I discorsi del tempo

 

O ciel, sei bello quand’azzurro fulgi,
E se d’orror ti cinge la tempesta;
Bello se ridi, o mare, oppur minacci;
Sei bella, o terra, mentre april s’infiora
O l’estate biondeggi, e ti vendemmi
L’anno cadente, o, imperversando i venti,
Tu scintilli di neve alla montagna:
L’ombra, la luce, l’ora mattutina,
E il vespero amoroso, ah! tutto muove
Letizia mesta e arcano un desiderio;

Della pace immortal tutto è un sospiro

 (Augusto Conti, da “I discorsi del tempo in un viaggio in Italia”, 1867)

 

Equinozio di Primavera

 

Vieni; usciamo. Tempo è di rifiorire.”
(Gabriele D’Annunzio)

 

La Primavera è entrata ufficialmente alle 4.06, un’ora a metà tra notte e alba: il cielo è ancora buio, ma il silenzio viene invaso dal cinguettio degli uccellini che annunciano l’imminente nascita di un nuovo giorno. Oggi inizia la stagione del risveglio, la natura si desta dal lungo torpore invernale. I fiori sbocciano, il paesaggio si tinge un tripudio di colori. La terra inaugura il suo periodo di fertilità, l’aria si impregna di frizzante leggerezza. C’è voglia di ricominciare a vivere, di godere appieno delle giornate sempre più lunghe, di trascorrere più tempo all’aperto. La Primavera irrompe come una folata di energia, porta con sè la gioia della rinascita. Ci si riapre al mondo, ai desideri del cuore, alla magia del nuovo inizio. E i fiori diventano l’emblema di questo stato d’animo, di questa atmosfera inebriante: i loro profumi e le loro tonalità ci invitano ad addentrarci nei sentieri della bella stagione e a riscoprirla in tutta la sua meraviglia.

 

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Primavera

 

“…allora posai i vestiti sull’erba e prima di entrare nel fiume guardai il colore che ci lasciava il sole e il colore che ci lasciava il cielo e la luce tutta che era ormai diversa, perchè la primavera era iniziata dopo aver vissuto nascosta dietro la terra e dentro i rami. Entrai nell’acqua piano piano, senza il coraggio di respirare, e sempre con la paura che, appena entravo nel mondo dell’acqua, l’aria, svuotata dal fastidio che ero, si arrabbiasse e , diventata vento, soffiasse forte come d’inverno, quando quasi spazzava via le case e la gente. Avevo cercato la parte più ampia del fiume, la più bassa, la più lontana dal paese, dove non andava praticamente mai nessuno, perchè non volevo che mi vedessero. L’acqua scorreva sicura di sé, di quel peso che le veniva dalla neve delle montagne e da tutte le sorgenti che fuggivano dall’ombra attraverso un foro nella roccia. Fusa per la frenesia di fondersi, l’acqua formava il fiume. Poco dopo aver superato le stalle e il recinto dei cavalli mi ero accorto che un’ape mi seguiva insieme al fetore di sterco e all’odore dei glicini che stavano fiorendo. L’acqua era fredda, la fendevo con le braccia, la pestavo con i piedi, chiazzata dal sole che nasceva oltre le Pietre Alte con la smania di volare. Ci infilai la testa perchè l’ape perdesse le mie tracce; sapevo bene che certe api vecchie di sette anni erano più che astute. Dentro era torbido, una nube di vetro, e mi fece pensare alle sfere di vetro nei cortili, sotto i pergolati di glicine robusto, di quei glicini che scendevano lungo le case. Ogni primavera le dipingevamo del colore della rosa e per questo la luce del paese sembrava diversa, inebriata com’era dal rosa delle case. D’inverno, al chiuso delle sale da pranzo, rosse del fuoco che fuggiva su per il camino, facevamo i pennelli con le code dei cavalli, e i manici di legno che poi legavamo con il fildiferro. Quando erano pronti li mettevamo al sicuro e partivamo, uomini e ragazzi, a cercare la polvere rossa della Maraldina, la montagna coperta di eriche con in cima l’albero rinsecchito e il vento che fischiava tra i cespugli. (…) Appena tornati in paese lasciavamo i sacchi sotto la tettoia, aspettavamo il bel tempo per mescolare la polvere rossa con l’acqua e facevamo la pittura rosa che poi l’inverno cancellava.”

Mercé Rodoreda, da “La morte e la primavera” (Edizioni La Nuova Frontiera)

 

29 Febbraio, il giorno che “spunta” con l’anno bisestile

 

29 Febbraio: quest’ anno, come per magia, Febbraio ha un giorno in più. Ciò accade perchè il 2024 è un anno bisestile e, in quanto tale, si avvale dell’aggiunta di un giorno affinchè il calendario collimi con il moto della Terra attorno al Sole; il nostro pianeta, infatti, impiega 365,2422 giorni per descrivere la sua orbita attorno all’astro infuocato, e non 365 come erroneamente si pensa. Queste sei ore di differenza vengono colmate sommando un giorno al mese di Febbraio, un evento che si verifica ogni quattro anni. Era il 46 a.C. quando Giulio Cesare introdusse l’anno bisestile, dal latino “bis sextus die” ovvero “due volte sesto giorno”. Nel calendario romano, però, il giorno aggiunto ogni quattro anni coincideva con quello successivo al 24 Febbraio, poichè in questa data l’anno terminava: il giorno in più degli antichi romani veniva chiamato esattamente, quindi, “bis sexto die ante Calendas Martias”,  il sesto giorno “ripetuto” prima delle Calende di Marzo. Il calendario gregoriano, che Papa Gregorio VIII promulgò nel 1582, manteneva il giorno aggiunto pur associandolo ad un calcolo diverso e più complicato. Ma quando e dove nacque la nefasta fama dell’anno bisestile? Fu proprio nell’antica Roma che  ebbe origine il detto “anno bisesto, anno funesto”: i romani dedicavano il mese di Febbraio ai riti in onore dei defunti. Con il passare dei secoli, la negatività che il popolo associava all’anno bisestile non venne mai meno. Nel Medioevo era opinione comune che l’anno 1000 coincidesse con la fine nel mondo, mentre durante il Rinascimento l’anno bisestile veniva considerato foriero di epidemie, sciagure per le greggi e per il raccolto. Tornando alla nostra epoca, nel 2020, molti hanno addirittura congetturato un nesso tra l’anno bisestile e lo scoppio della pandemia di Covid. Nei paesi anglosassoni, invece, il 29 Febbraio ha sempre avuto una valenza positiva: nel Regno Unito e in Irlanda è stato ribattezzato “leap day”, mentre l’anno bisestile è il “leap year”. In Irlanda esiste addirittura una tradizione che prevede che le donne facciano una proposta di matrimonio al proprio compagno, con tutto il corredo romantico ad hoc per l’ occasione.

 

 

Attenzione, però! Secondo l’antica usanza, se l’uomo rifiuta sarà tenuto a donare dodici paia di guanti a colei che si dichiara: dovrà indossarne uno al mese per evitare di mostrarsi priva dell’anello di fidanzamento. Vuole la leggenda che la tradizione del Bachelor’s day, ossia della proposta di matrimonio al femminile, sia stata inaugurata da San Patrizio e Santa Brigida di Kildare; pare che la Santa confidò con rammarico a San Patrizio che le giovani donne rimanevano in attesa per troppo tempo della dichiarazione d’amore dei loro fidanzati. San Patrizio, allora, decretò che ogni 29 Febbraio i ruoli si sarebbero invertiti. Sarebbero state, cioè, le donne a dichiararsi agli uomini. L’idea, decisamente innovativa per l’epoca, fu accolta con entusiasmo da Santa Brigida e da tutta la popolazione femminile dell’Irlanda e della Scozia, dove l’usanza si diffuse.

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Luna Piena della Neve: il fascino potente della Microluna in arrivo il 24 Febbraio

 

Domani, tutti con gli occhi puntati verso il cielo: è in arrivo il plenilunio più magico di Febbraio. Non si tratta, però, di una Superluna. La Luna Piena della Neve (questo il suo nome) sfoggia un fascino altrettanto potente di una luna al perigeo, ma la sua è una bellezza che va oltre le dimensioni. Alle 13.30, quando raggiungerà la fase di piena, il satellite della Terra disterà da quest’ultima 405.085 km; ciò significa che sarà prossimo all’apogeo, il punto di maggior lontananza che intercorre tra l’orbita lunare e il nostro pianeta. La Luna della Neve può essere considerata quindi una Microluna: il plenilunio apparirà minuto, pur mantenendo un’intensa luminosità. Potremo ammirarlo in tutta la sua pienezza al calar del buio, quando l’oscurità ne esalterà il fulgore. Naturalmente, sarà essenziale che il cielo sia sgombro di nuvole.

 

 

Ma da dove deriva il nome di Luna Piena della Neve? A battezzarla così fu la tribù di nativi americani dei Dakota, che si ispirarono agli scenari innevati in cui fa solitamente la sua comparsa. E’ curioso constatare che i Cherokee, il gruppo etnico più numeroso del Nord America, la denominarono invece Luna della Fame o Luna Ossuta. In Inverno, infatti, quando la neve e le temperature polari ostacolavano la caccia, patire la fame era quasi la regola. Gli antichi Celti mantennero il collegamento con il gelo stagionale dandole il nome di Luna di Ghiaccio, mentre altri popoli indigeni dell’America settentrionale l’appellarono in svariati modi: Luna dell’ Aquila, Luna dell’Orso Nero…L’orso più diffuso da quelle parti, non a caso, dà alla luce i suoi cuccioli proprio a Febbraio. I Cinesi, dal canto loro, chiamarono il plenilunio del secondo mese dell’anno Luna Piena dei Germogli, associandolo a un’idea di rinascita che anche gli Hopi attribuirono alla Microluna; per il popolo indigeno amerindo stanziato in Arizona era la Luna della Purificazione o del Rinnovamento, una definizione che probabilmente indicava l’imminente risveglio della natura.

 

Tornano le Leonidi e ravvivano la notte con una pioggia di stelle cadenti

 

Stasera, tutti con gli occhi rivolti verso il cielo: tornano le Leonidi, e il loro sciame meteorico ci sorprenderà con una pioggia di stelle cadenti. L’evento proseguirà per l’intera notte. Se il cielo sarà sgombro di nuvole, potremo visualizzarle perfettamente; anche perchè la Luna, in fase crescente, non le offuscherà con il suo chiarore. Lo spettacolo si ripete ogni anno, dal 3 Novembre al 2 Dicembre: la pioggia meteorica si verifica quando la cometa 55P/Tempel-Tuttle transita nel punto più vicino al Sole (detto “perielio”). In quel momento, il ghiaccio di cui è composta sublima e da essa si stacca una scia di frammenti chiamati “meteoroidi”. Durante il suo moto di rivoluzione attorno al Sole, la Terra attraversa l’orbita della Tempel-Tuttle incontrando la scia dei meteoridi; il contatto dei frammenti cometari con l’atmosfera terrestre provoca la loro vaporizzazione e, di conseguenza, la formazione dello sciame meteorico delle Leonidi, così battezzate in quanto sembrano provenire dalla costellazione del Leone. Le stelle cadenti, che viaggiano a una velocità di ben 72 km al secondo, penetrano nell’atmosfera con un impatto potentissimo. Sono celebri per la loro brillantezza, e da piogge possono talvolta tramutarsi in tempeste meteoriche con una densità di circa 1000 meteore l’ora.

 

 

Quest’anno, il picco dello sciame avrà luogo nella notte tra il 17 e il 18 Novembre: sarà visibile dalla sera di venerdì fino all’alba di sabato, terminando più o meno alle 6 del mattino. Per ammirare il fenomeno al meglio, è opportuno scegliere un luogo privo di luci artificiali. Lo spettacolo si preannuncia indimenticabile, anche se pare che potremo osservare dalle 10 alle 15 meteore l’ora: non il massimo, secondo gli astronomi. Va considerato, tuttavia, che le tempeste meteoriche (quelle cioè che presentano una maggiore densità di stelle cadenti) si verificano ogni 33 anni, il periodo che la cometa 55P/Tempel-Tuttle impiega per concludere la sua orbita intorno al Sole; gli sciami più memorabili hanno avuto luogo nel 1799, 1833, 1866, 1966 e 2001. Nel 1833 la tempesta meteorica fu talmente intensa da terrorizzare la popolazione della East Coast: sicuri che fosse arrivata l’ Apocalisse, i cittadini corsero a rifugiarsi nelle chiese temendo il peggio. Bisognerà invece attendere il 2032 per assistere alla prossima fitta pioggia di Leonidi.

 

L’eclissi solare anulare del 14 Ottobre: un evento imperdibile (anche on line)

 

Tutto esiste grazie a questo paio di camminatori:
il sole e il tempo.
(Raul Aceves)

 

In Italia non sarà visibile direttamente, ma potrete ammirarla grazie al sito della NASA che ha organizzato una live: sto parlando dell’eclissi anulare di sole prevista per oggi, il 14 Ottobre. L’eclissi potrà essere osservata negli Stati Uniti, in Centro America, in Colombia e in Brasile, utilizzando tassativamente delle precauzioni per non incorrere in lesioni irreversibili agli occhi. Ma che cos’è, precisamente, un’eclissi solare anulare? Questo fenomeno si verifica ogni volta che la Luna, nel punto più distante della sua orbita intorno alla Terra, si interpone tra il Sole e il nostro pianeta. La sua posizione fa sì che sembri più minuta rispetto al Sole, perciò non riesce ad oscurarlo completamente. La parte dell’astro solare rimasta visibile ci apparirà simile a un gigantesco anello infuocato, una visione di pura meraviglia. Le eclissi, infatti, sono determinate dall’ allineamento (parziale o totale) tra Sole, Luna e Terra. Prendendo come riferimento l’orario italiano, la Luna comincerà ad oscurare il Sole alle 17.03; l’eclissi evolverà in un’ eclissi anulare alle 18.10 e raggiungerà l’apice alle 19.59: in questo momento sarà possibile ammirare l’anello di fuoco in tutto il suo splendore. Poi, a poco a poco, il Sole ricomincerà ad essere visibile nella sua interezza (almeno in America, perchè a quell’ora in Italia il cielo sarà già buio).

 

 

Erano ben due anni che un’eclissi solare anulare non si verificava: l’ultima ha fatto la sua comparsa il 10 Giugno del 2021. Anche in quel caso, tuttavia, in Italia non abbiamo potuto osservarla; a godersi lo straordinario spettacolo cosmico sono stati i canadesi del Nord, i russi e i groenlandesi. Il fenomeno si ripresenterà tra un anno esatto, il 2 Ottobre 2024, ma sarà visibile soltanto nell’area più a Sud dell’ America meridionale e nel Pacifico. Nel Nord America, inoltre, un’eclissi solare totale potrà essere ammirata l’8 Aprile 2024. Nonostante ciò, ripeto, la tecnologia è in grado di fornirci un aiuto prezioso. Oggi pomeriggio, se vorrete rimanere estasiati davanti all’ anello di fuoco del Sole, non dovete far altro che collegarvi al sito della NASA o a siti come The Virtual Telescope Project per godervi l’eclissi solare anulare on line.

 

 

 

Un paese

 

” L’altr’anno, quando tornai la prima volta in paese, venni quasi di nascosto a rivedere i noccioli. La collina di Gaminella, un versante lungo e ininterrotto di vigne e di rive, un pendio cosí insensibile che alzando la testa non se ne vede la cima — e in cima, chi sa dove, ci sono altre vigne, altri boschi, altri sentieri — , era come scorticata dall’inverno, mostrava il nudo della terra e dei tronchi. La vedevo bene, nella luce asciutta, digradare gigantesca verso Canelli dove la nostra valle finisce. Dalla straduccia che segue il Belbo arrivai alla spalliera del piccolo ponte e al canneto. Vidi sul ciglione la parete del casotto di grosse pietre annerite, il fico storto, la finestretta vuota, e pensavo a quegli inverni terribili. Ma intorno gli alberi e la terra erano cambiati; la macchia di noccioli sparita, ridotta una stoppia di meliga. Dalla stalla muggí un bue, e nel freddo della sera sentii l’odore del letame. Chi adesso stava nel casotto non era dunque piú cosí pezzente come noi. M’ero sempre aspettato qualcosa di simile, o magari che il casotto fosse crollato; tante volte m’ero immaginato sulla spalletta del ponte a chiedermi com’era stato possibile passare tanti anni in quel buco, su quei pochi sentieri, pascolando la capra e cercando le mele rotolate in fondo alla riva, convinto che il mondo finisse alla svelta dove la strada strapiombava sul Belbo. Ma non mi ero aspettato di non trovare piú i noccioli. Voleva dire ch’era tutto finito. La novità mi scoraggiò al punto che non chiamai, non entrai sull’aia. Capii lí per lí che cosa vuol dire non essere nato in un posto, non averlo nel sangue, non starci già mezzo sepolto insieme ai vecchi, tanto che un cambiamento di colture non importi. (…) Cosí questo paese, dove non sono nato, ho creduto per molto tempo che fosse tutto il mondo. Adesso che il mondo l’ho visto davvero e so che è fatto di tanti piccoli paesi, non so se da ragazzo mi sbagliavo poi di molto. Uno gira per mare e per terra, come i giovanotti dei miei tempi andavano sulle feste dei paesi intorno, e ballavano, bevevano, si picchiavano, portavano a casa la bandiera e i pugni rotti. Si fa l’uva e la si vende a Canelli; si raccolgono i tartufi e si portano in Alba. C’è Nuto, il mio amico del Salto, che provvede di bigonce e di torchi tutta la valle fino a Camo. Che cosa vuol dire? Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti. Ma non è facile starci tranquillo. Da un anno che lo tengo d’occhio e quando posso ci scappo da Genova, mi sfugge di mano. Queste cose si capiscono col tempo e l’esperienza. Possibile che a quarant’anni, e con tutto il mondo che ho visto, non sappia ancora che cos’è il mio paese?”

Cesare Pavese, da “La luna e i falò”

 

 

La Luna e la scoperta di Galileo

 

“In cima al campanile di San Marco, nell’agosto 1609 Galileo Galilei mostrò ai consiglieri del doge un nuovo strumento all’avanguardia. Si trattava di un tubo portatile: bastava guardarci dentro e sembrava che gli oggetti ti venissero incontro. Ciò che si trovava lontano diventava apparentemente a portata di mano.  (…) Il campanile di San Marco, ornato dalla statua dorata dell’arcangelo Gabriele, gli sembrò il luogo ideale per mostrare ai notabili veneziani il funzionamento di questo “cannocchiale olandese”. Sotto la cella campanaria si trova una loggia dove lo sguardo spazia a 360 gradi. (…) Proprio sotto la cella campanaria (“è proibito suonare le campane”) è collocata una targa commemorativa: GALILEO GALILEI CON IL SUO CANNOCCHIALE DA QUI IL 21 AGOSTO 1609 ALLARGAVA GLI ORIZZONTI DELL’UOMO. E’ proprio così, ma non perchè il suo tubo con le due lenti una dietro l’altra lo puntò verso il mare! L’importante è che abbia puntato il cannocchiale verso l’alto. Di notte. Sulla Luna, tanto per cominciare. Galileo l’avvicina a sè di venti volte. Cosa vede? Pieghe. Nervature. Margini rialzati dei crateri. Montagne. La faccia della Luna non è uniforme e liscia, ma crepata e ammaccata. Si riconoscono le sagome delle catene montuose delle ombre, che hanno un profilo frastagliato, non diverso da quello degli Appennini o delle Dolomiti al calar del sole. Galileo fa le sue osservazioni per la metà di un ciclo lunare (mezzo mese). I suoi disegni a penna della ruvida superficie della Luna mettono la parola fine all’idea ecclesiastica del cosmo. Secondo la dottrina dominante, l’universo è diviso in un regno divino e uno diabolico. La crosta terrestre è un’area grigia brulicante di bipedi, che dopo la loro morte hanno due possibilità: sprofondare nelle viscere dell’inferno o ascendere al paradiso celeste. I due poli hanno lo stesso scopo, guidare gli esseri umani attraverso la vita. La cima dell’ Olimpo e le nuvole appartengono ancora al peccaminoso mondo “sublunare”; dalle vette della Luna hanno inizio le pure “sfere celesti” cantate all’inizio del 1300 da Dante Alighieri nel Paradiso. Tre secoli dopo Dante, Galileo vede che ben poco di questa rappresentazione delle cose corrisponde a verità. Il dogma del (magnifico) cielo perfetto e la (grinzosa) Terra imperfetta va in frantumi. E’ come se Galileo con il suo cannocchiale avesse mandato in pezzi la cristallina cupola celeste. “

Frank Westerman, da “La Commedia Cosmica” (Iperborea Edizioni)

 

 

Equinozio d’Autunno, una data all’insegna della “trasformazione”

 

Finché ci sarà l’autunno, non avrò abbastanza mani, tele e colori per dipingere la bellezza che vedo.
(Vincent van Gogh)

 

Arriva l’Equinozio d’Autunno e con esso si inaugura ufficialmente il semestre oscuro dell’anno. L’Autunno è entrato stamattina, alle 8.49. Se oggi il giorno e la notte avranno la stessa durata, da domani le ore di buio inizieranno a prevalere a poco a poco. Per la natura comincia un nuovo ciclo: il secondo raccolto si è ormai concluso, la terra si prepara ad assopirsi dopo aver raggiunto il picco della produttività. Gli uccelli migratori, di qui a breve, spiegheranno le proprie ali verso il sud del globo, mentre gli animali già si apprestano a raccogliere provviste dedicate ai mesi freddi. L’antica tradizione onorava l’Equinozio d’Autunno con la festività di Mabon, dio della caccia, della giovinezza e dei raccolti della mitologia gallese; per approfondire l’argomento vi rimando al mio articolo di benvenuto all’Autunno del 2022 (leggetelo qui). L’uva è uno dei doni che la natura ci offre, a piene mani, in questo periodo. Non è un caso che le fasi di lavorazione del vino fossero caratterizzate da una forte valenza allegorica: la vendemmia, la pigiatura, la fermentazione, la conservazione nelle botti rivestivano un significato ben preciso, secoli orsono. La fermentazione, in particolare, simbolizzava il rinnovamento spirituale che coincideva con i riti misterici e le iniziazioni; veniva quindi esaltata da una serie di rituali che esaltavano la sua suggestività, il suo ruolo chiave nel tramutare l’uva in vino. Anche l’Equinozio d’Autunno può essere considerata una ricorrenza a carattere iniziatico. “Trasformazione” è la parola cardine: si associa alla natura ciclica dell’esistenza, al ciclo stagionale che, più di ogni altro, è legato a un nuovo stadio di consapevolezza. Quando il semestre buio ha inizio e la terra si assopisce, comincia il tempo dedicato all’interiorità e alla meditazione. Il viaggio che compiamo è introspettivo, un approfondimento su noi stessi. Le nostre riflessioni si concentrano sulla trasformazione correlata alla morte e ai misteri che circondano questa metamorfosi.

 

 

Un altro fenomeno caratteristico dell’Autunno è il cosiddetto “foliage”: le foglie, prima di staccarsi dai rami degli alberi, si tingono di straordinari colori. Arancio, rosso, porpora, oro e marrone sono i più frequenti, un’autentica meraviglia per lo sguardo. Passeggiare in mezzo alla natura diventa un’occasione per ammirare le splendide cromie dei boschi. Il foliage ha origine dall’escursione termica tipicamente autunnale. Il divario tra le temperature del giorno e quelle della notte provoca un graduale mutamento nella tonalità delle foglie, ma bisogna considerare che il fogliame è ormai giunto al termine del suo ciclo vitale: la clorofilla comincia a diminuire e il verde viene a poco a poco sostituito dai pigmenti nei toni del rosso, del giallo e dell’arancio dei carotenoidi e degli antociani.

 

 

Buon Equinozio d’Autunno, dunque. Assaporate i deliziosi frutti che la natura ci offre, rappresentati con il simbolo della cornucopia (il corno dell’abbondanza in mano alla dea Fortuna) dall’ iconografia autunnale, bruciate incensi a base di mirra, salvia, pino e petali di rose e degustate vini provenienti dai migliori vigneti in attesa di stappare il vino novello. Bisogna pazientare un po’, ma quando arriverà il gran giorno sarà probabilmente il momento di festeggiare uno dei più amati appuntamenti di stagione: Samhain, altrimenti detto Halloween, che quest’anno cade di martedì e – grazie alla festività di Ognissanti – ci regalerà un bel ponte.

 

 

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