare yoga o in qualche gabbiano che zampetta sulla sabbia prima di riprendere il volo. E’ ora di lasciar spazio al relax. Di sorseggiare un calice di vino frizzante e di ammirare l’ infinito perdendosi lungo la linea dell’ orizzonte. L’ immensità del mare si tramuta in un concetto, in un’ immagine emblematica; ci insegna a relativizzare e a meditare sul suo spazio senza limiti. Ma il mare è anche una porta aperta sul mondo, tangibile e intangibile. Al di là del mare esistono nuove terre, nuove culture, nuove lingue, nuove etnie. Ammirare il mare sconfinato è mettersi in contatto con l’universo sondando dimensioni altrettanto incommensurabili. Il mare, poi, ha un linguaggio proprio, che chi lo ama impara presto a decifrare: come disse Verga, ” Il mare non ha paese nemmen lui, ed è di tutti quelli che lo stanno ad ascoltare, di qua e di là dove nasce e muore il sole. “